povertà alimentare

Da quando ci sono la pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina, la povertà alimentare tra le fasce più fragili della popolazione è andata via via aumentando. E questo nonostante gli aiuti. Ed è oggi una delle conseguenze più gravi della crisi economica, sanitaria ed internazionale.

A Padova per rispondere a questa emergenza, c’è un food truck che da qualche giorno gira per le strade della città. Distribuisce circa 100 pasti caldi completi a settimana alle persone senza fissa dimora, agli anziani e alle famiglie che fanno fatica a portare il pasto a tavola. Il progetto si chiama “Cucina Mobile“. E’ stato realizzato da Fondazione Progetto Arca, con il sostegno di Japan Tobacco International (JTI) Italia; con la collaborazione del Comune di Padova, della sociale Cosep e dell’associazione “Noi sulla Strada”.

Povertà alimentare, il duro colpo della pandemia

Nel 2020, durante i primi mesi della pandemia, in Italia il numero degli indigenti è aumentato di circa il 40% su scala nazionale, con picchi del 70% al Sud. Riportava, all’epoca, Banco Alimentare tramite il presidente della Fondazione, Giovanni Bruno: “Il 77% delle famiglie già fragili ha visto cambiare la propria disponibilità economica e il 63,9% ha ridotto l’acquisto di beni alimentari. Dal 2008 al 2016 il numero dei poveri è raddoppiato per poi assestarsi intorno ai 5 milioni“. Tra questi, anche anziani e bambini che con le loro famiglie vivono al di sotto della soglia di povertà.

Anche Action Aid aveva lanciato l’allarme, pubblicando un Rapporto dettagliato. Quest’ultimo evidenziava che “sono i minori e le donne i soggetti più esposti alla povertà alimentare“. “Il lockdown ha aumentato l’insicurezza alimentare per le famiglie, colpendo in particolare coloro che vivevano in condizioni di precarietà. La perdita del lavoro per interi nuclei famigliari dall’inizio della pandemia ha spinto verso la povertà nuove fasce della popolazione a rischio, esponendole alla mancanza di cibo adeguato. A fronte dell’aumento delle richieste di aiuto, solo una piccola parte delle famiglie in stato di bisogno ha ricevuto assistenza tramite i buoni alimentari, la misura di emergenza varata dal Governo e erogata dai Comuni”.

Situazione attuale: in Italia il 22% della popolazione a rischio

Oggi in Italia le persone a rischio di povertà alimentare sono il 22,3% della popolazione. Lo dice una recente ricerca condotta dal professor Stefano Marchetti dell’Università di Pisa e Luca Secondi dell’Università della Tuscia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Social Indicators Research. Partito dall’Indagine sulla Spesa delle Famiglie italiane del 2017 dell’Istat, ha evidenziato una variazione regionale che passa dal 14,6% dell’Umbria, al 29,6% dell’Abruzzo, al 18,7 % della Toscana. Le disuguaglianze sono accentuate su ortaggi, carne e pesce.

L’indagine – ha spiegato il prof. Marchetti – non riguarda la povertà assoluta, cioè l’impossibilità di comprare un dato paniere di beni alimentari, ma la povertà relativa. Ossia coloro che hanno una capacità di spesa per alimenti al di sotto di una certa soglia media. In Italia si attesta intorno ai 162 euro pro-capite. Una cifra che varia da regione a regione e da ricalibrare nel caso di famiglie numerose“.

L’insicurezza alimentare si verifica quando la quota della spesa per il cibo supera il 40% della spesa totale. La stima di questo parametro, per gli italiani, riguarda circa 2 milioni di persone (3,6% della popolazione); il picco massimo è in Calabria (9,7%), quello minimo in Veneto (0,9%), Friuli (1,2%) e Toscana (1,5%).

Destinare una quota elevata della propria spesa al solo cibo – sottolinea ancora Marchetti – denuncia una difficoltà a sostenere le spese per la casa, la salute e i servizi di base necessari, mettendo le persone a rischio di esclusione sociale. Questo naturalmente richiede interventi e politiche economiche volti a consentire condizioni di vita più eque e sostenibili per l’intera popolazione; specie se consideriamo che la ricerca traccia un quadro pre-pandemia e che il COVID19 potrebbe aver incrementato le disuguaglianze a livello nazionale“.