Carlo Calcagni

Il nome di Carlo Calcagni, Colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano, è associato a una lunga e pervicace lotta contro l’uranio impoverito e contro il “muro di gomma” innalzato da parte delle Istituzioni. Come pilota militare, ha partecipato a missioni internazionali in luoghi di conflitto come Bosnia-Erzegovina, svolgendo, tra le numerose missioni, anche il servizio MEDEVAC (evacuazione medico-sanitaria), il più nobile dei servizi per la collettività: “salvare vite umane”. Purtroppo nel 2002, mentre era in servizio, ha scoperto la diagnosi infausta. Da qui ha inizio la sua “nuova” vita, affrontata da vero combattente. In questa intervista, il Colonnello Carlo Calcagni racconta la sua vita, i suoi amori e la sua ribellione alle ingiustie, con l’immancabile tenacia che lo contraddistingue

Intervista al Colonnello Carlo Calcagni

Colonnello Carlo Calcagni, lei è un simbolo di coraggio, resistenza e sacrificio. Ci racconta la sua storia?

La mia storia parte da lontano. Ormai, da lunghissimi 21 anni è iniziato quello che i più definiscono “il mio calvario”, ma che per me è la rinascita ad una seconda vita, più difficile e indubbiamente più complicata, ma sicuramente sempre degna di essere vissuta.

Nel 1996, adempiendo al mio dovere di servitore della Patria, ho prestato servizio nei Balcani, in Bosnia-Erzegovina, in una missione internazionale di pace della NATO, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ebbene, proprio nell’adempimento del mio dovere, in qualità di pilota elicotterista, sono venuto in contatto con le nanoparticelle di uranio impoverito e ne ho contratto una serie di patologie multiorgano ed una polineuropatia cronica, degenerativa ed irreversibile, con sclerosi e Parkinson. 

Ho incontrato un nemico invisibile, subdolo, sconosciuto a me e ai miei compagni e commilitoni, ma non a chi sapeva e avrebbe dovuto tutelare i suoi uomini, fornendo i dispositivi di protezione necessari e mettendo in atto le procedure per la salvaguardia della loro salute.

La cartella clinica dimostra un quadro sconcertante

Ad oggi, la mia cartella clinica è una serie infinita di patologie, che cerco di tenere a bada, con terapie che impegnano ogni mia giornata e che mi faranno compagnia fino alla fine dei miei giorni. Sono palliativi, che mi permettono di rivedere l’alba del giorno successivo, di ritardare l’avanzare della malattia, non sono certo la cura risolutiva.

Quella, purtroppo, non esiste. Benché io sia anche oggetto di sperimentazione clinica, in Italia e all’estero, e desti persino lo stupore dei medici che mi hanno in cura, per la resistenza e la resilienza che mi caratterizzano, di fatto sono consapevole, come lo sono i miei familiari, che la malattia farà il suo corso. Posso solo sperare che il suo avanzare sia il più lento possibile, per poter godere ancora a lungo dei miei affetti più cari.

Missione di pace. Carlo Calcagni “sono e sarò sempre un fedele servitore dello Stato”

Essere contaminato da metalli pesanti durante una missione di pace, in nome e per conto dello Stato, è stato il punto di partenza di una serie di patologie.
Si sente tradito dalle Istituzioni che sembrano negare ciò che è sotto gli occhi di tutti?

La mia storia è nota ai più, eppure desta ancora scalpore. È una storia di sacrificio, coraggio, determinazione, tenacia, resistenza. 

Ogni giorno combatto su due fronti. 

Da un lato, quello clinico-medico, sottoponendomi a terapie costanti, tra pastiglie, circa 300, da assumere ogni giorno, flebo, plasmaferesi, per non parlare di interventi, programmati e non, setticemie cui far immediatamente fronte, quando si presentano…

Dall’altro, quello burocratico-legale, per il riconoscimento dei miei diritti. Nello specifico, io sono e sarò sempre un fedele servitore dello Stato, un soldato leale che ha giurato fedeltà al Tricolore, un Uomo che crede ancora, nonostante tutto, nelle Istituzioni del nostro Paese.

