plastica riciclabile supermercato

Una alleanza tra consorzi per avere in circolazione una plastica riciclabile con percentuali sempre maggiori. E’ quella che hanno annunciato nei giorni scorsi i consorzi di riciclo Corepla (Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica) e Conai (Consorzio nazionale imballaggi); e le associazioni Unionplast (Unione Nazionale dei trasformatori di plastica) e Ippr (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo).

Lo scopo è la “creazione di un nuovo schema di certificazione per attestare la riciclabilità degli imballaggi in plastica e un’azione di maggiore coordinamento e supporto per le attività di divulgazione scientifica, culturale e di ricerca per la diffusione di buone pratiche di sostenibilità ed economia circolare“.

L’economia circolare promuove la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nel ciclo: consumatori, imprese, associazioni, enti, istituzioni.

Plastica riciclabile, un nuovo schema di certificazione

Gli esperti degli enti che hanno sottoscritto il protocollo, lavoreranno insieme per la realizzazione di un nuovo schema di certificazione per la plastica riciclabile, perché sia presente in misura sempre maggiore negli imballaggi.

Il nuovo schema si affiancherà agli strumenti già esistenti per consentire alle imprese di adeguarsi e migliorare, anche in vista della scadenza del 2030, quando infatti sarà possibile mettere in commercio soltanto packaging riciclabile.

Ma qual è la situazione attuale per quanto riguarda il riciclo della plastica in Italia?

Soltanto il consorzio Corepla, nel corso del 2021, ha avviato a riciclo 722.218 tonnellate di rifiuti di imballaggi in plastica, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. “Di queste – spiega – 684.615 tonnellate derivano dalla raccolta differenziata urbana, mentre 37.603 tonnellate da commercio e industria (raccolte presso le piattaforme PIFU e PEPS)“. Clicca per leggere il report dettagliato.

Riciclare imballaggi conviene alle tasche e all’ambiente

Nel Rapporto di Sostenibilità 2022, il Conai ha reso noti i dati relativi al riciclo ed al recupero dei materiali. Il risultato è che riciclare imballaggi fa bene sia all’ambiente che all’economia: i benefici ammontano infatti a 1 miliardo e 525 milioni di euro.

Recuperati materiali per un valore economico di 614 milioni di euro. Dieci milioni di euro invece il valore dell’energia prodotta avviando gli imballaggi non riciclabili a recupero energetico; evitato anche il consumo di quasi 26 terawattora di energia primaria, l’equivalente del consumo elettrico medio domestico di circa 7 milioni di famiglie italiane in un anno.

L’indotto economico generato dalla filiera, è di 625 milioni. La CO2 non emessa grazie al riciclo, calcolato sulla base di quanto definito dalla Direttiva 2009/33 del Parlamento Europeo, ammonta a 276 milioni di euro. “Il riciclo – spiega Conai – si conferma anche un attore importante nella lotta al cambiamento climatico. Grazie all’impegno del sistema consortile, infatti, lo scorso anno è stata evitata l’emissione in atmosfera di 4,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Una quantità pari a quella generata da quasi 11mila tratte aeree Roma-New York andata e ritorno“.

Plastica riciclabile, ma non solo: gli altri materiali

La plastica, per il suo forte imopatto sull’ambiente, è da sempre al centro dell’attenzione, ma non bisogna trascurare l’importanza degli altri materuali nel riciclo.

I materiali riciclati da Conai sono: acciaio (285mila tonnellate); alluminio (16mila tonnellate); carta (318mila tonnellate, equivalenti a 528 milioni di risme di fogli formato A4); legno (916mila tonnellate, equivalenti a 42 milioni di pallet); plastica (519mila tonnellate) e bioplastica (140mila tonnellate); vetro (1 milione e 796mila tonnellate, pari a 5 miliardi di bottiglie di vino da 0,75 litri). “Un lavoro di gestione dei rifiuti di imballaggio che ogni anno evita il riempimento di circa 8 discariche di medie dimensioni, vere e proprie cicatrici sul nostro territorio“.

