cosenza medico

Il movimento femminista Fem.In. di Cosenza è in lotta per il diritto all’aborto nella città calabrese. Un diritto che sostengono ormai negato, visto che l’unico ginecologo non obiettore si è dimesso; l’ospedale hub quindi al momento non garantisce più l’interruzione volontaria di gravidanza, un servizio che era già appeso a un filo. Inoltre secondo la denuncia del comitato, nemmeno nei consultori è possibile abortire, perché la pillola RU486 non è distribuita dalla Asp Cosenza. “Ad oggi, abortire in provincia di Cosenza significa andare a Castrovillari – spiegano – dove è disponibile soltanto l’IVG chirurgico“.

In nessun altro presidio ospedaliero dell’ASP di Cosenza è possibile interrompere una gravidanza, né chirurgicamente, né farmacologicamente” – denuncia il movimento femminista sulla sua pagina facebook. “Nel 2019 abbiamo dovuto raccogliere centinaia di firme per introdurre la pillola abortiva all’Annunziata. Un metodo utilizzato da oltre dieci anni nel resto d’Italia, qui non era mai arrivato. Da due anni in altre regioni lo stesso metodo farmacologico è stato introdotto direttamente nei consultori, evitando l’ospedalizzazione e agevolando le donne in termini logistici ed economici“.

Fem.In. nel frattempo offre sostegno alle donne che in questo periodo saranno in maggiore difficoltà rispetto al passato. “Non esitate a contattarci: qualsiasi sia la vostra scelta saremo vostre alleate. Mentre ci organizziamo per ristabilire un diritto fondamentale, facciamo in modo che nessuna rimanga sola e indietro”.

Si dimette l’unico ginecologo non obiettore a Cosenza

Dal 2018 l’unico medico che praticava le Ivg all’Annunziata di Cosenza era il dottor Francesco Cariati: tra le 200 e le 300 ogni anno. Una situazione insostenibile, soprattutto da quando l’altra collega con cui condivideva il servizio, non c’è più. “Tutto è diventato più gravoso, anche psicologicamente” – ha risposto il medico, intervistato da Repubblica.it.

Cariati aveva segnalato più volte l’assenza di spazi dedicati e di personale, purtroppo il suo appello è rimasto inascoltato e spesso le pazienti per Ivg erano sistemate in stanze con partorienti. Una carente gestione che si traduce in una assoluta mancanza di tatto da parte della struttura sanitaria nei confronti delle donne. “Ho cercato sostegno per gestire un servizio che ormai gravava soltanto sulle mie spalle. Addirittura ero arrivato a mettermi d’accordo direttamente con anestesisti e infermieri per stabilire il giorno in cui erano liberi da altre attività ospedaliere per affiancarmi durante gli interventi di Ivg” – ha spiegato ancora il medico alla stessa testata nazionale. Insomma a causare le sue dimissioni, una situazione ormai insostenibile.

Ora è il tempo delle richieste. Le femministe chiedono l’assunzione immediata a Cosenza di almeno due medici non obiettori; la pubblicazione dei dati, da parte dell’azienda sanitaria, sull’applicazione della Legge 194, con i numeri di tutte le figure mediche obiettrici e non; l’applicazione da parte della Regione delle Linee Guida per l’aborto con metodo farmacologico, con l’istituzione della relativa voce di spesa nel bilancio.

Calabria, ma anche Molise e tante strutture in Italia

Negli ultimi tempi l’Italia, se non sta facendo passi indietro sul diritto all’aborto, non ne sta facendo in avanti. Eclatante infatti il caso del Molise, di pochi mesi fa, che ha indetto un bando per medici non obiettori, con la prova scritta andata deserta. Risultato: uno degli unici due specialisti non obiettori, il dottor Michele Mariano, nell’unica struttura in cui è possibile interrompere la gravidanza nella regione – l’ospedale di Campobasso – è andato in pensione dopo averla già rimandata per garantire il servizio, ed è rimasta soltanto la sua collega. Tutti gli altri infatti sono obiettori.

L’associazione Luca Coscioni, a giugno, in occasione della relazione annuale del Ministro della Salute al Parlamento sulla Legge 194, aveva denunciato l’eccessiva percentuale di obiettori di coscienza. “Una cosa è molto chiara – aveva commentato Filomena Gallo, avvocato e segretaria nazionale dell’associazione – La legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese“.

A farle eco le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove, coautrici dell’indagine “Mai dati”. “La percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza (che secondo la Relazione è del 33%) deve essere ulteriormente ridotta perché non tutti i non obiettori eseguono IVG. Non basta conoscere la percentuale media degli obiettori per regione per sapere se l’accesso all’IVG è davvero garantito in una determinata struttura sanitaria. Perché ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro“. Secondo l’indagine in Italia sono 31 le strutture sanitarie con il 100% di obiettori di coscienza; circa 50 quelli con il 90% e più di 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.