Danni esistenziali: risarcimento e calcolo

Danni esistenziali

In questa guida parliamo di danni esistenziali: cos’è, come si calcola e come ottenere il risarcimento. Il danno esistenziale è una delle componenti del danno non patrimoniale.

Tutte le vittime di esposizione ad amianto e ad altri patogeni e le vittime di un illecito hanno diritto al risarcimento integrale dei danni che comprende i danni patrimoniali e quelli non patrimoniali, che non causano ciè un danno economico.

L’Avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto, si occupa da decenni di difesa del diritto di salute e di lotta all’amianto in Italia e difende tutte le vittime dell’asbesto e di altri cancerogeni per ottenere il risarcimento integrale dei danni.

Danni esistenziali: cosa sono e definizione

Il danno esistenziale è un danno non patrimoniale che indica un peggioramento della qualità della vita della vittima, causato da un evento lesivo. Ciò che distingue questa categoria da altre categorie del danno non patrimoniale è che il pregiudizio coinvolge i valori dell’esistenza del danneggiato.

Il danno esistenziale rappresenta infatti un’alterazione delle abitudini e delle dinamiche relazionali proprie dell’individuo, sia all’interno che all’esterno del contesto familiare, con conseguenti modifiche negative nei modi di esprimere e realizzare la personalità nel mondo esterno.

A differenza del danno morale, il danno esistenziale si manifesta con effetti tangibili, concreti e visibili esternamente, comportando l’incapacità di svolgere attività quotidiane consuete.

Questo pregiudizio comprende tutte le lesioni ai valori fondamentali dell’esistenza, coinvolgendo tutto ciò che può generare notevoli disagi e alterazioni della personalità nella vittima. Gli impatti negativi si riflettono nella qualità della vita sociale e nelle abitudini personali della persona.

Quando è risarcibile il danno esistenziale?

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 2217/2016, il riconoscimento del danno esistenziale è condizionato da tre fattori:

  1. Il fatto deve ledere diritti inviolabili costituzionalmente tutelati.
  2. La lesione deve avere un certo rilievo.
  3. Il danno non deve limitarsi a causare solo disagio o fastidio.

Questo principio è ribadito anche nella sentenza della Cassazione del 11 novembre 2008, n. 26972, che specifica che se il danno esistenziale dovesse includere pregiudizi che non ledano diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe completamente illegittima, in quanto tali pregiudizi non sono risarcibili, conformemente al divieto previsto dall’art. 2059 c.c.

La valutazione caso per caso del giudice

Il danno esistenziale, parte integrante del danno non patrimoniale (articolo 2059 del codice civile), è soggetto a risarcimento indipendentemente dalle conseguenze sulla capacità di generare reddito (articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private).

Tuttavia, nel corso degli anni, a causa della sua natura peculiare, la giurisprudenza non ha sempre riconosciuto la legittimità del risarcimento del danno esistenziale.

È responsabilità del danneggiato dimostrare in modo tangibile e oggettivamente verificabile il pregiudizio subito. Successivamente, considerata la natura soggettiva del danno e l’assenza di una normativa uniforme, spetta al giudice valutare, caso per caso, l’esistenza del danno e determinarne l’entità del risarcimento.

L’unitarietà del danno non patrimoniale

Per quanto riguarda la quantificazione del risarcimento, secondo quanto stabilito dalle sentenze di San Martino del 2008, il danno non patrimoniale è considerato unitario. Questo significa che le sue componenti non possono essere risarcite separatamente, ma vanno considerate un tutt’uno.

“Il danno biologico (ovvero la lesione della salute), il danno morale (cioè la sofferenza interiore) e il danno dinamico-relazionale (esistenziale, che consiste nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane e può essere risarcito nel caso in cui l’atto illecito violi i diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente differenti e tutti suscettibili di risarcimento; tale conclusione non è in contrasto con il principio di unitarietà del danno non patrimoniale, come sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, poiché tale principio impone una valutazione complessiva del danno, ma non una considerazione separata dei suoi effetti” (Cass. n. 10414/2016).

Le varie componenti del danno non patrimoniale si valutano quindi singolarmente e segue un risarcimento unitario, ovvero una valutazione complessiva del danno. Il calcolo del danno non patrimoniale deve tener conto della lesione biologica, della sofferenza fisica e morale e del cambiamento dei programmi e progetti di vita della vittima e dei suoi familiari. Deve essere unitario e personalizzato caso per caso e deve prevedere anche la liquidazione danno esistenziale.

