Il più alto numero di pazienti europei trattati per l’epatite C risiede in Italia. Scarsa è ancora la partecipazione agli screening e di questo passo non sarà possibile raggiungere gli obiettivi di eliminazione stabiliti dall’OMS entro il 2030. È quanto emerso nel corso della conferenza dal titolo “Un patto di collaborazione: dall’eliminazione regionale dell’epatite C alle nuove sfide per la salute del fegato”.

La conferenza è stata organizzata dall’ISS, con il patrocinio del Ministero della Salute. Hanno collaborato l’Aisf, Associazione Italiana per gli Studi sul Fegato e la Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.

Eliminare l’epatite C è un obiettivo raggiungibile

Negli ultimi nove anni, grazie ai trattamenti, “circa 260.000 pazienti hanno eliminato il virus”, ha reso noto l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). È stato, così, ridotto in modo significativo il peso ‘sociale’ e ‘sanitario’ della malattia, raggiungendo l’obiettivo dell’OMS. Cioè, diminuire del 65% la mortalità correlata all’HCV.

«Si può affermare che in Italia l’eliminazione dell’HCV è un obiettivo raggiungibile», ha sottolineato Marcello Naviera, rappresentante dell’OMS, che ha introdotto la conferenza.

I dati attuali rivelano una grande eterogeneità nelle modalità di invito, aderenza e modelli organizzativi tra le diverse regioni italiane.

«Il fondo dedicato per lo screening della popolazione generale rappresenta un intervento di salute pubblica quasi unico nei paesi dell’Unione Europea». Così Loreta Kondili, ricercatore medico del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’ISS.

Anche le popolazioni target, come i detenuti e gli utenti dei Servizi per le Dipendenze (SerD), hanno hanno ricevuto i controlli.

Necessarie campagne di comunicazione più incisive

Le criticità che i rappresentanti di quasi tutte le regioni hanno portato alla ribalta è stata l’inefficacia delle campagne di comunicazione. C’è stata, così, la richiesta di una campagna comunicativa e di «sensibilizzazione centralizzata. Ciò porterebbe allo screening una platea più ampia rispetto ai dati attuali». Sono le parole di Sabrina Valle dell’Ufficio 5 – Prevenzione delle Malattie Trasmissibili e Profilassi Internazionale del Ministero della Salute. «Al 30 giugno 2023, lo screening nazionale gratuito avviato in Italia, seppure con una estensione limitata, ha consentito di testare quasi 1 milione di persone. E ha identificato – ha proseguito Valle – oltre 10.000 casi di infezione attiva. Ovvero persone che possono accedere alle terapie ed eliminare il virus prima che si manifestino le gravi conseguenze dell’infezione. Questi dati, nonostante più bassi rispetto alle stime dimostrano ancora un cospicuo sommerso dell’infezione da epatite C nel nostro paese».

Urge creare un efficace coordinamento tra Stato e Regioni

Secondo l’Aisf e la Simit è fondamentale creare un ulteriore efficace coordinamento tra Stato e Regioni.

«Sono già stati avviati passi innovativi in tutto il territorio», hanno sottolineato le due associazioni. «Tuttavia, urge un impegno sempre più continuo e costante per promuovere lo slancio verso il target fissato. E per evitare che la minaccia silenziosa dell’epatite C possa compromettere i risultati raggiunti per la salute pubblica dei cittadini».

È auspicabile, inoltre, che oltre alla popolazione target attuale, anche la popolazione più adulta sisottoponga allo screening gratuito contro l’epatite C.

«La diagnosi e il trattamento per eliminare totalmente l’infezione attiva da HCV devono essere considerati come un traguardo raggiungibile e in cui credere. Questa rappresenta la nostra vera sfida del prossimo futuro», ha concluso il presidente dell’ISS, Rocco Bellantone.