Che fine hanno fatto i nutrienti di una volta? Il contenuto nutrizionale dei nostri alimenti, un tempo ricco e potente, sta progressivamente scemando. Anche gli antichi sapori si perdono in ricordi lontani, quando il cibo pareva più gustoso. Il mistero è divenuto oggetto di un’indagine avvincente.

Scopriamo i leggendari “esperimenti a lungo termine di Broadbalk” e vediamo cosa è emerso dalle successive analisi dei campioni

Alla scoperta dei nutrienti perduti

Nutrienti: esperimenti alla tenuta di Broadbalk

Nutrienti. Immergersi nel paesaggio delle campagne inglesi potrebbe rivelare molto più di ciò che i nostri occhi vedono.

Dietro la maschera di “normalità” di vasti terreni coltivati si cela un misterioso esperimento scientifico, forse uno dei più affascinanti mai realizzati: una caccia ai nutrienti perduti. Ma saliamo sulla macchina del tempo.

Risalendo al 1843, la tenuta di Rothamsted in Inghilterra è stata testimone di un progetto epico. John Bennet Lawes, pioniere per quell’epoca, diede vita a una serie di esperimenti che ancora oggi lasciano il mondo scientifico stupefatto: i leggendari “esperimenti a lungo termine di Broadbalk“.

L’obiettivo era chiaro: testare l’impatto di fertilizzanti e concimi organici sulle coltivazioni di grano e orzo.

Ma ciò che accadeva in quei campi era solo l’inizio di un racconto durato oltre un secolo e mezzo.

Steve McGrath, scienziato del Rothamsted Research ad Harpenden- Hertfordshire (Inghilterra), sottolinea l’inestimabile valore di questa collezione (contenente oltre 300.000 campioni, di colture e di materiale organico), un archivio straordinario che abbraccia 180 anni di storia.

«È un viaggio temporale senza eguali: terre, concimi, campi. Unimmersione in un mondo antico che ancora oggi ci svela segreti nascosti», spiega con entusiasmo.

Nutrienti perduti su frutta e verdura

Ma quello che interessa, non è tanto la ricchezza di campioni, quanto il misterioso confronto fra la frutta e verdura di oggi, confrontandola con il passato. E qui inizia il mistero.

Il contenuto nutrizionale dei nostri alimenti, una volta ricco e potente, sembra celare segreti sconcertanti: una progressiva perdita di sostanze fondamentali.

Dubbi amletici

L’indagine sulle colture del passato e del presente apre scenari sorprendenti. Cosa è cambiato nei nostri campi e giardini, tanto da minare la ricchezza nutrizionale dei nostri alimenti? È colpa dell’agricoltura moderna? O c’è qualcosa di più sottile e profondo in gioco?

Le risposte a questo enigma potrebbero rivelare un capitolo inedito nella nostra storia alimentare.

La ricerca, tutt’ora in corso, potrebbe infatti portare alla luce non solo il declino dei nutrienti, ma anche la chiave per un futuro di recupero degli stessi.

Enigmi e misteri sui nutrienti

L’analisi di dati storici delle tabelle alimentari, un misterioso compendio di informazioni sulla composizione minerale di frutta e verdura, rivela effettivamente un apparente declino nel contenuto di micronutrienti nel corso del tempo.

E da qui inizia l’indagine.

Gli occhi scrutatori degli scienziati si sono posati dapprima su una serie di studi.

Uno, condotto nel 1997 da Anne-Marie Mayer, nota nutrizionista britannica, aveva confrontato i minerali presenti in venti frutti e venti verdure negli anni ’30, con quelli degli anni ’80. Risultato? La dottoressa riscontrò livelli inferiori di magnesio, rame e altri micronutrienti nell’ultima tornata.

Nel 2004, un enigmatico team statunitense scavò ancor più in profondità, confrontando i nutrienti in quarantantrè verdure crude coltivate tra il 1950 e il 1999.

Anche in questo caso, il panorama era sconcertante: sei nutrienti (proteine, calcio, fosforo, ferro, riboflavina e vitamina C) parevano essere in declino nel secondo lotto. Si trattava di un errore o…cosa?

Tenuta di Broadbalk: uno studio sui nutrienti che dura da 180 anni

Tesi e dubbi sui nutrienti perduti

McGrath solleva dubbi sulla veridicità di questi dati. «Le verdure provengono da mondi diversi. Paesi, climi, terreni e metodi di coltivazione differenti influiscono sulla loro composizione», sottolinea con saggezza.

Il mistero si infittisce quando un’ombra di dubbio si riversa su questi confronti storici.

Robin Marles, ex Consulente scientifico del Bureau of Nutritional Science, Food Directorate Health Canada, getta luce sull’enigma. Nel 2017, mise in discussione il confronto tra i dati delle tabelle alimentari, poichè “diversità di colture, maturazione e dimensioni dei campioni possono distrorcere la verità”.

Mayer, altrettanto consapevole di certi errori aggiunge: «C’erano incongruenze nel sistema. Gli editori accorpavano dati provenienti da studi differenti, mescolando informazioni senza coerenza».

