Sale, il nemico di una sana alimentazione e della buona salute. Può sembrare esagerato definirlo in questo modo, ma in realtà il sale è il principale fattore di rischio per ipertensione arteriosa, che a sua volta è causa di malattie cardiovascolari come infarto del miocardio e ictus cerebrale. Un eccessivo consumo è anche stato associato a malattie cronico-degenerative, come il tumore allo stomaco, osteoporosi e malattie renali.
Da ieri e fino al 20 marzo saremo nella Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale. Promossa dalla World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH), ha lo scopo di sensibilizzare la popolazione a consumare meno di 5 grammi al giorno di sale (circa 2 grammi di sodio). Raggiungere quindi il target raccomandato dall’OMS. Il consumo globale attuale è in media il doppio.
Meno sale negli alimenti: sensibilizzare i Governi
L’obiettivo principale di WASSH è promuovere tra i Governi una strategia che incoraggi le aziende alimentari a ridurre la dose di sale nei loro prodotti. Si stima infatti che la maggior parte di quello che ingeriamo – circa i tre quarti – sia già contenuto nei cibi confezionati. “Shake the Habit!” – dall’inglese: “cambia l’abitudine” – è lo slogan scelto per la settimana mondiale. Dal 2020 i fari sono puntati anche su zucchero e calorie in eccesso.
In Italia ci sono già delle politiche attive per la riduzione del sale. L’ultimo atto riguarda il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, approvato il 6 agosto 2020 nell’Intesa Stato-Regioni con lo scopo di prevenire le malattie croniche non trasmissibili.
Per limitare il consumo di sale, gli esperti consigliano: sostituirlo in cucina con spezie ed erbe aromatiche; ridurre la dose nelle ricette preferite, sciacquare le verdure e i legumi dello scatolame; non mettere a tavola sale e salse. Non meno importante, il controllo delle etichette: leggere gli ingredienti di un alimento preconfezionato ci aiuta a scegliere quello meno salato ma anche meno grasso, zuccherino e calorico.