Il 27 settembre 2024, al Palazzo Kechler di Udine, si è tenuto un convegno di rilevanza nazionale dal titolo “Morti da Nascondere – La Sindrome dei Balcani”.

A organizzarlo, l’Osservatorio Nazionale Amianto e l’Accademia della Legalità.

L’evento ha affrontato le conseguenze devastanti dell’esposizione a uranio impoverito, amianto e altre sostanze tossiche durante le missioni militari italiane nei Balcani.

Tra i principali relatori, l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, ha messo in evidenza casi emblematici come quello dell’alpino Sergio Cabigiosu, che ha ottenuto il riconoscimento legale come “vittima del dovere”. Le testimonianze dei partecipanti, tra cui il colonnello Carlo Calcagni e Paola Vegliantei, presidente dell’Accademia della Legalità, hanno sottolineato la grave negligenza istituzionale e la necessità di una più forte protezione per i militari esposti a gravi rischi

Esposizione letale: i morti da nascondere e la Sindrome dei Balcani 

Il convegno “Morti da nascondere- La Sindrome dei Balcani” ha rappresentato un’occasione per dibattere su un tema che spesso viene ignorato dalle istituzioni.

Si è parlato delle malattie che hanno colpito migliaia di militari italiani, costretti a operare in ambienti saturi di sostanze pericolose come l’uranio impoverito e l’amianto.

Le missioni nei Balcani, in particolare, sono emerse come tra le più rischiose in termini di esposizione a queste tossine.

Hanno infatti hanno causato gravi danni alla salute dei militari e, in alcuni casi, la morte.

Tra i relatori, il presidente ONA, Ezio Bonanni, la presidente dell’Accademia della legalità, Paola Vegliantei.

Presenti anche la fisica e nanopatologa Antonietta Gatti e Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa.

Fabio Carlone, responsabile del dipartimento vittime del dovere del sindacato SUM e il neuropsicologo Enzo Kermol.

E ancora, il tenente Sergio Cabigiosu, vittima di patologie asbesto-correlate e Mariano Pecoraro, padre del paracadutista Emanuele Pecoraro, detto “Pek”, deceduto dopo una missione.

Bonanni: una battaglia contro il silenzio di stato

Ona e Accademia della legalità. Il link dell’intervento

L’avvocato Ezio Bonanni, da anni in prima linea nella difesa dei militari, ha denunciato con forza la mancanza di misure preventive da parte del Ministero della Difesa e ha fornito dati allarmanti.

«Sono settemila i militari che si sono ammalati e cinquecento quelli che hanno perso la vita a causa dell’esposizione a sostanze tossiche durante le missioni».

Bonanni ha puntato il dito contro l’utilizzo di un “cocktail” di sostanze tossiche e mutagene, combinato a una somministrazione massiva di vaccini, che ha aggravato la vulnerabilità dei soldati.

Ha inoltre evidenziato il rischio intergenerazionale: «Il problema non riguarda solo i militari, ma anche i civili e le future generazioni che vivranno nelle regioni contaminate». Una dichiarazione che accende i riflettori sulla devastazione ambientale e sanitaria nelle aree di conflitto, implicando conseguenze a lungo termine per le popolazioni locali.

Il Caso Cabigiosu: una vittoria in tribunale

Tra le vicende citate da Bonanni spicca quella del tenente degli alpini Sergio Cabigiosu, che ha segnato un punto di svolta nella giurisprudenza italiana. Cabigiosu, impiegato in missioni come l’operazione “Joint Forge” a Sarajevo, ha contratto una leucemia mieloide cronica dovuta all’esposizione a uranio impoverito e amianto.

Dopo anni di sofferenza e battaglie legali, il Tribunale di Verona ha emesso una sentenza definitiva nel 2024.

Ha infatti riconosciuto il militare come vittima del dovere.

Risultato?

I Ministeri della Difesa e dell’Interno sono stati condannati a un risarcimento di 285mila euro, oltre a un assegno vitalizio.

Questa sentenza è fondamentale perché «inverte l’onere della prova», obbligando lo Stato a dimostrare che le esposizioni non siano state causa della malattia.

«Si tratta di un precedente importante per altre vittime – ha affermato Bonanni – poiché evidenzia le responsabilità istituzionali nei confronti del personale militare».

Il Colonnello Calcagni e la presidente dell’Accademia della legalità Vegliantei

Il Colonnello Carlo Calcagni, anche lui colpito da una malattia legata all’esposizione all’uranio impoverito, ha offerto una testimonianza toccante.

Emozionante il racconto della sua lotta quotidiana contro una malattia degenerativa. La sua storia rappresenta un esempio vivente delle conseguenze tragiche subite dai militari italiani.

Paola Vegliantei, presidente dell’Accademia della Legalità, ha posto l’accento sulla necessità di rompere il muro del silenzio che circonda queste vicende.

«La lotta per il riconoscimento delle vittime del dovere è lunga – ha affermato – ma è essenziale continuare a esercitare pressione affinché le istituzioni si assumano la responsabilità dei danni inflitti ai nostri militari».

Giustizia per le vittime: basta morti di Stato

Il convegno ha offerto una piattaforma di dialogo e riflessione su uno dei capitoli più dolorosi della storia militare italiana. Le parole dell’avvocato Bonanni, affiancate dalle testimonianze di Calcagni e Vegliantei, hanno messo in luce l’urgenza di un cambiamento nelle politiche istituzionali.

La battaglia per il riconoscimento delle vittime del dovere è tutt’altro che conclusa.

Tuttavia, grazie alla determinazione di figure come Bonanni e all’impegno di organizzazioni come l’ONA e l’Accademia della Legalità, si sono compiuti passi importanti verso una giustizia a lungo negata.

Le storie di questi militari devono essere ascoltate e lo Stato ha il dovere di agire, non solo con parole, ma con misure concrete e tempestive.