Prevenzione primaria: stile di vita e bonifiche

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria si deve attuare per evitare che le persone si ammalino. I passi per restare in buona salute sono diversi. Il primo è senza dubbio condurre uno stile di vita sano, da cui si possono trarre molti benefici. In generale dipende dai singoli individui, ai quali va sempre raccomandato di mantenere lo stile di vita che i medici ritengono sia opportuno per loro.

Una prevenzione primaria ben fatta non trascura la sensibilizzazione e la corretta informazione delle persone, facendo da stimolo nel seguire uno stile di vita sano. Quindi per prima cosa una buona dieta, nonché limitare il consumo di alcol ed evitare il fumo di sigaretta attivo e passivo.

Di pari passo non può che esserci la tutela dell’ambiente: vivere in un ambiente salubre infatti favorisce il mantenimento di buone condizioni di salute, contro lo sviluppo delle malattie anche gravi come il cancro. In queste ultime infatti hanno un ruolo accertato l’inquinamento, l’esposizione al fumo e ad altre sostanze nocive per esempio durante le lavorazioni industriali o artigianali.

Un caso emblematico per l’Italia riguarda l’amianto: bisogna evitare il più possibile l’esposizione alle fibre dei minerali che lo compongono perché conclamato cancerogeno, eppure le bonifiche dei siti contaminati sono in ritardo di decenni. Solo per i danni dell’amianto sono stati 7.000 i morti in Italia nel 2021. Per un quadro dettagliato è possibile leggere “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed. 2022” dell’avv. Ezio Bonanni. Informare la popolazione sui rischi dell’amianto e di tutte le altre sostanze cancerogene è un dovere. Questa pagina rappresenta una panoramica generale.

Prevenzione primaria dagli agenti cancerogeni

Per il principio di precauzione, la prevenzione primaria dovrebbe ritenersi estesa a tutte le sostanze cancerogene. Le patologie asbesto correlate infatti sono di tipo multifattoriale: derivano cioè non solo da una, ma da diverse cause e dall’esposizione a diverse sostanze ad esempio fumi e benzene, oltre ai vari fattori di rischio legati all’età, al genere e alle condizioni di salute di partenza del paziente. Eliminare le situazioni di rischio eliminabili, è un passo importante.

Quali sono i vari tipi di sostanze cancerogene? L’Inail ne ha una lunghissima lista, che prende in considerazione i 400 cancerogeni individuati dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC). A seconda del tipo di lavoro si può essere infatti esposti a diversi tipi di sostanze. Chi svolge attività nel settore agricolo oppure in quello industriale, ha spesso a che fare con tante sostanze che possono essere contenute o usate insieme ai materiali di lavoro, oppure in preparati (come i pesticidi).

Ecco i cancerogeni più diffusi:

  • asbesto (tutti i tipi di minerali);
  • antimonio;
  • arsenico;
  • benzene;
  • berillio;
  • cadmio;
  • cromo;
  • mercurio;
  • formaldeide;
  • nichel;
  • piombo.

Amianto: bonificare i siti contaminati, le tecniche

Chi è a rischio? Chiunque si trovi vicino o in edifici costruiti con materiali contenenti amianto sfaldabile. In Italia ci sono migliaia di siti da bonificare: la legge 257/92 vietò l’uso dell’amianto, ma non ne impose la contestuale rimozione. Utile strumento per sollecitare le bonifiche locali è l’App Amianto con la mappa dei siti inquinati.

Oggi in Italia abbiamo ancora 40 milioni di tonnellate di amianto: ci aspetta un lavoro enorme, ma deve essere fatto e l’avv. Ezio Bonanni l’ha ribadito recentemente in più occasioni. Durante l’audizione in Senato (17/02/2022), nel convegno a Bologna “Amianto: prevenzione e bonifica, tutela della salute e dell’ambiente” (10/03/2022), e nell’incontro (15/03/2022) con l’on. Andrea Costa, sottosegretario alla Salute.

