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Il Comune di Cremona dovrà risarcire le figlie di Ottorino Cervi con 166mila euro ciascuna. L’uomo lavorò 1947 al 1981 come caldaista nella Centrale alimentare del latte, società partecipata chiusa alla fine degli anni Ottanta. Morì nel 2004 per mesotelioma pleurico maligno, patologia causata dall’amianto. Si tratta della primo caso in cui si riconosce la responsabilità di un ente comunale per una morte causata dall’amianto.

L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA

Secondo quanto provato in sede processuale, per dieci anni la vittima fu ripetutamente esposta alle fibre di amianto per motivi di lavoro: per sostituire le guarnizioni alla caldaia. La particolarità del caso è proprio questa: si tratta di una esposizione non continuativa. Il processo è stato lungo e con alterne fortune: dopo una sentenza di primo grado non favorevole, le figlie dell’operaio non si sono arrese. Assistite dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, Oriana e Laura Cervi sono andate avanti fino alla vittoria definitiva in Cassazione.

Cremona, “provata esposizione amianto due volte l’anno”

La decisione degli “ermellini” ha confermato quella del 2019 espressa dalla Corte di Appello di Brescia. Quest’ultima, accogliendo il ricorso della sorelle Cervi, aveva ritenuto “provata l’esposizione all’amianto di Cervi almeno due volte l’anno in occasione della sostituzione e creazione di una nuova guarnizione delle caldaie“.

Il verdetto di appello, per la Suprema corte “non ha affatto raggiunto una piena certezza circa la ricorrenza del nesso di causalità ma ha desunto dalle modalità di esecuzione delle incombenze lavorative del Cervi e dalla non occasionalità dell’esposizione all’amianto che, in base al criterio del ‘più probabile che non’, anche sulla scorta delle risultanze scientifiche e delle evidenze già note al momento dei fatti, l’esposizione per dieci anni, in ragione delle mansioni svolte e in assenza di strumenti di protezione individuale, avesse prodotto un effetto patogenico sull’insorgenza o sulla latenza della malattia, tale da far ritenere un nesso di causalità“.

Le caldaie di fattura precedente alla legge 257/92 possono contenere amianto friabile. La sostanza può trovarsi proprio tra la caldaia e i tubi, oppure fra tubo e tubo. Possono anche essere presenti, all’interno della caldaia stessa, delle coibentazioni in amianto. In genere le guarnizioni e le coibentazioni non sono esposte all’ambiente esterno e non dovrebbero costituire un pericolo, ma se in caso di rottura e di smontaggio la situazione può cambiare.