violenza economica donne

Sono circa 20mila in Italia le donne vittime di violenza economica. Lo dice un’indagine condotta per Facile.it da mUp Research e Norstat. Si tratta di coloro che “vorrebbero colmare le loro lacune nell’ambito della finanza personale, ma non possono farlo perché il partner non lo permette“.

Un passaggio sottile, quello del “perché il partner non lo permette”. Denota quell’arroganza e quel senso di possesso che non dovrebbero esserci in una normale relazione; ma che in questo caso si allargano persino alla conoscenza ed alla preparazione.

Il concetto di violenza economica è comunque molto più ampio e complesso di così. Come sottolinea Di.Re – Donne in rete contro la violenza, rete nazionale antiviolenza gestita da organizzazioni di donne, “la povertà femminile è un problema sociale e strutturale, un fenomeno complesso e multidimensionale che è condizionato da fattori anche non economici“.

Violenza economica: l’indipendenza negata

In Italia 3 donne su 10 non sono titolari di conto corrente bancario e 4 donne su 10 dipendono economicamente dal marito. Questo porta alla violenza economica: una forma di violenza domestica in cui un partner utilizza il controllo finanziario come mezzo per mantenere il potere e il controllo sulla sua partner, rendendo molto difficile l’individuazione di una via di uscita dalla relazione maltrattante“. Lo sottolinea ancora una volta D.i.Re, che in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e informazione sul tema.

Perché per le donne è anche una questione di opportunità. Non bastano più da sole le conoscenze, l’aver studiato, non basta essere laureate e magari essere professioniste. Serve una politica che sappia dare alle donne vere opportunità per rendersi libere e indipendenti. La possibilità reale di scegliere cosa fare della propria vita. Invece “in Italia sono 2 milioni 277mila le donne che vivono in povertà e avere un lavoro non è sufficiente per evitarla. Le donne ancora guadagnano meno degli uomini, sono più esposte a povertà e esclusione sociale; sono spesso indicate come le uniche responsabili della cura dei figli e della famiglia. Questo può limitare le opportunità di lavoro per le donne e portarle a lavori a basso salario o part-time, che possono rendere difficile per loro sostenere se stesse e la propria famiglia“.

Autonomia, la fuga da violenza economica e maltrattamenti

C’è un “forte legame tra stereotipi, povertà femminile e violenza economica, una delle forme di violenza maschile contro le donne che ingabbia le donne dentro le relazioni violente, precludendo percorsi di emancipazione“. Lo ha spiegato Antonella Veltri, presidente D.i.Re, che ha anche lanciato un appello al governo Meloni.

L’autonomia economica, la libertà di poter scegliere della propria vita e di lasciare alle spalle la dimensione della violenza, – ha spiegato – dalla nostra esperienza spesso dipendono dalla possibilità di indipendenza economica delle donne. Ancora non sappiamo quali saranno le politiche messe in atto per sostenere le donne in questo percorso; quali le misure per aiutare le donne nel lavoro di cura e per spezzare la fragilità del precariato sottopagato. Sarebbe importante sapere quali sono le azioni di governo previste“.

Mentre si attendono misure strutturali da parte della politica, è utile sapere che le donne in difficoltà a causa di violenza domestica, possono rivolgersi all’INPS tramite un centro riconosciuto per ottenere il reddito di libertà.

Finanza personale: due donne su tre si sentono impreparate

Tornando ai dati di Facile.it, si legge inoltre che “ben due rispondenti su tre (67,3%) si sentano impreparate sui temi della finanza personale; e nonostante molte dichiarino di voler essere più pronte, non sempre è possibile. Tra i limiti alla preparazione ci sono soprattutto l’assenza di tempo (54% del campione) o di adeguate risorse economiche (44%) per formarsi“.

Ben 1,4 milioni di donne italiane vorrebbero colmare le proprie lacune a tema finanziario, ma non riescono a farlo per diverse ragioni. Il 54% dice di non avere tempo, il 44% di non avere le risorse economiche necessarie (53% tra Sud e Isole).

Saper gestire le proprie risorse finanziarie ed il budget familiare, il risparmio e le spese domestiche, sono un aspetto molto importante della vita moderna. E lo sono anche per poter compiere scelte consapevoli. L’essere limitate o, peggio, frenate dal partner sotto questo aspetto, indica che la strada per una vera emanicipazione femminile in Italia è ancora lunga e tortuosa. Soprattutto se questo aspetto rappresenta una forma di controllo, che spesso comporta per la donna il restare imbrigliata in una situazione spiacevole o pericolosa.

A livello nazionale soltanto il 32,7% delle intervistate ha dichiarato di avere conoscenze in ambito di finanza personale e la maggior parte lo ha fatto da autodidatta. Quali sono invece le ragioni delle lacune sull’argomento? Per il 36% delle intervistate si tratta di un tema troppo difficile (41% nel Lazio); per una minoranza (2,6% su scala nazionale) la finanza serve a poco. Il 32% delle intervistate vorrebbe colmare le proprie lacune (23% nel Lazio).

Ue contro la violenza: la Convenzione di Istanbul

La violenza economica è definita anche nella Convenzione di Istanbul. L’atto, adottato dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 ed entrato in vigore il 1° agosto 2014, all’art. 3 definisce la violenza nei confronti delle donne “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”; e la violenza domestica come “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima“.

L’art. 12 della Convenzione inoltre stabilisce il dovere degli Stati di promuovere il cambiamento socio-culturale per le donne e per gli uomini. Di questo percorso fa parte l’eliminazione di pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.

Amnesty International definisce la Convenzione di Istanbul come “il trattato internazionale di più vasta portata creato per affrontare la violenza contro le donne e la violenza domestica“, “uno strumento salvavita che sta facendo la differenza“.