Agenti patogeni, mutageni, cancerogeni

Agenti cancerogeni

Gli agenti cancerogeni sono sostanze o agenti fisici in grado di indurre la formazione di tumori. Il cancro, una patologia caratterizzata dalla proliferazione incontrollata delle cellule, può estendersi a diverse parti del corpo, causando le cosiddette metastasi. Diversi fattori, tra cui i cancerogeni, possono contribuire all’insorgenza di questa grave malattia.

Anche se oggi i trattamenti per il cancro sono migliorati, così come le aspettative di vita, il cancro resta una malattia gravissima che porta facilmente alla morte del malato.

I mutageni, invece, sono sostanze o fattori che provocano mutazioni nel materiale genetico, come il DNA delle cellule. Tali mutazioni possono alterare il normale funzionamento cellulare e sono associate allo sviluppo di malattie genetiche o di cancro.

Va notato che gli agenti nocivi non si limitano a mutageni e cancerogeni; essi includono anche batteri, virus, funghi, parassiti e altri microrganismi, classificati come agenti patogeni. Questi microrganismi possono causare infezioni e malattie, con gravità variabile a seconda del tipo di agente patogeno e dello stato del sistema immunitario dell’ospite.

Nel contesto della prevenzione, focalizzandoci sulla prevenzione primaria, si adottano strategie fondamentali per evitare o ridurre le malattie causate dagli agenti patogeni e cancerogeni. Queste strategie implicano un’attenta analisi delle condizioni ambientali e un modo di vivere e lavorare che minimizzi l’esposizione agli agenti nocivi.

Il principio di prevenzione primaria rileva l’obbligo di precauzione da agenti cancerogeni. Perciò dovrebbe limitare l’uso di materiali cancerogeni e bonificare quelli già messi in opera. Solo in questo modo si evita l’esposizione ad agenti cancerogeni e il rischio di neoplasie.

L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di diritto alla salute, lotta all’amianto e prevenzione a 360° rispetto a tutte le esposizioni nocive. Promuove uno stile di vista sano, le bonifiche e la prevenzione primaria, oltre che secondaria e terziaria. In particolare offre assistenza legale alle vittime di esposizioni dannose.

Cancerogeni e la loro presenza negli ambienti di vita e di lavoro

Indice dei contenuti

Gli agenti cancerogeni costituiscono una presenza diffusa nell’ambiente che ci circonda, nel cibo che consumiamo, nell’aria che respiriamo e nelle sostanze chimiche con cui entriamo in contatto. Alcuni esempi comuni di cancerogeni includono:

  1. Sostanze Chimiche Ambientali: prodotti chimici presenti nell’aria, nell’acqua o nel suolo, come il gas radon, l’amianto, il mercurio o l’arsenico.
  2. Radiazioni Ionizzanti: radiazioni emesse da fonti come radiazioni nucleari o raggi X ad alta energia sono riconosciute come cancerogene. L’esposizione prolungata a queste radiazioni può aumentare il rischio di sviluppare il cancro.
  3. Sostanze Chimiche nei Cibi: alcuni alimenti possono contenere sostanze chimiche considerate cancerogene. Ad esempio, la cottura ad alte temperature di carne, pesce o pollame può generare idrocarburi policiclici aromatici (IPA), associati al cancro.
  4. Prodotti Chimici Industriali: alcuni prodotti chimici industriali, come solventi, pesticidi, coloranti e additivi alimentari, possono essere cancerogeni. L’esposizione a tali sostanze può avvenire sul luogo di lavoro o attraverso l’uso di prodotti contenenti questi elementi.
  5. Fumo di Tabacco: è un noto fattore di rischio per il cancro, contenendo oltre 7.000 sostanze chimiche, molte delle quali sono cancerogene, come per esempio il benzene (leggi tutto su come smettere di fumare).

Va sottolineato che l’esposizione a un agente cancerogeno non implica automaticamente lo sviluppo del cancro. Il rischio dipende da vari fattori, tra cui la quantità e la durata dell’esposizione, predisposizione genetica e stile di vita. Inoltre, i cancerogeni agiscono sinergicamente, potenziandosi reciprocamente.