Tra il quadro clinico e quello burocratico si interpone l’aspetto psicologico di un Uomo che non si arrende, mai, e che oggi, più di ogni altra cosa, vorrebbe solo poter indossare nuovamente con orgoglio la divisa, quella stessa che ho indossato nel Ruolo d’Onore fino al 31 dicembre del 2021 e che, dal 1 gennaio 2022, mi è stata tolta, per mancanza di requisiti.

Alle Istituzioni, che ho servito con onore e per le quali ho sacrificato la mia gioventù e il mio futuro, la serenità mia e quella della mia famiglia, la mia carriera, in sintesi, la mia vita, chiedo solo di poter continuare ad onorare un giuramento pronunciato anni addietro. Oggi avrei ancora tanto da dare, nonostante tutto, ed il rammarico di non poterlo fare mi addolora ed incupisce le mie giornate.

Una diagnosi affrontata con coraggio da Carlo Calcagni

Come ha affrontato la terribile diagnosi?

Come ho affrontato la diagnosi?! 

Si immagini un ragazzo nel fiore degli anni, proiettato a grandi successi, con una brillante carriera. Elogiato, encomiato, apprezzato negli ambienti militari, ricercato dai più alti vertici per le missioni più delicate. C’è sempre un angolo di cielo… Lo sa bene chi si arruola nella Folgore.

Per me c’è stato un angolo di terra, quella dei Balcani, da dove le pale del mio fedele elicottero, tradendomi, hanno sollevato le nanoparticelle di uranio impoverito, che mi hanno contaminato…

Non è facile fare i conti con una diagnosi nefasta come la mia. In un attimo crolla tutto. Crollano i sogni, le speranze per il futuro, i progetti. Crolla la vita intera. Così è stato per me e guai a pensare il contrario. Mi sono trovato di fronte a un bivio.

Un bivio: morire o vivere

Potevo lasciarmi morire o scegliere di vivere, nonostante tutto e tutti. Ho scelto la vita, quel dono meraviglioso che ognuno di noi ha ricevuto sin dalla nascita e che va difeso, protetto, onorato ogni giorno, valorizzandone ogni istante. Ho preso in mano il mio cuore fatto a pezzi, l’ho ricucito e mi sono rialzato.

L’ho fatto per me stesso, per una fede incrollabile che non mi ha mai abbandonato, per i miei cari, che mi hanno sempre sostenuto ed incoraggiato. Pensi, ho anche scelto, dopo aver scoperto la malattia, consapevolmente, di avere dei figli.

Una scelta non egoistica, ma dettata dall’immenso amore che sapevo di poter e voler donare. Oggi Francesca e Andrea sono la luce dei miei occhi, la mia ragione di vita, il mio tutto. Ho trasmesso loro, mio malgrado, un’alterazione genetica (pensi al potere dell’uranio impoverito di modificare addirittura il DNA!). Ci sono giorni in cui mi sento in colpa per questo, ma poi ringrazio il Signore per avermeli donati. Mi danno la forza di combattere, per affermare la vera verità. 

Tecniche di sopravvivenza del Colonnello Carlo Calcagni

Da buon militare quali strategie o meglio “tecniche di sopravvivenza” utilizza per fronteggiare la sua situazione?

Oggi vivo grazie all’affetto dei miei cari e delle tante persone che incontro quotidianamente lungo il mio cammino. Percepisco la loro stima, l’ammirazione, il sostegno. So, senza presunzione, di essere un punto di riferimento, un faro nelle avversità, un amico fedele per aiutarli nelle piccole grandi battaglie quotidiane per l’affermazione dei propri diritti.

Restituisco agli altri, o almeno ci provo, ciò che è stato sottratto a me. Ma è proprio donandomi agli altri che ne traggo linfa vitale anch’io e mi rafforzo, per continuare nella mia difficile quotidianità. E, poi, vivo grazie allo sport, mio fedele compagno di vita dall’età di tre anni. Lo sport non mi ha mai tradito, anzi. Mi ha reso più forte, resistente agli urti della vita, resiliente.

Mi ha reso un uomo migliore. Dopo la diagnosi della malattia, il mio rapporto con lo sport è cambiato. Prima gareggiavo per vincere, mi beavo in fughe solitarie, distaccavo di tanto i miei avversari… Poi, tutto è cambiato. Sono cambiato io, in meglio. Ecco allora che ho riscoperto nello sport il valore della condivisione, della collaborazione, dell’“uniti si vince sempre”.