Italia, 2020: l’impatto del Covid sulla filiera

Anche l’associazione Ippr ha scattato una fotografia del riciclo della plastica, ma relativamente al 2020, l’anno della pandemia da Covid 19. Ha stilato due report, uno quantitativo ed un qualitativo.

Per l’aspetto quantitativo, ha preso in considerazione i dati di 212 operatori della filiera delle materie plastiche rigenerate impiegate dall’industria italiana di trasformazione. I dati sono, nello specifico, di 127 aziende di trasformazione, 71 compoundatori/riciclatori oltre ad altri 14 stakeholder della filiera (recuperatori, importatori e commercianti di macinati/rigenerati).

I materiali sono quelli di largo consumo: LD/LLDPE; HDPE; PP; PVC; PS / EPS; PET; plastiche miste (limitatamente alle fonti post-consumo). Esclusi i polimeri tecnici. Gli ambiti analizzati, quelli dell’imballaggio (rigido / flessibile; alimentare e non); edilizia e infrastrutture; igiene e arredo urbano / urbanistica; articoli casalinghi e mobile, più relativa componentistica; agricoltura; tessile; elettrodomestici e trasporti.

Nel 2020 – si legge nel report quantitativo- sono stati utilizzati dall’industria di trasformazione nazionale circa 1.087 milioni di tonnellate di polimeri rigenerati, in calo del -7,5% rispetto al 2019, ritornando sui livelli registrati nel 2017. La ripartizione per polimero è oramai piuttosto consolidata e anche nel 2020 i principali rigenerati, in termini di volumi, restano i polietileni, che mantengono la propria quota a poco più del 30 (con leggera riduzione delle basse densità e lineari e un marginale aumento dell’alta densità).
Segue il polipropilene al 28%, con una quota in recupero, mentre al contrario flette il PET, che torna al di sotto del 20%. Mantiene la propria quota il PVC (7%), calano le stireniche (PS ed EPS) al 5% e aumentano le plastiche miste (10%)
“.

La plastica non più nemica, ma non si abbassi la guardia

mascherine plastica riciclabile

Sottilinea lo stesso report che “il 2020 è stato caratterizzato da una battuta d’arresto nell’impiego di rigenerati plastici, interrompendo una serie positiva che durava da anni. L’impatto delle misure di contrasto alla pandemia, in particolare i lockdown totali in primavera e parziali nella parte terminale dell’anno, hanno esercitato un impatto fortemente negativo sull’industria di trasformazione delle materie plastiche“. Le chiusure hanno determinato, infatti, un calo dei volumi in varie categorie di manufatti e semilavorati plastici.

Da un punto di vista qualitativo, le interviste hanno riguardato invece 80 soggetti tra aziende associate IPPR, stakeholder istituzionali e ONG; rappresentanti dalla GDO; soggetti del mondo finanziario quali banche, fondi di investimento e fondazioni. L’indagine si è svolta nei mesi di novembre-dicembre 2020 e gennaio 2021. Secondo quanto risulta, durante la pandemia la percezione delle materie plastiche è migliorata: “Tali prodotti, peraltro oggetto di restrizioni future, sono risultati necessari e fondamentali per rispettare le norme igieniche. Inoltre, tutte le applicazioni delle materie plastiche in campo medicale e di dispositivi di protezione hanno letteralmente salvato la popolazione“.

La plastica non è stata più il nemico assoluto da combattere, soprattutto se parliamo di plastica riciclabile. Purtroppo però bisogna rilevalere che la pandemia non ha accresciuto anche la consapevolezza ambientale dei cittadini e non ne ha migliorato le abitudini né l’educazione a tema ambientale. L’utilizzo dei materiali monouso, basti vedere a quanti dispositivi tra mascherine e guanti gettati a terra abbiamo trovato e continuato a trovare.