Classificazione degli agenti Cancerogeni secondo lo IARC

Lo IARC classifica gli agenti cancerogeni in quattro gruppi:

  1. Carcinogeni con Evidenze Sufficienti (Gruppo 1)
  2. Cancerogeni con Evidenze Limitate su Umani e Sufficienti su Animali (Gruppo 2A)
  3. Carcinogeni con Evidenze Limitate su Umani e su Animali di Laboratorio (Gruppo 2B)
  4. Prove Insufficienti (Gruppo 3)
  5. Assenza di Cancerogenicità (Gruppo 4)

Secondo lo IARC, nel mondo esistono 120 cancerogeni certi, 82 probabili e 302 possibili, mentre 501 sostanze sono considerate sospette. Nel Gruppo 4, che indica l’assenza di cancerogenicità, si trova solo il caprolattame, da cui deriva il nylon.

Criticità nell’operatività dello IARC e principio di precauzione

L’Avv. Ezio Bonanni ha evidenziato criticità nell’operatività dello IARC, sottolineando che le valutazioni sugli agenti cancerogeni avvengono solo dopo l’introduzione sul mercato dei prodotti contenenti tali sostanze. Inoltre, solo una piccola parte delle sostanze esistenti viene esaminata. Ad esempio, l’amianto, inizialmente considerato come un possibile cancerogeno, ha portato a una diffusione più ampia dei prodotti contenenti questa sostanza, come l’Eternit.

Per questo motivo l’applicazione del principio di precauzione dovrebbe essere prioritaria per ogni nuova sostanza presente nei prodotti di consumo.

Esposizione a cancerogeni e agenti patogeni: gli effetti sulla salute umana

La salute umana è influenzata da agenti patogeni, alcuni dei quali presenti in modo naturale nella crosta terrestre e nelle piante, mentre altri sono di origine antropica, utilizzati nelle attività agricole e di allevamento. Le esposizioni a tali agenti possono avvenire attraverso contatto cutaneo, inalazione e ingestione, e spesso si manifestano nel tempo, portando all’accumulo di sostanze nocive nel corpo.

Il metabolismo e l’induzione enzimatica giocano un ruolo fondamentale nel modellare la tossicità degli agenti cancerogeni, producendo metaboliti potenzialmente più dannosi dei composti originali.

Il potenziamento tossicologico, causato da trattamenti o esposizioni parallele, può portare a danni più gravi di quelli attesi.

La soglia minima di esposizione: un concetto errato

La concezione di una “soglia limite” per la sicurezza è messa in discussione, poiché non esiste un livello al di sotto del quale il rischio è annullato. Questo è evidente nel caso dell’amianto, dove una soglia stabilita potrebbe aumentare l’allarme. L’approccio di “riduzione al minimo” è difficile da applicare in pratica, andando contro le evidenze scientifiche sulla capacità lesiva di tutte le esposizioni.

Il monitoraggio della salute pubblica deve considerare la somma degli effetti nocivi di molti inquinanti ambientali. L’esposizione contemporanea a diversi agenti neurotossici può infatti portare a conseguenze inaspettate ma prevedibili, come nel caso di militari esposti a sostanze durante operazioni belliche.

La sorveglianza sanitaria in zone soggette con livelli di esposizione particolari

L’anamnesi, la raccolta di informazioni dalla viva voce del paziente, è cruciale nella diagnosi di danni ambientali. Include la durata cumulativa della residenza in prossimità di fonti di sostanze tossiche e lo studio delle possibili fonti di veleni, integrato con dati sugli stili di vita e alimentari.

La vicinanza degli insediamenti produttivi e delle discariche agli insediamenti abitativi rappresenta una preoccupazione, con implicazioni sulla salute umana. La prevenzione, attraverso la sorveglianza dei soggetti a rischio, è essenziale per affrontare questa complessa interazione tra ambiente e salute.

Amianto: un potente agente cancerogeno

Negli anni ’30, sia in Italia che in Germania, diversi studi documentarono gli effetti cancerogeni dell’amianto, tra cui il lavoro di Richard Doll intitolato “Mortality from lung cancer in asbestos workers”.

La Legge 455/43 introdusse le prime norme specifiche per il riconoscimento delle malattie professionali. Tra le novità introdotte da questa legislazione, vi fu il riconoscimento dell’asbestosi come malattia di origine professionale. Successivamente, ulteriori linee guida furono stabilite con gli articoli 4, 19, 20 e 21 del D.P.R. 303/56 e gli articoli 377 e 387 del D.P.R. 547/55.

In Italia, l’amianto fu vietato solo nel 1992 con l’entrata in vigore della Legge 257 del 1992, la quale ne proibì l’uso, l’estrazione e la commercializzazione. Tuttavia, non furono imposte disposizioni per la bonifica. Ciò ha portato, dopo 30 anni, a una quantità ancora consistente di 40 milioni di tonnellate di materiali in amianto da smaltire nel paese. Il picco delle morti per mano dell’amianto è previsto per il decennio 2020 – 2030 dato il grande tempo di latenza di malattie come il mesotelioma.

