L’OMS – Organizzazione mondiale della Sanità ha pubblicato le nuove linee guida sull’aborto farmacologico. Si tratta di un manuale destinato agli operatori sanitari; lo scopo è aiutarli a fornire un servizio di qualità per le donne e ragazze che decidono di abortire. “La pubblicazione – spiega l’OMS – fornisce consigli clinici dettagliati per supportare l’attuazione della guida consolidata dell’OMS sulla cura dell’aborto, pubblicata nel 2022“.
I servizi clinici relativi all’interruzione della gravidanza con metodo farmacologico comprendono non solo la procedura stessa, ma anche la fornitura di informazioni e consulenza, la gestione del dolore e l’assistenza post-aborto, compresa la contraccezione.
Il ruolo chiave degli operatori sanitari
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“Gli operatori sanitari hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel fornire un’assistenza all’aborto di qualità che rispetti le scelte delle donne e delle ragazze e soddisfi le loro esigenze” – afferma Pascale Allotey, direttrice della ricerca e salute riproduttiva dell’Oms. “Questa guida mira ad aiutare gli operatori sanitari a fornire servizi sicuri, tempestivi ed efficaci per l’aborto, trattando le donne e le ragazze con dignità e rispettando i loro diritti“.
Nonostante questa nuova pubblicazione si concentri soprattutto sugli aspetti clinici della cura dell’aborto, resta fermo il fatto che anche gli operatori sanitari debbano ricevere adeguato supporto nel loro lavoro. Per offrire un servizio adeguato alle donne che interrompono la gravidanza, devono sentirsi supportati, senza timore di essere giudicati o senza il timore di recriminazioni.
“L’aborto medico farmacologico o medico – afferma Bela Ganatra, capo dell’Unità globale per l’aborto presso l’Oms – ha svolto un ruolo fondamentale nell’espandere l’accesso all’aborto sicuro a livello globale, in particolare per donne nelle situazioni più vulnerabili che potrebbero non avere accesso alle strutture sanitarie o che hanno bisogno di mantenere la privacy evitando i ricoveri, quindi è importante che i professionisti possano facilitarlo“.
Come funziona l’aborto farmacologico
L’aborto farmacologico è associato a costi ridotti rispetto all’approccio chirurgico. Non, purtroppo, anche ad un minore impatto psicologico sulla donna. Tuttavia una gestione della procedura più autonoma e più intima, può essere un sostegno. Tuttavia bisogna sottolineare che le conseguenze possono variare da persona a persona e dipendono da una serie di fattori individuali: età, situazione sociale, aspettative personali; nonché ovviamente il supporto disponibile.
I farmaci utilizzati nell’aborto farmacologico sono il mifepristone e il misoprostolo, e fanno parte dell’elenco dei medicinali essenziali dell’Oms.
Il mifepristone è uno steroide sintetico che si usa per bloccare l’azione del progesterone, ormone necessario per la gravidanza; così facendo si interrompe la gestazione entro le prime settimane. In associazione a questo farmaco, si usa il misoprostolo, che è una prostaglandina. La sua azione è quella di interrompere la gravidanza provocando contrazioni uterine e perdite ematiche simili a quelle di una mestruazione abbondante: durante questa fase saranno espulsi i tessuti embrionali.
L’aborto in Italia e il metodo farmacologico
L’Italia è uno dei Paesi con i tassi di aborto più bassi al mondo. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, nel 2020 sono state 66.413 le IVG: -9,3% rispetto al 2019, a partire dal 1983.
Nel nostro Paese il metodo più usato è ancora quello chirurgico, anche se in epoca gestazionale sempre più precoce: il 56,0% degli interventi si effettuato entro le prime 8 settimane; il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana. L’aborto farmacologico evidenzia un incremento: nel 2020 il 35,1% degli interventi si è svolto con i farmaci.