Per la bonifica dei siti ci sono tecniche specifiche. Se ne occupano ditte specializzate:

  • Incapsulamento: sostanze impregnanti o ricoprenti trattengono le fibre di amianto, impedendone la dispersione. Gli impregnanti possono penetrare l’intera superficie da bonificare, mentre i ricoprenti formano una pellicola in superficie. Molte ditte utilizzano entrambi. La superficie va sempre pre-trattata.
  • Confinamento: isola zone circoscritte. Si installa una barriera a tenuta o una copertura di lastre isolanti. Il resto dell’edificio resterà fruibile. Servono controllo e manutenzione costanti.
  • Rimozione con smaltimento: è la soluzione più radicale ma è un’operazione molto delicata, da svolgersi nella massima sicurezza per lavoratori e persone vicine. La rimozione è obbligatoria quando l’asbesto diventi friabile a causa di sollecitazioni o condizioni atmosferiche che ne danneggino la struttura, mettendola a rischio di rilascio delle fibre nell’atmosfera. I materiali si incapsulano, poi si smontano (aspirando le polveri) e si trasportano in un’area delimitata. Le lastre rimosse andranno in discariche autorizzate. A fine lavori, si monitora l’eventuale livello di amianto ancora presente. L’area sarà nuovamente fruibile con la certificazione di restituibilità della Asl.

L’Europa sollecita le bonifiche di amianto

Sul sito della Camera dei deputati si può consultare tutta la normativa vigente per la tutela dei lavoratori contro l’esposizione all’amianto. L’Europa vuole aggiungere nuovi tasselli, per tutti gli Stati membri dell’Unione. Questa volontà nasce dal Parlamento europeo, che il 20 ottobre 2021 con l’approvazione di un’apposita Risoluzione ha proposto alla Commissione europea l’adozione di nuove misure di tutela.

Innanzitutto con l’aggiornamento della direttiva 2009/148/CE per la protezione dei lavoratori contro i rischi dell’esposizione all’amianto. E poi con l’adozione di una European Strategy for the Removal of All Asbestos (ESRAA) – strategia europea per la rimozione dell’amianto – e l’emanazione di una direttiva quadro per sollecitare l’avvio di strategie simili a livello nazionale per gli Stati membri. L’obiettivo è fermare la strage di questo cancerogeno.

Antimonio, una sostanza dalle varie forme

L’antimonio può avere varie forme. Quella elementare si usa per formare leghe molto forti con rame, piombo e stagno. Si può trovare nell’industria pirotecnica, della gomma, nella vetreria, nella ceramica. Il tipo più dannoso è l’antimonio triossido, che lo IARC ha classificato come possibile cancerogeno per l’uomo inserendolo nel gruppo 2B basandosi sui dati di studi inalatori sul ratto. L’esposizione professionale ad antimonio può provocare: anemia emolitica (esposizione a stibina), pneumoconiosi non sclerogena, dermatite irritativa da contatto. L’avvelenamento da antimonio, dal punto di vista clinico, è molto simile a quello da arsenico e presenta essenzialmente disturbi gastrici; se cronica causa anemia e dermatiti.

Arsenico e benzene: industria e uso quotidiano

L’arsenico è un semimetallo che si trova in natura: nel suolo, nelle rocce e in acqua. In alte concentrazioni o con una esposizione prolungata può causare tumore a polmone, cute, vescica; l’arsenico può essere inalato o assunto nell’acqua potabile. In particolare in quest’ultimo caso l’arsenico è presenta naturalmente in alcune acque e l’OMS ha stabilito che la massima concentrazione può essere 10 μg/L (microgrammi per litro); ecco perché molti comuni soprattutto montani hanno avuto necessità di installare dearsenizzatori. I composti dell’arsenico (As è il simbolo chimico) si trovano nell’industria microelettronica, nella produzione di coloranti, nell’industria tessile, cartiera, nella fabbricazione del vetro e di semiconduttori.

Il benzene è un composto organico volatile, accertato cancerogeno e causa di leucemie. Si trova nella benzina delle auto, in aree ad elevate concentrazioni o inquinate, ma anche nel fumo di sigaretta e in diversi prodotti eventualmente contaminati come colle, adesivi, vernici, solventi; le più alte concentrazioni sono rilevabili subito dopo la posa dei materiali. Dallo IARC il benzene è stato inserito nel gruppo 1, cioè tra quelle sostanze che sono a diretta induzione di tumori per l’uomo. Il Ministero della Salute ha stilato precise raccomandazioni per evitare l’esposizione al benzene, per la quale non è stata fissata alcuna soglia di sicurezza.