Ne “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed. 2022” l’Avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, suo autore, riporta circa 6.000 decessi annuali correlati alle patologie amianto correlate, confermando la gravità della situazione. La Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha dichiarato la cancerogenità derta delle fibre di amianto attraverso la pubblicazione di una monografia.

Effetti Dannosi del Cloruro di Cadmio sulla salute

effetti metalli pesanti

Nel 1995, un team di epidemiologi dell’Università di Pechino ha avviato uno studio sulla patogenesi di un’epidemia di Itai-Itai disease (osteomalacia). Nello specifico, l’indagine si focalizzava sull’intossicazione da cadmio che colpiva gli abitanti dei villaggi situati lungo la riva di un fiume nella Contea di Dayu nella Cina continentale.

L’inizio della ricerca ha coinvolto la rilevazione di elevate concentrazioni di cloruro di cadmio nei campioni biologici dei soggetti intossicati.

Il cadmio è stato individuato anche negli alimenti consumati comunemente dalla popolazione, nei terreni delle coltivazioni e nelle acque di scorrimento, nonché nei sottoprodotti del processo minerario delle rocce di tungsteno. La tossicità del cadmio confermata da questo studio è stata ulteriormente supportata dai controlli sugli abitanti dei villaggi situati sulla riva opposta del fiume, i quali risultavano sani e privi di intossicazione.

Esposizione al cadmio e cancro e valori limite

Il cadmio è inserito tra le sostanze cancerogena del gruppo 1 della monografia IARC (International Agency for Research on Cancer). Qui vengono riportati gli studi che lo correlano al cancro ai polmoni, cancro della prostata, del fegato, del pancreas e del seno, della vescica e dell’endometrio.

Un’esposizione a polveri di cadmio pari a 5 mg/m³ è letale in circa 8 ore. Esposizioni pari a 1 mg/m³ possono invece dare una tossicità rilevante a livello dell’albero respiratorio, con dispnea, tosse, febbre e astenia. L’ingestione di alimenti contaminati con cadmio provoca invece una sindrome gastroenterica caratterizza da diarrea, nausea, vomito e disidratazione.

Malattie correlate al cadmio e riconosciute come malattie professionali

L’esposizione professionale al cadmio provoca le seguenti malattie professionali riconosciute dall’INAIL:

  • broncopneumopatia cronica ostruttiva (J68.4), inserita nella lista I dell’INAIL tra le malattia ad elevata probabilità di origine professionale e indennizzabile dall’INAIL per un massimo di 6 anni dal termine dell’esposizione lavorativa;
  • nefropatia tubolare (N14.3), inserita nella Lista I e indennizzabile per un massimo di 3 anni;
  • osteomalacia (M83), nella Lista I e indennizzabile per un massimo di 6 anni;
  • cancro del polmone (C34), sempre nella lista I e indennizzabile per un periodo illimitato;
  • tumore della prostata, inserito nella lista II dell’INAIL, indennizzabili per un periodo massimo illimitato;
  • rinitirinofaringiti e faringiti croniche, inserite nella lista I dell’INAIL e indennizzabili per 3 anni;
  • altre malattie legate all’esposizione al cadmio e composti.

Le malattie della lista II, al contrario di quelle della lista I, non si presumono di origine professionale. Quindi, la prova della loro origine professionale deve essere fornita dal lavoratore dimostrando la presenza del cadmio nelle condizioni e nel luogo di lavoro e il nesso causale.

Cloruro di Vinile Monomero e ruolo del Cloruro di Sodio

Il cloruro di vinile deriva dalla sintesi industriale del cloro con il vinile. Quest’ultimo, a sua volta, si ottiene dalla scissione elettrolitica del cloruro di sodio, principalmente del salgemma, presente in ampi depositi sotterranei, noto anche come “oro bianco”.

Il processo inizia con la dissoluzione del salgemma in acqua mediante pompaggio sotto pressione per ottenere una soluzione, chiamata salamoia. Questa operazione si svolge attraverso condutture connesse alle celle elettrolitiche di tipo Castner-Kellner, collocate nella fabbrica di cloroalcali, dove un elettrodo è composto da grandi quantità di mercurio metallico (cioè in stato liquido) per ogni cella.

