Un nuovo studio si è focalizzato sul presunto legame tra il virus della mononucleosi e la sclerosi multipla. A condurlo, un team di ricercatori guidati da Assaf Gottlieb e J. William Lindsey dell’Health Science Center di Houston (Università del Texas)

Malattia del bacio e sclerosi multipla

Mononucleosi: il virus Epstein-Barr potrebbe essere coinvolto nella genesi della sclerosi multipla

Il virus Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi, comunemente nota come “malattia del bacio”, è un patogeno che colpisce oltre il 90% della popolazione mondiale almeno una volta nella vita. Ebbene, secondo alcuni scienziati, potrebbe essere coinvolto nella genesi della sclerosi multipla.

Innanzitutto, entrambi fanno parte della famiglia degli Herpesvirus.

Il virus Epstein-Barr, una volta contratto, può restare latente nel corpo per anni, se non decenni, prima che eventuali sintomi di sclerosi multipla si manifestino.

Come mai?

Prima di addentrarci nel cuore della ricerca, utile soffermarci sulle due patologie.

Sclerosi multipla: una malattia autoimmune devastante

La sclerosi multipla (SM) è una malattia cronica del sistema nervoso centrale, che comprende il cervello e il midollo spinale. Si caratterizza per l’infiammazione, la demielinizzazione (perdita della guaina mielinica che protegge le fibre nervose) e la formazione di cicatrici (sclerosi) nelle zone colpite. Questo processo compromette la trasmissione efficiente degli impulsi nervosi, dando luogo a una varietà di sintomi, tra cui affaticamento, difficoltà di coordinazione, problemi di vista e debolezza muscolare.

Considerata una malattia autoimmune, la SM può variare notevolmente da persona a persona, con sintomi che possono manifestarsi in episodi di riacutizzazione o peggiorare gradualmente nel tempo. Nonostante non ci sia ancora una cura definitiva, esistono terapie per gestire i sintomi e rallentare la progressione della malattia.

Ad esserne affetti, sono prevalentemente giovani adulti tra i 20 e i 40 anni. La causa esatta della SM rimane ancora in gran parte sconosciuta, e molte ricerche si concentrano su fattori genetici, ambientali e immunologici che possono contribuire allo sviluppo della malattia.

Mononucleosi: Il “bacio del diavolo” e le sue intricate leggende

Mononucleosi: notoa come “malattia del bacio” colpisce soprattutto gli adolescenti e i giovani adulti

La mononucleosi, conosciuta anche come “malattia del bacio“, è una infezione virale causata dal virus Epstein-Barr, appartenente alla famiglia degli Herpesvirus. Il patogeno si diffonde principalmente attraverso la saliva, il che spiega il suo soprannome romantico. In realtà, il virus può essere trasmesso anche attraverso la condivisione di bevande e stoviglie, oltre al contatto diretto con la saliva infetta.

La mononucleosi colpisce soprattutto adolescenti e giovani adulti, con sintomi quali febbre, mal di gola, stanchezza intensa e ingrossamento delle ghiandole linfatiche.

Ma torniamo al singolare nesso.

Il collegamento tra Virus Epstein-Barr e Sclerosi Multipla

Un nuovo studio condotto dall’Università del Texas ha scavato nei meandri del sistema immunitario per svelare l’intricato nesso tra le due patologie.

Precedenti ricerche avevano suggerito che il virus Epstein-Barr potesse agire come un “fuoco amico”, innescando una risposta immunitaria contro il proprio organismo. Questo fenomeno, noto come autoimmunità, si verifica quando il sistema immunitario attacca erroneamente tessuti sani del corpo. In questo caso, il virus sembrava mimare una proteina prodotta nel cervello e nel midollo spinale, confondendo il sistema immunitario e spingendolo a colpire per errore anche queste molecole, scambiate per “estranee“.

Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista PNAS, si è concentrato su una componente specifica e fondamentale del sistema immunitario: i linfociti T, incaricati di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dai virus.

Il ruolo dei linfociti T: dettagli sullo studio

I linfociti T sono specializzati nel riconoscere specifici antigeni e attivano la risposta immunitaria per neutralizzarlo.

Ebbene, gli scienziati hanno analizzato con attenzione le interazioni tra i linfociti T prelevati dal sangue e dal fluido cerebrospinale di otto pazienti con i primi sintomi di sclerosi multipla.

L’attenzione è stata rivolta anche verso vari virus, incluso il virus Epstein-Barr (EBV) e cellule infettate da esso, coltivate in laboratorio.

Il team ha pertanto sequenziato i recettori presenti all’esterno dei linfociti T per capire quali antigeni – e quindi quali virus – fossero in grado di riconoscere. Il 13% di quelli prelevati dal sangue dei pazienti riconosceva il virus Epstein-Barr (per fare un paragone: solo il 4% riconosceva il virus dell’influenza). Ma all’interno del fluido cerebrospinale, cioè del liquido che irrora il sistema nervoso centrale, l’“esercito” di cloni di linfociti T diretti contro le cellule colpite da virus Epstein-Barr risultava “esploso“, e numerosissimo.

Rappresentava cioè il 47% di tutte le cellule analizzate.

I risultati dell’indagine hanno rivelato un marcato aumento della reattività dei linfociti T nei confronti dei linfociti B infettati da EBV, una caratteristica che sembra persistere sia nei campioni di sangue sia in quelli del liquido cerebrospinale dei pazienti con SM. La risposta iperattiva sembra in definitiva concentrarsi soprattutto su queste specifiche cellule, spiegano gli autori, suggerendo un’affinità particolare tra i linfociti T e il virus Epstein-Barr nelle persone affette da SM.

Tradotto in parole povere, il virus della mononucleosi, (specialmente il tipo di risposta immunitaria che si scatena in una specifica fascia di pazienti), potrebbe essere un catalizzatore nella genesi della sclerosi multipla o almeno contribuirvi in maniera significativa.

La necessità di ulteriori studi

La ristrettezza del campione, composto da soli otto pazienti, solleva la necessità di ulteriori indagini.

Rappresenta un punto di partenza per ulteriori approfondimenti, nel tentativo di spezzare questo legame. Cosa che potrebbe aprire la strada a nuove terapie e strategie preventive.

Materiale fornito dall’Università UTHealth Houston