Il delfino

Mi sono riscoperto un delfino, il simbolo del Team Calcagni, mammifero fedele, amico di tutti, sostenitore dei suoi simili, capace di riemergere dalle acque con acrobazie aeree, di incoraggiare il gruppo, di motivare e supportare nelle avversità del mare in tempesta…  Lo sport insegna che nessuno rimane indietro; lo sport è inclusione, strumento di valorizzazione delle potenzialità del singolo. Non contano le medaglie, sebbene ne abbia collezionate tante, in Italia e all’estero. Per me le medaglie più importanti sono i sorrisi delle persone che incontro, le loro parole di stima e ammirazione, la consapevolezza di fare del bene, di essere e di esserci, nonostante tutto e tutti. 

Un uomo fuori dall’ordinario

Ci può descrivere una sua giornata tipo?

La mia giornata non è scandita come una giornata di una persona qualunque. Del resto, io sono straordinario, nel senso di extra-ordinem, o egregio, inteso come ex-grege, “fuori dal gregge”: sono “diverso”. Impregnato di quella diversità, che non è un limite, ma una grande ricchezza. Non mi sono mai uniformato alla massa, neanche prima della malattia. La mia è stata una vita di privazioni, rinunce, sacrifici.

Quello che i miei compagni giudicavano pesante durante l’addestramento, per me era davvero nulla in confronto al tenore della mia vita, da adolescente, alle prese tra studi matti e disperatissimi e sacrifici, per aiutare mio padre nell’azienda vinicola di famiglia. Studio e lavoro, lavoro e studio.

Dunque, la mia giornata oggi, da “diverso” ancora più di ieri, non conosce l’alternarsi di giorno e notte. Riposo poco, in compagnia di un ventilatore notturno, che allevia le mie difficoltà respiratorie. Di giorno, trascorro il tempo tra somministrazione di farmaci, 300 pastiglie circa tra colazione, pranzo e cena, plasmaferesi, flebo, terapie varie, controlli ospedalieri. Insomma, una vita da malato cronico.

Eppure, io non mi sento malato, nel senso che la società e la cultura dei più riconoscono. Io non sono buttato in un letto, a piangermi addosso. Faccio le mie terapie e poi mi dono agli altri. Dono il mio tempo, attraverso un progetto di sensibilizzazione nelle scuole e nelle comunità civili in genere, dovunque richiedano la mia presenza; seguo le vittime del dovere nelle battaglie per il riconoscimento dei loro diritti; mi impegno a favore del prossimo. E poi, mi alleno, con costanza, tenacia, determinazione, per superare ogni giorno di più il me stesso del giorno precedente, convinto che i limiti non esistano, perché sono solo mentali!

Lo sport quale terapia

Lo sport è stato un elemento fondamentale nella sua vita, portandola a vincere una serie di meritatissime medaglie d’oro in diverse competizioni paralimpiche. E’ per lei uno strumento di recupero psicofisico?

Sopravvivo grazie alle terapie, vivo grazie allo sport! Lo sport mi permette di sentirmi vivo, mi aiuta a disintossicare il mio corpo, alimenta in me la forza e il coraggio di andare avanti. C’è stata una battuta d’arresto, importante. L’umiliazione di dover trasformare la bicicletta in un triciclo, per ovviare alle difficoltà dovute alla perdita di equilibrio legata alla mia patologia. Dopo un momento di iniziale scoramento, mi sono però rimboccato le maniche e ho collezionato, insieme al mio triciclo volante, numerose vittorie…

Una scelta obbligata

Tre ruote che rendono onore ad una disabilità che non si piange addosso, ma che sorride a tutto ciò che di meraviglioso ha la vita, per farlo risplendere ancora di più. 

Un triciclo che rende più stabile la mia corsa ormai minata dalle incertezze neurologiche e mi permette di diventare un campione paralimpico.

Sul mio triciclo volante ha ripreso quel volo interrotto, in altre forme e con altre ali: i miei pedali e, soprattutto, la mia mente.

In sella al mio triciclo, infatti, mi sembra di volare. Le gambe si piegano sotto sforzo sui pedali, la mia mente vola, verso più alti orizzonti, i miei pensieri ritornano nell’azzurro dell’immensità. E io torno ancora a volare… Mai Arrendersi!