Come si calcolano i danni esistenziali?

La valutazione del risarcimento avviene in via equitativa (Cassazione, sentenza n. 19963 del 2013) e segue i criteri stabiliti dalle Tabelle del Tribunale di Milano. Tuttavia, circostanze eccezionali consentono al giudice di determinare un aumento dell’importo del risarcimento attraverso la personalizzazione.

I danni subiti dal lavoratore malato o dai superstiti possono essere quantificati anche con il criterio equitativo puro. Le norme di cui agli artt. 432 c.p.c. e/o 1226 c.c. e/o 2056 c.c. stabiliscono che è applicabile il criterio equitativo, ferma la condizione dell’integrale risarcimento (Cass., 20.2.2015, n. 3374, in D & G, 6, 2015, 55 ss.; Cass., 18.11.2014, n. 24473, in D & G, 19.11.2014; Cass., 18.11.2014, n. 23778, ined.; Cass., 8.7.2014, n. 15491, in D & G, 9.7.2014).

Come dimostrare il danno esistenziale: onere della prova

La natura del danno esistenziale non è determinabile tramite una perizia medico-legale e non può essere quantificato mediante valori percentuali, come nel caso dell’invalidità permanente. Di conseguenza, spetta al danneggiato dimostrare in modo concreto e oggettivamente verificabile il danno subito.

Nel contesto della responsabilità civile, la prova del nesso causale tra condotta illecita ed evento dannoso non richiede la dimostrazione di un rapporto di conseguenzialità necessaria, ma piuttosto la presenza di un rapporto di probabilità scientifica.

Ciò implica che il nesso causale può essere considerato valido non solo quando il danno può essere considerato una conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando risulta una conseguenza “altamente probabile e verosimile”, secondo il principio del “più probabile che non”.

La prova dell’entità del danno esistenziale: come funziona?

La prova dell’entità del danno è presuntiva e deve avvenire attraverso il potere di indagine del consulente tecnico d’ufficio (Cass. 16471/09; 21728/06 e 1901/2010 ed ex multis). Nella quantificazione dei danni, devono essere considerati:

  • lo sconvolgimento causato nella vittima primaria e nei familiari dagli eventi lesivi;
  • la tipologia e l’entità delle condizioni, temporanee e permanenti, di invalidità riportate dal danneggiato, da cui si può dedurre il livello “minimo presuntivo” di impatto delle lesioni sulla “sfera morale” del danneggiato;
  • l’età e il sesso della vittima;
  • l’attività lavorativa o gli hobby interrotti a causa della patologia contratta;
  • essere vittima di un’ingiusta lesione della propria persona e dignità umana;
  • i disagi e fastidi patiti nelle attività quotidiane, modificate a causa della malattia;
  • la necessità di affrontare operazioni chirurgiche, esami invasivi o terapie riabilitative, con i relativi costi e stress;
  • le perdite di tempo e le frustrazioni causate da visite mediche, sedute riabilitative, accertamenti medico-legali, sessioni con gli avvocati;
  • affrontare un percorso stragiudiziale e giudiziale con i relativi stress.

Assistenza legale gratuita alle vittime

L’ONA ha istituito un sistema di assistenza che comprende supporto medico e legale, con particolare attenzione al riconoscimento delle malattie professionali, considerando che la maggior parte delle esposizioni all’amianto si è verificata in ambienti lavorativi. I lavoratori esposti godono di diritti quali la rendita INAIL, benefici contributivi legati all’amianto, accesso al Fondo Vittime Amianto, e il diritto alla causa di servizio, equo indennizzo e riconoscimento come vittime del dovere, a seconda delle normative che regolano la loro professione.

In caso di decesso della vittima, gli eredi hanno la facoltà di richiedere specifiche prestazioni, garantendo così la tutela dei diritti dei familiari superstiti.

In aggiunta, l’ONA dispone di un dipartimento di consulenza psicologica, coordinato dal Prof. Francesco Pesce, per rilevare lesioni e danni psicologici, psicobiologici, morali ed esistenziali subiti dalla vittima e dai loro familiari.

Contattando il numero verde 800 034 294 o compilando il form, è possibile ottenere una consulenza gratuita e beneficiare dell’assistenza medica, legale e psicologica offerta dall’ONA.

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