Ci sono nuove scoperte che aprono la strada ad altre cure per il tumore al pancreas. La prima consiste in una nuova possibilità di trattamento; l’altra in test farmacologici che hanno avuto esiti positivi su una particolare forma tumorale.
In entrambi i casi si tratta di passi in avanti importanti. Solo in Italia, infatti, il tumore al pancreas fa contare ogni anno circa 14.300 nuovi casi; e spesso è associato ad una prognosi negativa perché scoperto in fase avanzata. I soggetti più colpiti sono uomini tra i 65 e i 69 anni e donne tra i 75 e i 79 anni.
Tra i fattori di rischio ci sono l’alcol, il fumo di sigaretta, l’obesità e il diabete. Una lettura dell’aumento dei casi di tumore al pancreas, dunque, può essere quella della diretta proporzionalità tra malattia e fattori di rischio, anch’essi in aumento. Va detto però che esiste anche un 10% di fattori di rischio non modificabili, quali la predisposizione genetica.
Tumore al pancreas, in Italia 14mila casi all’anno
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Il tumore al pancreas è in crescita un po’ ovunque e fa registrare, solo in Italia, circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
Tra i primi campanelli d’allarme, c’è l’insorgenza di un dolore aspecifico che può localizzarsi parte alta del tronco, alla schiena o alla bocca dello stomaco. Poi anche un dimagrimento improvviso e la comparsa di ittero.
La diagnosi e il trattamento del tumore al pancreas dipendono dalla tipologia e dalla fase della malattia. La forma neoplastica più comune è di solito benigna e consiste in IPMN, ossia neoplasie papillari mucinose intraduttali; rappresentano circa il 10% dei casi e di solito non richiedono un intervento chirurgico. La maggior parte dei pazienti comunque, deve essere tenuta sotto controllo medico costante, per individuare eventuali trasformazioni in forma maligna.
La tipologia più aggressiva di tumore al pancreas è l’adenocarcinoma duttale, forma rara che si presenta in 12 casi su 100.000, e generalmente tra i 60 e i 70 anni di età.
Nuovo bersaglio terapeutico: autotaxina
I ricercatori dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona, diretti dal dottor Davide Melisi, docente di oncologia medica, hanno identificato un nuovo bersaglio terapeutico contro il tumore al pancreas. Si tratta dell’autotaxina, un enzima la cui principale funzione nel corpo umano è la conversione del lisofosfatidilcolina (LPC), una molecola presente nelle membrane cellulari, in lisofosfatidilcolina (LPA), un altro lipide bioattivo. Questa reazione chimica è conosciuta come lisofosfolipasi D.
Il LPA è un potente mediatore di segnalazione cellulare ed è in grado di influenzare la crescita, la sopravvivenza e la migrazione cellulare; è inoltre coinvolto nell’angiogenesi, ossia la formazione di nuovi vasi sanguigni. Quest’ultima è un’importante attività nel contesto dello sviluppo, della riparazione dei tessuti e delle malattie come il cancro, dove la formazione di nuovi vasi sanguigni può supportare la crescita tumorale. Svolge anche funzioni legate alla regolazione delle infiammazioni e può influenzare la differenziazione cellulare. Anche queste ultime, entrambe importanti condizioni nello sviluppo del cancro.
Ecco quindi che, secondo i ricercatori, l’autotaxina può essere considerata tra i fattori responsabili della resistenza delle cellule tumorali ai trattamenti chemioterapici. Lo studio, che andava avanti dal 2011 e pubblicato su Cancer Research, ha evidenziato che l’impiego combinato di inibitori di Tgfß (Transforming growth factor beta) e del ioa289, un nuovo inibitore di autotaxina, rende le cellule tumorali molto più sensibili alla chemioterapia.
Mini pancreas in laboratorio per testare 6.000 farmaci
A New York invece i ricercatori della Weill Cornell Medicine hanno lavorato su mini pancreas generati in provetta per testare 6.000 farmaci alla ricerca di nuove terapie anti-cancro.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Stem Cell ed hanno evidenziato che in presenza della mutazione Kras G12D un farmaco è risultato particolarmente efficace contro l’adenocarcinoma duttale del pancreas. Una modesta dose è riuscita a bloccare la crescita del tumore in tutti gli organoidi senza danni sugli altri in cui non era presente la mutazione. Tuttavia il farmaco, che generalmente era usato contro l’angina, oggi risulta ritirato dal commercio per via dei suoi effetti collaterali, dunque difficilmente potrà essere usato in futuro così com’è. Quindi potrebbe aprirsi la strada per nuove ricerche.