Sport: il Team Calcagni

Parlando ancora di attività sportive, il suo impegno nello sport paralimpico è encomiabile. Eppure, nonostante la sua eccellente preparazione, è stato escluso dalle competizioni. Come sono andati i fatti e perché questa assurda discriminazione?

Lo Sport, in generale, lo sport paralimpico, in particolare, ha come principi fondanti l’inclusione, l’accoglienza, l’integrazione, nel calore di un NOI che si configuri come un’unità che arricchisca, tutti uguali e diversi nei bisogni, nei sentimenti, negli affetti, nell’intrinseca umanità di fondo.

C’è, infatti, la fragilità che è ombra, smarrita stanchezza del vivere, notte oscura dell’anima, e c’è la fragilità che è grazia, linea luminosa della vita; l’una sconfina nell’altra.

Disabilità, diversità, differenza: sfumature e sinonimi che perdono di sostanza se si riducono ad una mera etichetta!

Al contrario, ciascun atleta paralimpico, con la propria peculiarità, che è preziosità ed unicità, deve dimostrare quotidianamente come quelle sfumature terminologiche trovino senso solo nella ricchezza della diversità, risorsa e non ostacolo, ponte per intessere relazioni umane ricche e arricchenti, e non muro per dividere.

Talvolta, però, ho come l’impressione di trovarmi di fronte a muri invalicabili anziché a ponti attraversabili.

I valori del Team

Insieme ai membri del mio Team – il Team Calcagni, appunto –, sono testimone di come lo sport sia veicolo di valori positivi ed universali: la solidarietà, la lealtà, il rispetto della persona e delle regole, princìpi fondanti di ogni società sana. Mi piacerebbe vivere con questo stesso spirito anche la mia appartenenza al GSPD, ma non sempre è così.

Spesso capita di non essere coinvolto in significative attività sportive organizzate dallo stesso GSPD, né tantomeno di essere informato direttamente sulle attività che lo riguardano.

Queste situazioni di “mancata convocazione e disinformazione” mi rammaricano.

Pertanto, a fronte di alcune reiterate umiliazioni subite e mortificazioni vissute, mi si affollano incessantemente nella testa continui interrogativi sul senso della mia appartenenza al Gruppo.

Tra delusioni, disincanti e disillusioni, mi sforzo comunque, ogni giorno, di trovare una ragione per continuare ad appartenere ad un Gruppo, che, in passato, ogni qualvolta sia stato coinvolto, sono stato fiero ed orgoglioso di rappresentare, in nome degli ideali fondanti che, da Soldato, non posso non condividere appieno, configurandosi anzi come l’essenza stessa della mia e della nostra vita. 

“I AM, IO SONO IL COLONNELLO”: il docu-film sulla vita di Carlo Calcagni

Colonnello Carlo Calcagni

Nel documentario “I AM, IO SONO IL COLONNELLO”, diretto dal regista di Ability Channel Michelangelo Gratton, la vita di Carlo Calcagni è diventata un racconto che tocca il cuore di chiunque. Il film ha descritto la sua vita quotidiana, la sua passione per la bicicletta, con cui ha vinto due medaglie d’oro ai campionati mondiali di paraciclismo nel 2015, nel gruppo sportivo paralimpico della Difesa e tre medaglie d’oro agli Invictus Games 2016 di Orlando, in Florida, i giochi riservati a militari e veterani. Cosa si aspetta che questo film possa ottenere, in termini di cambiamento o consapevolezza?

Il Colonnello racconta…

Il docu-film è il racconto, toccante, emozionante e veritiero della mia vita. Non mi aspetto nulla, se non che sia diffuso, il più possibile, e possa veicolare un messaggio di speranza, tenacia, determinazione, ottimismo, nonostante tutto. Vorrei che tutti potessero concludere che, se posso farcela io, allora è possibile per chiunque risalire dal baratro. 

