Sclerosi-fattori di rischio - Trattamenti- storia - impatto psicologico - casi di successo

La storia della Sclerosi multipla, attestata da una crescente documentazione, evidenzia il ruolo fondamentale della ricerca scientifica.

Sebbene siano ancora numerose le difficoltà legate alla malattia, gli studi hanno portato a una maggiore chiarezza del processo che in gradi e modalità diverse accompagna la Sm. Infatti, conoscenza e strumenti diagnostici hanno contribuito a migliorare la vita dei pazienti e dei loro familiari.

Dall’excursus della storia della Sm, presentato da AISM, emergono i passi più significativi e rivoluzionari raggiunti dagli esperti. Da un  lavoro artigianale, di tipo clinico/osservazionale si arriva alla possibilità di fare diagnosi, al monitoraggio dei sintomi e al trattamento della malattia.

Nei progressi raggiunti nel tempo ha avuto un ruolo importante il coordinamento. Infatti, la ricerca sulla SM pubblica e privata, sia nazionale sia internazionale, agiscono sinergicamente razionalizzando gli investimenti e coordinandosi con le agende di altre malattie neurodegenerative.

La storia della Sclerosi multipla, a piccole dosi

Le prime documentazioni risalgono al XV secolo. Siamo circa nel 1421 e il primo caso di presunta sclerosi multipla viene attribuito a Liduina di Schiedam, nota anche come Santa Liduina, che visse in Olanda tra il 1380 e il 1433. Alcuni documenti storici segnalano che già a partire dai quindici anni, la sua vita fu contraddistinta da episodi di paralisi, perdita di sensibilità e problemi alla vista. Un progressivo deterioramento che l’ha portata ad una paralisi di quasi tutto il corpo.

La storia della Sclerosi multipla, XIX secolo

La seconda testimonianza di Sm messa nera su bianco risale al XIX secolo con il principe Augusto Federico d’Este (1794-1848) che scrisse di suo pugno ogni particolare della malattia che lo colpì all’età di 28 anni. Infatti, nel suo diario ne riporta sia i sintomi sia il decorso clinico con minuzia di particolari: dai problemi di deficit temporaneo alla vista agli episodi di paralisi, incontinenza e vertigini.

Sempre nel XIX secolo, Jean Cruveilhier (1791-1874), anatomista e patologo francese, ha dato importanti contributi nello studio del sistema nervoso. Infatti, è il primo a descrivere la patologia delle lesioni neuronali, tipiche nella Sm, pubblicando le scoperte e le illustrazioni nel 1842. Inoltre, è stato anche il primo a documentare la storia clinica di un paziente con la malattia.

Sm, primi criteri diagnostici con Charcot

Ma bisognerà aspettare il 1869 per considerare la Sm una malattia grazie alla scoperta del neurologo francese Jean Martin Charcot (1825-1893). Infatti, è stato il primo a identificare alcune malattie neurologiche importanti come la sclerosi laterale amiotrofica, a definire i sintomi clinici della “sclerosi a placche” e a fornire i primi criteri diagnostici (triade Charcot). Nel 1868 tiene una conferenza sulle caratteristiche della patologia dandole il nome di “Sclérose en plaques”.

Dopo 15 anni, Pierre Marie (1853-1940) parlò di un’origine non ereditaria della Sm ipotizzando che fosse scatenata da un’infezione.

La storia della Sclerosi multipla, il XX secolo

Nel 1933, c’è il riconoscimento della possibilità di un ruolo genetico nello sviluppo della Sm. L’ipotesi, infatti, poggia sulla constatazione che la malattia sia più comune nelle persone con familiarità alla Sm.

Nel 1940 il dottor Elvin A. Kabat (1914 – 2000) utilizza il metodo dell’elettroforesi per studiare i sieri di persone con sclerosi multipla. Dalla sua ricerca emerge che il liquido cefalorachidiano presenta un aumento relativo delle gamma-globuline rispetto a chi non ha la Sm confermando la natura immunologica della SM.

Nel 1948 i fisici Felix Bloch (1905-1983) ed Edwards Mills Purcell (1912 – 1997) scoprono la Risonanza Magnetica (RM), determinante per la diagnosi di sclerosi multipla. E vincono il Premio Nobel nel 1952.