Il catione proveniente dal NaCl viene utilizzato nella produzione chimica della soda, mentre l’anione, in forma di vapore, viene convogliato in reattori dedicati per la sintesi con il vinile e la formazione del Cloruro di Vinile Monomero.

È importante notare che i giacimenti in fase di sfruttamento industriale spesso subiscono contaminazione da mercurio. Infine, l’estrazione di un giacimento e la subsidenza del soffitto della caverna possono portare alla formazione di un corpo idrico, come un laghetto, causando ulteriori implicazioni ambientali.

Danni alla salute dell’esposizione al cloruro di vinile

sicurezza sul lavoro

Questa sostanza può rappresentare un serio rischio per la salute umana a causa dei suoi effetti tossici. L’esposizione cronica o acuta a questa sostanza può causare danni a vari organi e sistemi del corpo umano.

  1. Problemi Respiratori: l’inalazione di vapori può provocare irritazioni alle vie respiratorie, con conseguente tosse, difficoltà respiratorie e danni polmonari.
  2. Effetti sul Sistema Nervoso: l’esposizione prolungata può avere effetti sul sistema nervoso centrale, causando vertigini, mal di testa e, in casi estremi, danni neurologici.
  3. Problemi al Fegato: è noto per avere effetti nocivi sul fegato, e l’esposizione può portare a danni epatici e disturbi correlati.
  4. Cancro: uno dei rischi più gravi è la sua possibile cancerogenicità. Studi hanno suggerito una correlazione tra l’esposizione a lungo termine e un aumento del rischio di sviluppare tumori, in particolare angiosarcomi epatici.

Studi epidemiologici condotti su lavoratori impiegati nelle industrie di produzione del PVC hanno stabilito una chiara correlazione tra l’esposizione al cloruro e lo sviluppo di tumori del fegato, angiosarcomi e carcinomi epatocellulari.

Nel 2012, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha pubblicato un rapporto che raccoglieva le informazioni disponibili sull’associazione tra l’esposizione e il rischio di cancro. È stato confermato che il cloruro di vinile aumenta la probabilità di sviluppare cirrosi epatica, una condizione che può predisporre al manifestarsi di tumori epatici.

Effetti dell’esposizione al Piombo sulla salute

Il piombo, noto anche come metallo saturnino, è responsabile di diversi danni alla salute. Tra i danni più significativi associati a questa classe di agenti, vi sono gli impatti sul sistema nervoso e sulla capacità riproduttiva. Ricerche condotte dal Prof. Ugazio e dall’Avv. Bonanni evidenziano che l’intossicazione da piombo è stata persino implicata nella crisi demografica che colpì l’antica Roma.

Studi condotti sia da Gilfillan nel 1965 che da Nriagu nel 1983 attribuiscono al saturnismo, derivante dalle abitudini alimentari e dallo stile di vita dei Romani, la decadenza dell’Impero durante l’era di Eliogabalo.

Musgrave e Garrod furono gli scienziati che identificarono e documentarono la correlazione tra piombo e gotta, insieme agli effetti neurotossici che causano la perdita di potenziali punti di quoziente di intelligenza, come illustrato da Nriagu.

Saturnismo: che cos’è e sintomi frequenti

L’intossicazione cronica da piombo, prevalentemente di origine professionale, viene chiamata saturnismo. Il saturnismo può dar luogo a svariate manifestazioni: anemia (pallore da riduzione di globuli rossi), colica intestinale (dolori addominali), ipertensione arteriosa (aumento della pressione del sangue) alterazione dell’abilità manuale, aumento dei tempi di reazione nefropatia (danno renale), neuropatia (danno al sistema nervoso). L’intossicazione acuta, oggi estremamente rara, può arrivare all’encefalopatia (danno cerebrale) e al coma.

Qual è la soglia di esposizione al piombo?

Non esiste una soglia al di sotto della quale l’esposizione al piombo non provoca danni. I sintomi di avvelenamento da piombo sono approssimativamente proporzionali al livello di piombo, ma non ci sono livelli sicuri.

Il rischio dei deficit cognitivi aumenta quando la piombemia (PbB) è ≥ 10 mcg/dL (≥ 0,48 mmol/L) per un periodo prolungato, sebbene la soglia possa essere anche più bassa. Altri sintomi (p. es., coliche addominali, stipsi, tremori, cambiamenti dell’umore) si manifestano quando la piombemia (PbB) è > 50 mcg/dL (> 2,4 micromol/L). L’encefalopatia si sviluppa quando la piombemia (PbB) è > 100 mcg/dL (> 4,8 micromol/L).