Mai Arrendersi non è semplicemente un motto, ma un vero e proprio stile di vita. Mai Arrendersi significa lottare, ogni giorno, per conquistare una fetta di felicità, anche quando il mondo rema contro, le avversità sono insormontabili, tutto sembra nero. Il sole sorge ancora e, con la luce della nuova alba, porta con sé un carico di promesse e di speranza. La vita vale sempre la pena di essere vissuta, senza sprecarne un solo istante. Per il resto, il docu-film dovrebbe divulgare ancora di più la mia storia. Posso solo augurarmi che, prima o poi, i miei diritti mi siano riconosciuti. Non chiedo alcun risarcimento, solo le scuse di chi ha sbagliato, alterando la realtà e negando la vera verità. 

Ho perso anni preziosi, ma confido ancora di poter ristabilire la verità, prima che sia troppo tardi. Faccio tutto quello che posso oggi, sempre. Da morto potrò fare ben poco!!!

Un messaggio per chi si trova nella stessa situazione

Lei è noto per la sua incrollabile testardaggine. Nonostante tutti gli intoppi e i soliti “muri di gomma”, continua a lottare per la giustizia e per il riconoscimento dei danni subiti. Qual è il suo messaggio per chi si trova in una situazione simile e si sente abbandonato dalle Istituzioni?

Il mio messaggio per chi si trova in una situazione simile continua, imperterrito, ad essere: “Mai Arrendersi!”. Prima o poi le cose cambieranno. Bisogna essere tenaci, caparbi, determinati, perseveranti. Il fatto che le cose, fino ad oggi, siano andate così, non significa che andranno sempre così, diceva qualcuno più importante di me. L’abitudine è pericolosa, nel momento in cui genera rassegnazione. La speranza in un domani migliore deve essere sempre la linfa vitale delle nostre giornate.

Le terapie dell’anima

Oltre alle sofferenze fisiche, immagino che la situazione vissuta abbia avuto anche un forte impatto emotivo. Quale terapia dell’anima la sostiene nel suo percorso quotidiano?

Per il corpo, ci sono le terapie. Tante, alle quali mi sottopongo quotidianamente, per non parlare dei ricoveri programmati tre volte l’anno in Inghilterra. Per l’anima, oltre ad un supporto psicologico costante, ci sono la forza di volontà ed una fede incrollabile, che mi sostiene e mi permette di affrontare con coraggio ed ottimismo le difficili prove della vita. Non mi sento solo, anzi. Il Signore mi protegge e guida i miei passi. E, se sono ancora qui, ci sarà un perché. Ecco perché ho scelto di donarmi, incondizionatamente, agli altri. Dono del tempo, che è un bene prezioso, che non torna più indietro.

Donare è un dare in senso pieno e profondo: un omaggio ai sentimenti, e non alla persona. Donare è dare in maniera incondizionata, senza sentire di dovere nulla all’altro e senza pretendere nulla dall’altro.

Questo faccio io, ogni giorno. Questo mio donarmi agli altri, senza nulla chiedere in cambio, è la mia quotidiana terapia dell’anima.

Cosa vuol dire la parola dono

Dono è da intendersi anche come donazione. Attraverso strade di campagna, lungo salite e discese che costeggiano il mare, in terre di grande generosità e calorosa emozionante accoglienza, divento protagonista del Tour per la Vita, della Run for Sla, o ancora, sotto la fulgida luce del cielo terso di Roma, porto il mio messaggio di speranza nella Bike4Fun – Gran Premio Liberazione a sostegno di ANED e AIDO.

Ogni mia singola pedalata celebra la forza e la bellezza della vita, soprattutto quando essa viene danneggiata per sempre ed irrimediabilmente da una malattia che diventa una terribile compagna.

Diffondo, così, il messaggio dell’importanza della donazione del sangue e degli organi.

Ricevere in dono sangue, organi e tessuti è (ri)avere, in qualche modo, una parte di vita, da rispettare, onorare, venerare, intonando ogni giorno il proprio Inno alla Vita e pronunciando, con estrema gratitudine, il proprio “Grazie” alle prime luci che appaiono nel cielo, con il sorgere di ogni nuova aurora, così come al loro delicato affievolirsi, con il sole che tramonta, sul far del crepuscolo.

Cosa c’è di più bello, grande, arricchente, del potersi donare agli altri, senza nulla chiedere?!

Caregiver e familiari: un ruolo importante

Colonnello Caregiver e familiari soffrono insieme ai pazienti. In che modo le sono di supporto i suoi cari e, conoscendola un po’ le capita di dover essere lei ad aiutare chi le sta accanto?