Piombo e Formaldeide: negli ambienti quotidiani e al lavoro

Anche il piombo è collegato all’suo della benzina come carburante. Il piombo può essere inalato o ingerito a causa di esposizione a polveri, suolo o acqua contaminati. Come si diceva, tale esposizione deriva essenzialmente dall’uso della benzina come carburante, ma anche dalla vicinanza ad estrazioni minerarie, produzione di pigmenti e batterie, demolizioni edilizie. Lo IARC in una monografia ha rivalutato il rischio di cancerogenicità per le esposizioni. L’esposizione a piombo, leghe e composti può provocare neuropatia periferica, encefalopatia tossica, nefropatia, anemia saturninacolica saturnina; l’esposizione a piombo tetraetile e tetrametile può provocare encefalopatia tossica.

La formaldeide è considerata dallo IARC un potenziale cancerogeno che può trovarsi nell’ambiente e sul lavoro ed è stata inserita nel gruppo 1. In particolare, in concentrazioni ridotte può trovarsi anche nelle case, perché si tratta di un composto organico che si usa nell’industria tessile per tappezzerie, tende, moquette, tessili antipiega, nell’arredamento in resine per truciolato e compensato di legno; oltre che come prodotto di combustione ad esempio del tabacco. L’Organizzazione mondiale della sanità ha fissato come valore guida un massimo di concentrazione pari a 0,1 mg/m3 (media su 30 minuti). Quando presente negli ambienti, la formaldeide – caratterizzata da un odore pungente – può provocare neoplasie a carico del tratto nasofaringeo, eritemi cutanei, irritazione oculare, nasale e in gola, con sintomi quali tosse, starnuti e affaticamento. Malattie professionali da formaldeide sono considerate: asma bronchiale allergico, dermatite allergica da contatto.

Berillio, cadmio e mercurio nell’industria manifatturiera

Questi tre metalli e i loro composti, usati nell’industria manufatturiera, possono essere cancerogeni. La loro cancerogenicità è riconosciuta dallo IARC, che ha dedicato un approfondimento per queste sostanze. Berillio, cadmio e mercurio si trovano nel settore produttivo e della colorazione del vetro sotto forma di sali metallici e pigmenti. L’esposizione professionale al berillio può provocare: berilliosi (granulomatosi polmonare), nefropatia tubulare, osteomalacia, carcinoma del polmone. Il cadmio può invece provocare: broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), nefropatia tubulare, osteomalacia, carcinoma del polmone. L’esposizione professionale al mercurio, amalgame e composti può portare a: Sindrome cerebellare-extrapiramidale (tremore, atassia, diplopia), encefalopatia tossica, polineuropatia periferica, nefropatia, gengivostomatite.

Il cromo, il nichel e i loro composti

Il cromo e il nichel, e loro composti, sono entrambi sostanze per le quali l’esposizione è prettamente industriale perché si trovano nei fumi e nei gas di saldatura che possono essere inalati (vedi monografia IARC) . A queste sostanze sono esposti professionalmente, in tutto il mondo, circa tre milioni di lavoratori. L’esposizione professionale al cromo (leghe e composti) può provocare: ulcere e perforazioni del setto nasale, dermatite ulcerativa, dermatite allergica da contatto, asma bronchiale; carcinoma dei seni paranasali, carcinoma delle cavità nasali; carcinoma del polmone (cromo esavalente). L’esposizione professionale al nichel può provocare: dermatite allergica da contatto, asma bronchiale e stessi carcinomi del cromo.

Agricoltura: le sostanze nocive

Nell’industria e nell’artigianato, si può venire a contatto anche con altre sostanze, che possono provocare patologie. Ci sono tra questi i composti del rame: il rame (simbolo chimico, Cu) è considerato tossico se ingerito in grandi quantità (più di 6 mg al giorno); in agricoltura, soprattutto nel biologico, è usato in prodotti fitosanitari per la sua funzione nutritiva per diverse colture e protettiva per le sue proprietà antifungine e antibatteriche. Si può trovare anche nel settore dell’industria e dell’artigianato, in quanto contenuto nei fumi di saldatura insieme ad altri metalli.