Alluminio: considerazioni sull’esposizione e possibili effetti

L’alluminio, in forma di polvere altamente infiammabile, presenta una reattività significativa con acqua, ossidanti forti, basi, acidi forti, alcolici e alogenuri alchilici, dando luogo a composti metallo-organici. Sebbene la comunità scientifica generalmente non consideri l’alluminio pericoloso per la salute umana, poiché solitamente viene espulso attraverso la funzione renale, non si esclude la possibilità di danni alle vie respiratorie dopo lunghe esposizioni alle polveri di alluminio.

Un piccolo segmento della popolazione mostra allergia all’alluminio, manifestando dermatiti, problemi gastrointestinali e difficoltà nell’assorbire sostanze nutritive da cibi cotti in pentole di alluminio.

L’alluminio può diventare tossico se l’organismo non riesce a eliminarlo, portando a gravi malattie renali in alcuni individui.

Studi suggeriscono che l’esposizione prolungata alle polveri di alluminio potrebbe contribuire allo sviluppo di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la SLA. Tuttavia, la comunità scientifica non ha completamente convalidato tali conclusioni.

Intossicazioni da alluminio sono state anche associate all’uso di farmaci antiacidi e antidiarroici contenenti idrossido di alluminio. Inoltre, la somministrazione di vaccini, che occasionalmente includono alluminio come eccipiente e conservante, rappresenta un’altra fonte di possibile contaminazione.

Mercurio e effetti sulla salute dell’esposizione

Il mercurio, insieme al copernicio, si distingue come l’unico metallo liquido a temperatura ambiente.

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) il mercurio è ampiamente utilizzato a livello globale, ad eccezione dell’Europa dove ne è vietato l’uso, soprattutto nelle attività industriali. Grandi quantità di questo metallo liquido vengono rilasciate nell’ambiente durante la combustione di combustibili solidi come carbone, lignite, torba e legno, utilizzati per produrre energia elettrica, manifatturare cemento, estrarre metalli e praticare l’estrazione artigianale dell’oro su piccola scala. Questa attività costituisce oltre un terzo delle emissioni globali di mercurio.

Attualmente, i livelli di mercurio nell’atmosfera superano il limite di sicurezza consigliato del 500%, mentre nei mari la concentrazione del metallo pesante è oltre il 200%. Grazie a sforzi legislativi significativi in Europa, le applicazioni e le emissioni di mercurio sono state drasticamente ridotte negli ultimi quarant’anni.

Preoccupazioni legate la rilascio di mercurio in ambiente

La principale preoccupazione legata al mercurio è la sua persistenza nell’ambiente. Dopo essere stato rilasciato, ad esempio, durante la combustione del carbone, può circolare attraverso aria, terra, acqua e organismi per migliaia di anni. Il metil-mercurio, un composto particolarmente tossico, si accumula nei tessuti adiposi degli esseri viventi, incluso l’uomo, e attraverso la catena alimentare si concentra in particolare nei pesci di grandi dimensioni.

La Conferenza dei Plenipotenziari sulla Convenzione di Minamata sul Mercurio (The Conference of Plenipotentiaries (DipCon) on the Minamata Convention on Mercury), ratificata da 98 Paesi nel 2013, ha rappresentato un progresso significativo nel ridurre l’inquinamento da mercurio a livello globale. L’AEA gioca un ruolo cruciale nel monitorare le emissioni di mercurio dall’industria e fornisce informazioni cruciali attraverso il Registro Europeo delle Emissioni e dei Trasferimenti di sostanze inquinanti (European Pollutant Release and Transfer Register – E-PRTR). Inoltre, partecipa a programmi di bio-monitoraggio umano per valutare l’esposizione delle persone al mercurio e ai suoi effetti sulla salute, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi della Convenzione di Minamata.

Esposizione al cromo e danni alla salute

Il cromo è un elemento chimico con numero atomico 24 e simbolo Cr. Il cromo metallico e i composti di cromo trivalente non sono considerati pericolosi per la salute, ma i composti di cromo esavalente, come i cromati e i bicromati, sono altamente tossici.

La maggior parte dei composti di cromo esavalente può causare irritazione agli occhi, alla pelle e alle mucose. L’esposizione cronica a tali composti può causare danni permanenti alla vista.