I miei cari mi sono accanto quotidianamente. Non è facile. Tutt’altro! Spesso è davvero complicato dover sostenere e supportare, incoraggiare e motivare ad andare avanti, quando in realtà si è impotenti. I miei genitori sono il mio sostegno quotidiano.

Sorrido. Sarei dovuto essere io il bastone della loro vecchiaia ed, invece, sono loro che, instancabilmente, sostengono me e ne sopportano pazientemente anche gli sbalzi di umore. Non è semplice starmi accanto. In alcuni momenti, come credo sia facilmente comprensibile, vorrei essere lasciato solo. Solo con i miei dolori, fisici e psichici, solo con i miei pensieri, che si affastellano tumultuosi nella mia mente.

L’amore per i figli

Poi, ci sono i miei figli: la luce dei miei occhi, la mia reale ragione di vita. Vivo per affermare la vera verità, perché a loro non sia raccontata una menzogna. Inoltre, ho intorno a me l’affetto incondizionato di chi mi vuole bene, dei miei fedeli compagni di viaggio del Team Calcagni. Al mio fianco ho sempre il mio Angelo Custode, che sarebbe estremamente riduttivo definire amico. Per me Franco è, infatti, un fratello, una fonte di sicurezza e tranquillità, anche quando affronto le tempeste più tumultuose.

Io, nel mio piccolo, aiuto gli altri, li sostegno, li incoraggio, li supporto, li sprono ad andare avanti con l’esempio e con la testimonianza credibile che nulla sia impossibile, se si crede veramente!

Rinascita a “nuova vita”

Nonostante la tragedia, pensa di aver tratto qualche insegnamento dalla sua terribile esperienza, che l’abbia in qualche modo fatta crescere personalmente, spiritualmente, portandola a riflettere sui veri valori della vita. E quali sono i valori cardine della sua esistenza?

La mia è una lunga ed estenuante storia di sofferenza, di battaglie di varia natura, di tentativi di affrancamento e liberazione dalle catene delle ingiustizie, delle umiliazioni e dell’indifferenza.

Tuttavia, nonostante questo, non ho mai smesso di sperare in un futuro di uguaglianza e democrazia autentiche: un futuro edificabile, mattone dopo mattone, grazie a piccoli gesti anonimi, ma straordinariamente necessari e imprescindibili, di tanti fragili forti eroi e eroine, partigiani e partigiane di ieri, di oggi e di domani che continuano e continueranno a lottare, nonostante tutto, ogni giorno, per quell’orizzonte infinito di Libertà, Amore e Giustizia, che è l’unica ragione per cui valga la pena di vivere e morire.

Solo grazie al valoroso coraggio di uomini e donne come me si potrà stabilire tra gli uomini un certo accordo di sentimenti che darà lume e colore a quei lanternoni che sono Verità, Virtù, Bellezza, Dignità e Onore – come ci ricorda Luigi Pirandello nel celebre passo tratto da Il fu Mattia Pascal sulla “lanterninosofia” – perché non siano più termini astratti, ma si sostanzino nella concretezza di gesti e azioni in una ineluttabile realtà effettuale.

Il Colonnello Carlo Calcagni

L’appello di Carlo Calcagni


Colonnello Carlo, vuole lanciare un appello e ringraziare qualcuno?

Un appello?! “Mai Arrendersi!”, perché, finché c’è vita, c’è speranza. 

Esorto tutti a vivere fluttuando, nonostante le difficoltà, sul mare tempestoso del viaggio della vita, nella sua mirabile fusione di dolce e amaro, proprio come è la mia quotidianità. 

Quello stesso mare tempestoso si trasforma, infatti, in bonaccia, quando ti avvolgono la ricchezza degli affetti più cari e la stima e l’ammirazione degli altri, che vedono in te un saldo punto di riferimento, una fonte di ispirazione. Allora la forza d’animo, la tenacia, la determinazione e la ferrea volontà ti spingono a pedalare senza sosta, come un abilissimo acrobata su quel filo d’acciaio, che (r)esiste con te. 

Ringrazio Dio e la Vita, che mi ha tolto tanto, ma mi ha dato molto di più!