In agricoltura si possono incontrare: zolfo, anidride solforosa, olii minerali, derivati alogenati degli idrocarburi alifatici, sostanze derivate dell’acido carbammico e tiocarbammico, composti organici dello stagno, derivati di acido ftalico, ftalimide e dipiridile. E poi anche fattori esterni come il parassita ancylostoma duodenale (che si contrae anche a cute integra, generalmente dai piedi, con il terreno contaminato da feci infette), radiazioni solari, rumore e vibrazioni meccaniche possono provocare danni alla salute umana.

Industria: sostanze pericolose e tossiche

Bromo, cloro, iodio, fluoro e composti inorganici: possono causare tracheobronchite, dermatite irritativa da contatto, acne, bromismo, osteofluoruosi.

Manganese: inalato con lavorazione acciaio e saldatura, può provocare intossicazioni con coinvolgimento polmonare e disfunzioni sessuali.

Osmio: metallo pesante presente in natura in lega con il platino. Tetrossido di osmio: altamente tossico, si usa nel rilevamento delle impronte digitali, nei pennini delle stilografiche e in applicazioni ad alta resistenza e durezza, ad esempio dai vetrai per asportare graffi e abrasioni da specchi e vetri. Porta danni a pelle e occhi, congestione polmonare.

Ossido di carbonio: provoca ossicarbonismo. Presente in: produzione di carbone da legna; sterilizzazione dei metalli; condotta termica di apparecchi a combustione; seconda lavorazione del vetro; saldatura autogena e taglio dei metalli (fiamma ossidrica o ossiacetilenica); prove di motori a combustione in ambienti chiusi.

Selenio: può causare dermatite irritativa da contatto ed encefalopatia tossica.

Stagno: può provocare stannosi e dermatite irritativa da contatto.

Tallio: in lega con argento e alluminio, si usa in: superconduttori industriali, laser, vetri speciali, fotocellule, settore elettronico. Sali di tallio in chimica come reagenti; industria pirotecnica e pigmenti. Si ingerisce con acqua e cibo vicino a centrali a carbone oppure si inala con polveri e fumi. Causa alopecia, nefropatia, neuropatia periferica.

Vanadio: provoca asma bronchiale, dermatite allergica da contatto.

Zinco: lo stearato di zinco può provocare pneucomoniosi benigna.

Inoltre: cloruro di carbonile o fosgene, composti del fosforo, acido solforico, solfuro di carbonio, idrogeno solforato, n-esano e altri idrocarburi alifatici lineari e ciclici, etere di petrolio, acqua ragia minerale e idrocarburi aromatici mononucleari e policiclici aromatici; cloruro di vinile, derivati alogenati o nitrici degli idrocarburi alifatici, terpeni, amine alifatiche e aromatiche, ammidi, acido cianidrico, cianuri, nitrili, isocianati; chetoni e derivati alogenati, aldeidi, chinoni, alcoli, tioli e derivati alifatici e aromatici, eteri, carbammati, tiocarbammati, esteri organici, esteri organici dell’acido nitrico.

Uranio impoverito e militari vittime del dovere

L’uranio e i suoi composti possono essere molto dannosi per il corpo umano. Si tratta di un metallo pesante, identificato con simbolo chimico U, altamente radioattivo, usato nelle centrali nucleari (uranio arricchito). Lo scarto derivante dal processo di arricchimento dell’uranio è l’uranio impoverito (uranio depleto): meno radioattivo dell’elemento naturale, se ingerito o inalato può contaminare il corpo ed accumularsi in organi bersaglio quali i reni (provocando nefriti), l’apparato respiratorio (provocando il tumore del polmone) e i linfonodi del mediastino. La contaminazione per il corpo umano avviene attraverso inalazione, cibo, acqua o qualunque altra sostanza contaminata.

Molti militari italiani impegnati nelle missioni in Bosnia (1995), Kosovo (1998) e Iraq (1991 e 2003) hanno subìto i danni dell’uranio impoverito, perché l’esercito statunitense usava proiettili e aerei anticarro con questa sostanza; i nostri militari sono stati esposti ignari del rischio in molte zone appena bombardate. Si contano già 8.000 vittime tra i militari che hanno svolto missioni estere e 400 deceduti in seguito ad infermità di servizio. Conferme arrivano dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati in materia di uranio impoverito. I militari che hanno subìto danni fisici per l’esposizione ad uranio impoverito nel corso delle loro missioni possono vedersi riconoscere lo status di vittima del dovere.