L’ingestione di liquidi contenenti cromo può provocare gravi gastroenteriti con sintomi quali nausea, dolori addominali, vomito e diarrea. L’assunzione accidentale di cromo può anche causare danni al fegato, ai reni e necrosi tubulare acuta, portando a gravi insufficienze renali e, in alcuni casi, al decesso.

Altre possibili conseguenze dell’intossicazione da cromo includono congiuntivite, cheratocongiuntivite cronica, dermatiti irritative, ulcerazioni su avambracci, mani e piedi, laringite cronica, bronchite, asma, epatopatie e disturbi gastrointestinali. Inoltre, può verificarsi una rinite ulcerativa con possibile perforazione del setto nasale.

Cromo VI: la cancerogenicità secondo lo IARC

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha assegnato ai composti di Cromo VI la classificazione di cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1), sulla base di prove sufficienti. Questi composti sono associati al cancro ai polmoni, e sono stati riscontrati collegamenti positivi con il cancro al naso e ai seni nasali.

Sebbene l’inalazione dei composti di Cromo VI sia correlata all’insorgenza di tumori, non è possibile escludere la possibilità che l’esposizione ripetuta attraverso ingestione o contatto cutaneo possa provocare il cancro. Nel caso dell’ingestione, la tossicità potrebbe essere ridotta grazie a un’assorbimento limitato e alla conversione in Cr III all’interno del tratto gastrointestinale, con simili considerazioni per l’esposizione cutanea.

Per i composti di Cromo VI, data la loro potenziale tossicità sui geni (genotossicità), non è identificabile un livello di soglia al di sotto del quale non si verifichino effetti cancerogeni.

La non pericolosità del Cromo III: elemento nutritivo

Il Cromo III, al contrario, è noto per essere molto meno tossico rispetto al Cromo VI. Non è cancerogeno ed è un elemento nutritivo essenziale per l’uomo. La sua carenza può causare problemi di salute come malattie cardiovascolari, problemi di fertilità e tolleranza al glucosio. È importante notare che i livelli di Cromo III nei prodotti di consumo sono regolamentati per prevenire l’insorgenza di dermatite allergica da contatto (ACD).

Vie d’ingresso dei veleni nell’organismo: quali sono?

Le vie di ingresso attraverso le quali i veleni ambientali possono penetrare nel corpo sono state precedentemente esaminate, principalmente attraverso l’inalazione o l’ingestione con bevande e cibo. Una via di ingresso particolare, legata al sistema respiratorio, è rappresentata dalla mucosa olfattiva nelle cavità nasali, collegata al primo paio dei nervi cranici, l’olfattivo.

Questa struttura funzionale offre un percorso unico per il trasporto di veleni ambientali, sia liposolubili che idrosolubili, localizzati all’interno delle strutture cerebrali. Ad esempio, il manganese, inalato come prodotto di pirolisi sia in ambito lavorativo che extra-lavorativo, è coinvolto nella patogenesi del morbo di Parkinson.

Le stesse sostanze e i medesimi composti possono essere incontrati sia nell’ambiente di vita che in quello lavorativo, senza necessariamente implicare differenze significative nel potenziale patogeno.

La naftalina nei luoghi di vita e di lavoro

Si spera che siano applicate sempre le norme di sicurezza degli ambienti di lavoro, come prescritto dal D.Lgs. 81 del 2008 per contenere o evitare il rischio, poi si può prevedere che il prestatore d’opera possa essere esposto a quella sola molecola per volta.

Dopo, la stessa molecola può venire acquistata e usata quale tarmicida da una casalinga che, nel disporre in primavera gli indumenti di lana o le pellicce suoi o dei familiari, cibo prediletto dalle tarme, negli appositi contenitori in presenza dell’insetticida per proteggerli contro il famelico lepidottero, o nell’estrarli in autunno perchè siano infine indossati a protezione dal freddo, corre il rischio concreto di inalare dosi di naftalina cancerogena di un certa entità.

A questo punto, sia la casalinga operatrice nelle mansioni suddette, sia lei stessa sia i familiari, quando indossano il capo di vestiario protetto e saturato con vapori di naftalina cancerogena, generalmente sono esposti ai vapori del tarmicida nell’aria inalata.

Come reagisce il nostro organismo alla naftalina?

Questo composto entra nel circolo ematico, passa attraverso il fegato dove i microsomi degli epatociti lo trasformano in un primo metabolita (naftalene di-idrodiolo), questo passa attraverso il cuore, il polmone nel piccolo circolo, di nuovo il cuore, per arrivare alla lente cristallina dell’occhio.

