Ristoro

Il Senato ha bocciato il subemendamento che avrebbe garantito un ristoro alle famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita dopo aver contratto il Covid. Soprattutto all’inizio della pandemia tanti medici e non solo, si sono ammalati pur di non lasciare soli i pazienti. In 369 non ce l’hanno fatta.

La senatrice Maria Cristina Cantù, della Lega, aveva presentato il subemendamento 2.1500/32, che ha avuto un percorso travagliato, fino alla bocciatura. La commissione Bilancio ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, infatti, aveva dato parere contrario. La senatrice lo aveva poi riformulato e così era stato accolto dal governo. Per il momento, però, non è bastato.

Nessun ristoro per famiglie medici deceduti, delusione di Anelli

“La mancata approvazione del subemendamento – ha dichiarato Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri – presentato dalla senatrice Maria Cristina Cantù è un’occasione persa. L’occasione di dimostrare gratitudine ai medici che hanno dato la loro vita per continuare a curare durante la pandemia”.

“Dispiace che non si siano trovati i fondi – ha aggiunto Anelli – per poter dare un ristoro anche simbolico, oltre che economico, alle famiglie di questi colleghi. Si tratta medici di famiglia, liberi professionisti, specialisti ambulatoriali, odontoiatri. Famiglie che, in molti casi, sono, insieme alla perdita umana, rimaste prive dell’unica fonte di sostentamento e alle quali sono negati gli indennizzi Inail”.

“È giusto – ha concluso il presidente Fnomceo – che ora il Paese riconosca il loro sacrificio, il sacrificio delle loro famiglie e provveda a quanti sono rimasti a ricordarli, sopportando, oltre al dolore della perdita, situazioni economiche anche drammatiche”.

Operatori sanitari morti per Covid sono vittime del lavoro

L’Ona – Osservatorio nazionale amianto, con il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, ritiene da tempo che l’infortunio da Covid-19 sia da classificare come infortunio sul lavoro. Anche grazie al contributo dell’Ona i medici deceduti sono stati equiparati alle vittime del dovere. I familiari delle vittime del dovere hanno sempre trovato nell’ONA supporto e assistenza legale. Ora l’associazione, con i suoi professionisti, è pronta a supportare anche le famiglie dei medici e degli operatori sanitari che hanno perso la vita a causa del Covid.

I diritti di chi ha contratto il Covid sul luogo di lavoro

Il personale sanitario che ha contratto il Covid-19, ha diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere. Le infezioni da virus sono considerate malattie infortunio, ed in quanto tali, se contratte in occasione del lavoro, danno diritto all’indennizzo Inail. Il diritto alla salute è, infatti, un principio fondamentale, riconosciuto dalla Costituzione e, in quanto tale, tutelato sotto vari aspetti.

Qualora l’infezione sia dovuta alla negligenza del datore di lavoro, è dovuto anche il risarcimento del danno differenziale. In caso di decesso, sono dovute le prestazioni Inail di reversibilità ed anche il risarcimento dei danni iure proprio. In questo ultimo caso alla famiglia spetta anche la prestazione economica una tantum del Fondo delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, prevista anche per i lavoratori non assicurati con l’Inail.

L’Ona in questi ultimi 20 anni è stata al fianco delle vittime dell’amianto e delle vittime del dovere. Ora è pronta a sostenere le famiglie degli operatori sanitari deceduti a causa della pandemia.