Caffè

Il caffè è una delle bevande più conosciute e diffuse al mondo. Consumarlo è diventato un rito non solo per il suo gusto gradevole, ma anche perché rimanda al senso di convivialità ricercato da quasi ogni persona. Per molti anni, il caffè è stato associato a rischi per la salute. Recenti studi, invece, hanno accertato che la bevanda più amata dagli italiani può essere vantaggiosa contro diverse malattie croniche.

Tra queste sono ricomprese la sindrome metabolica, il diabete di tipo 2 e certi tumori (fegato, colon-retto, endometrio e prostata). Inoltre, le sue proprietà contrasterebbero alcuni disturbi neurologici come il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la depressione. Secondo i ricercatori, il consumo di caffè esercita un’azione neuroprotettiva nei confronti di queste due malattie neurodegenerative. Molti composti del caffè, infatti, presentano proprietà benefiche nell’alleviare i sintomi della malattia, ad esempio riducendo il deterioramento cognitivo e della memoria.

Alzheimer, il caffè mitiga l’aggregazione delle proteine Tau

Uno studio condotto dall’Università di Verona e pubblicato dal “Journal of Agricultural and Food Chemistry”, ha evidenziato le proprietà del caffè espresso sulla salute. La bevanda aiuta il cervello a proteggersi dalla malattia di Alzheimer, inibendo l’aggregazione delle proteine Tau. Queste, nelle persone sane, aiutano a stabilizzare le strutture del cervello. Se sono presenti, invece, patologie neurodegenerative, si accumulano tra loro, formando degli ammassi (cluster) che danneggiano il cervello. Prevenire il cluster può ridurre i sintomi delle malattie neurodegenerative.

Con il termine taupatia si usa definire un insieme di disturbi neurodegenerativi con sintomi di demenza e parkinsonismo. Ad oggi, tra le taupatie identificate, la più comune è la malattia di Alzheimer, che ha colpito circa 50 milioni di persone nel mondo, soprattutto ultrasessantacinquenni. Gli studiosi hanno concluso che la bevanda nel suo insieme e i suoi componenti mostrano un ruolo bioattivo. Pertanto il caffè è considerato un potenziale alimento funzionale.

Lo studio sul caffè condotto da un team italiano

Mariapina D’Onofrio, che ha guidato il team italiano, ha estratto alcuni frammenti dai chicchi di caffè. Ha, in seguito, individuato la composizione chimica utilizzando la risonanza magnetica nucleare. L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sugli alcaloidi caffeina, teobromina – presente anche nel cioccolato – trigonellina e il flavonoide genisteina. Proprio su questi si sono soffermati per compiere ulteriori esperimenti. Le molecole sono state incubate, in vitro, insieme a una forma abbreviata della proteina Tau per 40 ore.

Lo studio ha fatto emergere particolari rilevanti, ovvero che con l’aumentare della concentrazione di estratto di espresso, caffeina o genisteina, gli aggregati erano più corti. E, soprattutto, non solo sono risultati ‘non tossici’ per le cellule, ma non hanno agito inducendo ulteriore aggregazione.

Gli esperti ritengono necessario approfondire le ricerche, poiché lo studio potrebbe aprire la strada alla progettazione di altri composti bioattivi contro le malattie neurodegenerative. Inclusa la malattia di Alzheimer.

Malattie neurodegenerative, il futuro non è roseo

Il numero di pazienti con taupatie previsto nei prossimi anni è molto elevato a causa dell’aumento della popolazione anziana. Le malattie neurodegenerative sono attualmente incurabili, difatti non esistono trattamenti efficaci che modificano la patologia.

In questo drammatico quadro, una speranza sembra provenire dagli estratti di caffè verde e tostato. I loro composti principali sono stati studiati per la capacità mostrata a ostacolare la progressione della malattia di Alzheimer.