Qui trova gli enzimi che lo trasformano nel metabolita epossidico (naftalene epossido), il responsabile della denaturazione delle molecole proteiche native della struttura oculare, le quali si denaturano, diventano opache e non più trasparenti alle immagini, fenomeno di base della cataratta.

A differenza dell’ambiente di lavoro che è tutelato da apposite norme e in cui l’essere umano incontra un sola molecola per volta, nell’ambiente di vita casalinga e familiari possono incontrare più di una molecola o fattore catarattogeno, tipo il glutamato usato per insaporire i cibi, o il glucosio in una iperglicemia diabetica, oppure ancora radiazioni UV o radiazioni X, per stimolare la melanogenesi che sta alla base dell’abbronzatura cutanea usate a scopo diagnostico o terapeutico, rispettivamente.

Nelle circostanze dell’ambiente di vita, un paziente può andare incontro alle situazioni di accumulo, sinergismo, e potenziamento che sono state considerate in precedenza. I rapporti tra la cataratta spontanea della senescenza e quella accelerata da sinergismo che colpisce nelle età presenili, ancora produttive, sono stati descritti da Ugazio (2007).

Approccio normativo: regolamentazione e attuazione delle leggi

Nel 1987 si svolse a Torino il 6° Convegno Nazionale sulla Patologia da Tossici Ambientali ed Occupazionali, coordinato da Ugazio, che comprendeva una tavola rotonda denominata “Trasferimento dei risultati della ricerca biomedica alla prevenzione primaria dei rischi dell’inquinamento ambientale – Il Ricercatore, Il Legislatore, il Magistrato”. Gli interventi dei partecipanti come Ugazio, Governa, Di Prospero, Sanpaolo, Smuraglia e Guariniello furono resi disponibili negli atti del convegno.

I temi affrontati riguardavano:

  1. “Rischi dell’inquinamento ambientale: Prevenzione o medicalizzazione?” (G. Ugazio)
  2. “Considerazioni sulle attuali possibilità di ricerca della medicina del lavoro nel campo della prevenzione primaria” (M. Governa)
  3. “Valutazione dei composti ‘nuovi’ per la legittimazione o per la censura” (P. Di Prospero, A. Sanpaolo)
  4. “Gli interventi legislativi in materia di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro e di vita. La situazione e le prospettive” (C. Smuraglia)
  5. “L’intervento del magistrato nella tutela della salute e nella protezione della qualità dell’ambiente” (R. Guariniello)

Medicina del lavoro e prevenzione rispetto alle sostanze nocive

La medicina del lavoro può condurre ricerche utili a prevenire danni alla salute della popolazione esposta ai rischi ambientali. È auspicabile che lo studio degli effetti nocivi dell’ambiente sulla popolazione segua la stessa metodologia definita per gli effetti nocivi dell’ambiente di lavoro sui lavoratori.

Nella lotta contro gli agenti cancerogeni, diverse istituzioni, come enti locali, istituzioni nazionali e sovranazionali, svolgono un ruolo chiave. Tuttavia, a volte, la crescita delle istituzioni non si traduce in un miglioramento effettivo delle politiche di protezione ambientale e sanitaria, dando luogo alla “legge di Parkinson”. Questo fenomeno si verifica quando l’aumento delle risorse e delle dimensioni delle istituzioni non corrisponde a un miglioramento effettivo delle politiche di protezione ambientale e sanitaria.

Valutazione di impatto ambientale a scopo preventivo

La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) è cruciale per valutare l’impatto degli agenti cancerogeni. Tuttavia, talvolta diventa solo una formalità senza un vero scopo preventivo, sollevando dubbi sulle capacità delle istituzioni di affrontare efficacemente i problemi legati agli agenti cancerogeni.

L’efficacia normativa è fondamentale per proteggere la salute e l’ambiente, e l’applicazione di politiche basate su precauzione, prudenza, consapevolezza ed etica può contribuire a garantire una migliore tutela della salute pubblica. La cooperazione internazionale è essenziale per preservare la salute delle persone e dell’ambiente.

Aggiornamenti normativi e valori limite

Il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute dell’11 febbraio 2021 ha modificato la direttiva della Comunità Europea 2004/37, aggiornando i valori limite di esposizione a vari agenti cancerogeni nel luogo di lavoro.

Questo provvedimento ha integrato gli Allegati XLII e XLIII del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, in conformità agli aggiornamenti delle direttive europee sui limiti di esposizione professionale a determinate sostanze. Le direttive europee coinvolte sono la 2019/130 e la 2019/983.