Nel 1951 Rita Levi Montalcini (1909 – 2012), scopre il ‘fattore di crescita nervoso’ (Nerve Growth Factor – NGF), proteina che provoca lo sviluppo e la differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Una scoperta importante che nel 1986 la porta a vincere il Premio Nobel per la Medicina, insieme allo statunitense Stanley Cohen.

Nel 1957 i virologi Alick Isaacs (1921 – 1967) e Jean Lindemann, scoprono l’interferone. Si tratta di una proteina che può interferire con la replicazione virale e facilitare un processo di immunità innata o di difesa naturale contro l’infezione.

SM, la terapia cortisonica nel 1960

Il 1960 è l’anno della scoperta del cortisone come terapia per la Sm; il primo studio controllato ne conferma la validità nel 1969.

Poi nel 1972 con i neurologi Ian McDonald e Martin Halliday si introduce un metodo diagnostico non invasivo, i potenziali evocati visivi. Con la Sm la vista può subire drastiche riduzione e con questo metodo è possibile  quantificare la conduzione della velocità nel nervo ottico.

E si arriva al 1978 con la TAC che entra nella diagnosi di sclerosi multipla.

Sm, nel 1981 arriva la risonanza magnetica!

Ma nel 1981 Ian R. Young e Grame M. Bydder rivoluzionano il processo di diagnosi della SM, con la risonanza magnetica (RM) che accelera notevolmente la diagnosi.

Il 1993 conosce una svolta con l’interferone beta 1b (Betaferon). Il Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti lo approva per il trattamento della SM a ricadute e remissioni. Per la prima volta la sclerosi multipla può essere curata, perché gli interferoni riducono la frequenza degli attacchi e rallentano la progressione della malattia.

Nel 1996, negli Stati Uniti, la FDA approva l’interferone beta 1a ( Avonex). Sempre nel 1996  il radiologo Robert I. Grossman osserva che l’utilizzo del gadolino nella RM permette di identificare le aree infiammate a causa della Sm.

Nel 1997 la FDA approva il glatiramer acetato (Copaxone® ), mentre l’interferone beta 1a (Avonex®) viene approvato in Europa e Canada per il trattamento della SM a ricadute e remissioni. Nel 1999 l’approvazione arriva anche in Italia.

Storia della Sclerosi multipla, anni 2000

Nel 2000 l’Italia estende a tutte le persone con SM con requisiti idonei l’uso degli interferoni beta 1a (Avonex e Rebif) e beta 1b ((Betaferon ).

Nel 2001 un team di esperti internazionali diretti da Ian McDonald pubblica nuovi criteri diagnostici che comprendono anche nuove scoperte nel RM. Lo scopo è quello di accelerare la diagnosi per intervenire il prima possibile e rallentare la progressione della Sm.

Dal 2002 il Servizio Nazionale italiano distribuisce nei centri autorizzati il glatiramer acetato (Copaxone). Inoltre, il Ministero della Salute dà la sua approvazione sull’utilizzo del mitoxantrone (NOvantrone) nel trattamento delle forme secondariamente progressive.

Nel 2005 l’Associazione Americana per la Sm perfeziona i criteri di McDonald grazie agli studi di risonanza magnetica che diventa uno strumento sempre più valido e sicuro per la conferma della malattia.

Nel 2006 l’Italia approva il natalizumab (Tysabri), come trattamento di seconda scelta per le persone in cui la terapia con interferone non ha avuto successo e per le forme particolarmente aggressive.

Sclerosi multipla, il Codice di buone prassi

Nel 2007 la European Multiple Sclerosis Platform (EMSP), col sostegno del Parlamento Europeo, redige il Codice di buone prassi. Nel documento si chiede equità di diritti, accesso alle terapie innovative e una migliore qualità di vita per le persone con sclerosi multipla.

Tra il 2018 e il 2019 sono resi pubblici i risultati di diversi studi condotti sulle cellule staminali, derivate dal midollo osseo di soggetti affetti sa Sm aggressiva e recidivante. Sono in corso ulteriori ricerche per definire chi potrebbe trarne vantaggio. Il progetto lanciato dal Prof. Gianvito Martino ha dimostrato che il trattamento non comporta danni alla persona (link)