La prevenzione secondaria e terziaria

Nella prevenzione primaria rientra la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e degli edifici. Per sicurezza sul luogo di lavoro non si intende soltanto l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e il lavoro in ambienti salubri perché puliti e disinfettati, ma salubri anche perché bonificati da sostanze nocive e cancerogene. Se ripetutamente esposti a queste sostanze, infatti, può svilupparsi la patologia. A quel punto si potrà chiedere il riconoscimento come professionale.

Questo vale per tutti i settori: pubblico, industriale, artigianato, agricoltura e così via. Seguire le indicazioni del Ministero della Salute e degli enti preposti alla sicurezza sul lavoro è di fondamentale importanza per i lavoratori e per gli stessi datori di lavoro, che si mettono al riparo da problemi di salute propri e per il proprio personale. Nel Testo Unico sulla Salute e Sicurezza del Lavoro, norma di riferimento, si possono trovare raccolte tutte le disposizioni in materia.

Prevenzione secondaria e prevenzione terziaria completano il quadro.

La tutela della salute attraverso il monitoraggio

Per la prevenzione secondaria è importante un sistema che sia in grado di monitorare le condizioni di salute della popolazione. In particolare i lavoratori esposti a determinate sostanze devono essere sottoposti a controlli medici regolari e mirati, in modo da poter individuare eventuali patologie allo stato iniziale. Questo permette un rapido accesso alle cure, che a sua volta contribuisce ad aumentare le possibilità di guarigione dei pazienti e ad innalzare la loro aspettativa di vita. In questo modo si permette la diagnosi precoce in caso di patologia.

Purtroppo la prevenzione secondaria entra in gioco quando il danno è già stato fatto. Ecco perché è fondamentale applicare prima tutte le forme di prevenzione previste da quella primaria, perché appunto consente di evitare che le persone si ammalino o subiscano un danno dalle loro condizioni di lavoro o di vita. Quando si accerta un danno, allora è possibile attivare le procedure relative al riconoscimento dello stesso, per far valere i propri diritti.

La tutela legale delle vittime e dei familiari

Chi lavora o ha lavorato in un luogo contaminato per poi ammalarsi, può vedersi riconoscere la malattia professionale. In questo caso ha diritto ad un indennizzo, una rendita o una pensione per sé o per i suoi eredi, in caso di morte. Si tratta di tutele che spettano a tutti i lavoratori e i cui importi variano in base alla percentuale di danno biologico subìto e accertato. Fino al 6% l’indennizzo è carico del datore di lavoro perché si applica la franchigia Inail; sopra il 6% scatta l’indennizzo Inail una tantum e sopra il 16% la rendita mensile Inail. Le vittime di amianto possono accedere anche alle prestazioni aggiuntive del Fondo Vittime Amianto.

Dal punto di vista previdenziale, l’Inps riconosce maggiorazioni contributive del 50% per il periodo accertato: si possono in questo modo ottenere il prepensionamento, a rivalutazione del trattamento pensionistico se già in essere oppure la pensione di inabilità, che però non è cumulabile con altre prestazioni (domande entro il 31 marzo di ogni anno).

I pubblici dipendenti possono intraprendere una causa di servizio e, se impiegati nel Comparto sicurezza o nelle Forze armate, ottenere lo status di vittima del dovere. Tutti inoltre possono aspirare ad ottenere un risarcimento per danni morali, esistenziali e patrimoniali, oltre che biologici.

La prevenzione terziaria consiste nella tutela legale in caso di danni alla salute o di decesso per motivi ambientali o di lavoro. L’Osservatorio Vittime del Dovere APS fa proprio questo: si pone come guida, assiste e tutela legalmente con il proprio pool di professionisti coordinati dall’avv. Ezio Bonanni, le vittime di malattie asbesto correlate o di altre patologie collegate all’esposizione a sostanze cancerogene e nocive per la salute.

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