I valori limite di esposizione professionale sono stati stabiliti per diversi agenti cancerogeni, come arsenico, l’acrilammide, il benzene, il berillio, il bromoetilene, il cadmio, il cloruro di vinile monomero, i composti di cromo VI e molti altri. Questi valori limite sono indicazioni importanti per garantire la sicurezza dei lavoratori esposti a tali agenti.

Valori limite di esposizione professionale ai cancerogeni e altre sostanze nocive

  • Acido arsenico e i suoi sali e composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,01 mg/m3 (frazione inalabile).

Misure transitorie: per il settore della fusione del rame il valore limite si applica dall’11 luglio 2023.

  • Acrilammide

Valore limite 8 ore: 0,1mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Benzene

Valore limite 8 ore: 3,25 mg/m3 o 1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Berillio e composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,0002 mg/m3 (frazione inalabile).

Osservazioni: sensibilizzazione cutanea delle vie respiratorie.

Misure transitorie: 0,0006 mg/m3 (frazione inalabile) fino all’11 luglio 2026.

(frazione respirabile negli Stati membri che applicano, alla data di entrata in vigore della Direttiva UE 2019/983, un sistema di biomonitoraggio con un valore limite biologico non superiore a 0,002 mg Cd/g di creatinina nelle urine).

  • Bromoetilene

Valore limite 8 ore: 4,4 mg/m3 o 1 ppm.

  • 1,3-Butadiene

In 8 ore valore limite: 2,2 mg/m3 o 1 ppm.

  • Cadmio e i suoi composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,001 mg/m3 (frazione inalabile)

Misure transitorie: 0,004 mg/m3 (frazione inalabile) fino all’11 luglio 2027

  • Cloruro di vinile monomero

Valore limite 8 ore: 2,6 mg/m3 o 1 ppm.

  • Composti di Cromo VI

Valore limite 8 ore: 0,005 mg/m3.

Misure transitorie: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025.

Misure transitorie: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025.

Agenti cancerogeni: altri valori limite

  • 1,2-Epossipropano

Valore limite 8 ore: 2,4 mg/m3 o 1 ppm.

  • Epicloridrina

Valore limite 8 ore: 1,9 mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Etilene dibromuro

Valore limite 8 ore: 0,8 mg/m3 o 0,1 ppm

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Etilene dicloruro

Valore limite 8 ore: 8,2 mg/m3 o 2 ppm

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Fibre Ceramiche refrattarie

Valore limite 8 ore: 0,3 f/ml.

  • Formaldeide

Valore limite 8 ore: 0,37 mg/m3 o 0,3 ppm.

Nella breve durata valore limite: 0,74 mg/m3 o 0,6 ppm.

Osservazioni: la sostanza può causare sensibilizzazione cutanea.

Misure transitorie: valore limite di 0,62 mg/m3 o 0,5 ppm per i settori sanitario, funerario e dell’imbalsamazione fino all’11 luglio 2024.

  • Emissioni di gas di scarico dei motori diesel

Valore limite 8 ore: 0,05 mg/m3 (sotto forma di carbonio elementare)

Osservazioni: il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2023. Per le attività minerarie sotterranee e la costruzione di gallerie, il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2026.

  • Idrazina

Valore limite 8 ore: 0,013 mg/m3 o 0,01 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Miscele di Idrocarburi Policiclici Aro­matici, in particolare quelle contenenti benzo[a]pirene

Valore limite: non definito.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

Aggiornamento valori limite degli agenti cancerogeni

  • 4,4′- Metilendianilina

Valore limite 8 ore: 0,08 mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • 2-Nitropropano

Valore limite 8 ore: 18 mg/m3 o 5 ppm.

  • Oli minerali, precedentemente usati nei motori a combustione interna

Valore limite: non definito.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Ossido di Etilene

Valore limite 8 ore: 1,8 mg/m3 o 1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • o-Toluidina

Valore limite 8 ore: 0,5 mg/m3 o 0,1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Polveri di legno duro

Valore limite 8 ore: 2 mg/m3.

Misure transitorie: 3 mg/m3 fino al 17 gennaio 2023.

  • Polvere di silice cristallina respirabile

Valore limite 8 ore: 0,1 mg/m3.

  • Tricloroetilene

Valore limite 8 ore: 54,7 mg/m3 o 10 ppm.

Nella breve durata valore limite: 164,1 mg/m3 o 30 ppm.

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