Schizofrenia

Uno studio sulle neuroimmagini condotto su oltre 1500 persone ha evidenziato le prime basi neurobiologiche per la diagnosi e la differenziazione della schizofrenia. La ricerca è stata coordinata dai ricercatori del Laboratorio di Neuropsichiatria della Fondazione Santa Lucia Irccs.

La rivista Molecular Psychiatry ha pubblicato lo studio che consentirà di migliorare l’intero processo di cura dei disturbi mentali. Ciò sia dal punto di vista preventivo che terapeutico. La ricerca “è basata sul più grande database mai utilizzato per lo studio delle basi neurali dei disturbi psichiatrici”, ha sottolineato l’Irccs in una nota.

Lo studio sulla Sindrome Deficitaria della Schizofrenia

Gli studiosi si sono concentrati particolarmente sulla Sindrome Deficitaria della Schizofrenia, disturbo dello spettro schizofrenico caratterizzato dalla presenza di sintomi negativi primari, stabili e duraturi. Tra questi, l’appiattimento affettivo, i ridotti interessi e la povertà dell’eloquio.

Le analisi delle neuroimmagini hanno confermato una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale di entrambi gli emisferi comune a tutti i disturbi dello spettro schizofrenico. La sindrome deficitaria della schizofrenia si contraddistingue per la riduzione dello spessore, più pronunciata in alcune aree specifiche dell’emisfero destro.

Sindrome Deficitaria e Sindrome Non-Deficitaria

La risposta al trattamento e le terapie adottate nei pazienti con Sindrome Deficitaria rispetto alla Sindrome Non-Deficitaria della Schizofrenia sono molto diversi. «Questa differenza ha addirittura portato alcuni esperti a distinguere la Sindrome Deficitaria della schizofrenia come una patologia a sé stante rispetto alla Schizofrenia». È quanto afferma Nerisa Banaj, psicologa, ricercatrice del Laboratorio di Neuropsichiatria della Fondazione Santa Lucia IRCCS e coordinatrice dello studio.

«Per questa ragione, saper distinguere le sindromi, grazie ad evidenze neurobiologiche, permette di anticipare e personalizzare il trattamento. Ciò prima che si verifichino gli eventi clinici gravi che confermano la diagnosi, ma mettono a rischio il paziente», conclude la psicologa.

I risultati sono stati raggiunti grazie al progetto ENIGMA

Il progetto ENIGMA (Enhancing Neuro Imaging Genetics through Meta Analysis) ha portato al risultato della ricerca. Il neuroscienziato americano Paul Thompson aveva promosso l’iniziativa nel 2009 per condividere i dati clinici e quelli di neuroimmagini acquisiti per finalità di ricerca. Lo scopo era quello di creare il più grande database oggi disponibile per la comprensione del cervello.

«Il nome “ENIGMA” – spiega la dott.ssa Federica Piras, ricercatrice – rimanda all’obiettivo principale del progetto. Ossia svelare i meccanismi neurobiologici alla base del funzionamento del cervello e associare ogni manifestazione clinica con le relative alterazioni cerebrali. E, in prospettiva, con i fattori genetici ed ambientali che contribuiscono all’eziologia del disturbo. Risultati come questo permetteranno, in futuro, di migliorare l’intero processo di cura dei disturbi mentali, sia dal punto di vista preventivo che terapeutico».

Schizofrenia: lavoro sarà approfondito negli anni futuri

Il lavoro richiederà ancora anni di ricerche.  I dati sono stati «raccolti – dichiara Piras – secondo criteri di anonimato garantiti da tutti i partecipanti al consorzio ENIGMA. Il primo promotore in Italia di questo progetto è stato il dott. Gianfranco Spalletta, psichiatra, direttore del laboratorio di neuropsichiatria della Fondazione Santa Lucia IRCCS. Egli lo ha seguito e indirizzato fino alla sua prematura scomparsa il 18 marzo di quest’anno. Abbiamo ottenuto grandi risultati di ricerca e ci aspettiamo ancora molto dalla partecipazione al consorzio ENIGMA. Per questo siamo grati al dott. Spalletta al quale è dedicata, da tutti i membri del laboratorio, questa importante pubblicazione».