L’analisi comparativa si scontra insomma con variabili discordanti: metodi differenti, campioni diversi e un contesto mutevole.

Nel 2022, la stessa Meyer pubblicò uno studio in cui confrontava dati del Regno Unito del 1940, 1991 e 2019. I risultati rivelarono un declino dei nutrienti dal 1940, con un crollo significativo di sodio, ferro, rame e magnesio. L’interrogativo di Mayer è cristallino: «Il valore nutrizionale del cibo è cambiato nel tempo?».

Bella domanda. Certo è che l’analisi incappa in uno scetticismo generalizzato.

I dubbi della nutrizionista

Anche la nutrizionista portoghese Helena Trigueiro, esterna agli studi, solleva dubbi sull’eterogeneità dei metodi e dei campioni: «Confrontare articoli con metodi così difformi e contesti così vari risulta arduo».

Non solo i campioni alimentari mostrano eterogeneità, ma i metodi analitici utilizzati in laboratorio hanno subito variazioni nel tempo. Questa disparità nel confronto tra misurazioni attuali e storiche solleva dubbi sul reale cambiamento dei nutrienti nel cibo stesso.

Il centro dell’enigma ritorna dunque alla tenuta di Rothamsted, dove esperimenti a lungo termine hanno esaminato il grano, pilastro dell’alimentazione britannica.

L’indagine inizia dall’analisi della farina di frumento, che costituisce una parte significativa dell’apporto calorico e proteico del Regno Unito. McGrath sostiene: «Dobbiamo analizzare le colture di base, poiché sono il fulcro dell’alimentazione». «Abbiamo avuto tecnologie come l’assorbimento atomico solo dopo il 1970. Prima era il Far West». Questo rende ambigue le conclusioni: la diminuzione dei nutrienti potrebbe derivare da cambiamenti nella tecnologia di analisi, non dal cibo stesso. Come nel gioco dell’oca, si ricomincia.

Uno studio che si perde nei secoli

Come detto, in un’epica saga scientifica che abbraccia 180 anni, Rothamsted, custode di segreti agricoli, si è focalizzato sui misteri del grano. Ed ecco che uno studio del 2008 condotto da McGrath, svela la cronologia del declino nutrizionale del grano.

In pratica, fino al 1967, i minerali nei chicchi erano stabili. Tuttavia, dopo il 1968, di registrò un’enigmatica flessione di zinco, rame e magnesio. Colpa del suolo?

Lo stesso studio effettuato sul periodo tra il 1865 e il 2000, ha confermato che non è il terreno ad impoverirsi, nonostante oltre il 60% dei suoli europei sia considerato insalubre.

Il mistero s’infittisce…

A cosa si deve il declino?

Il crollo osservato, coincide con la Rivoluzione Verde degli anni ’60. Introdotti per aumentare i rendimenti e nutrire una popolazione crescente, i grani ad alto rendimento hanno fatto più danno che altro. Confrontando varietà moderne con quelle antiche, si è scoperto infatti che le prime contengono meno minerali, non per cause ambientali ma per alterazioni genetiche interne alla pianta.

Le varietà moderne, più ricche di carboidrati per sostenere rese più abbondanti, diluiscono altri nutrienti. Questi chicchi, apparentemente prolifici, nascondono una realtà inquietante: un decremento del 19-28% di zinco, rame, ferro e magnesio rispetto alle varietà più antiche.

Ma il mistero si dipana oltre i confini britannici. Uno studio del 2020, analizzando campioni di grano da 16 Paesi, conferma il trend globale. Carboidrati in crescita, proteine e minerali in flessione: il quadro è simile. Poi il colpo di scena…

Entra in gioco l’elemento atmosferico

inquinamento aria
Nutrienti: gli effetti del monossido di carbonio


L’aumento di biossido di carbonio nell’aria gioca un ruolo nell’evoluzione nutrizionale del grano, un dettaglio sfuggito a molte indagini precedenti.

L’aumento dei gas serra nell’atmosfera potrebbe essere l’artefice di tutto. Se così fosse, toccherà prepararsi a un futuro di carenze nutrizionali?

Gli esperimenti condotti confermano ahimè le previsioni: più carboidrati, meno proteine, ferro, zinco e vitamine. Questi risultati, simili a un enigma, svelano che l’aumento di anidride carbonica innesca una reazione nei tessuti vegetali che diluisce i nutrienti vitali.

Insomma, la vita su questa Terra dipende dall’integrità delle piante. Ma il loro scenario evolutivo, scritto in un’atmosfera sempre più carica di CO₂, potrebbe portare a tavola piatti meno nutrizionali. La resa potrebbe crescere, ma il prezzo è la qualità.

La misura del 5% di riduzione dei nutrienti può sembrare un piccolo dettaglio, ma quando si traduce in milioni di persone affette da carenze, diventa un problema di dimensioni globali.

Ecco perché, in un mondo in cui le colture moderne sperimentano una metamorfosi, la risposta risiede soltanto nella nostra attenzione verso il suolo e l’ambiente,

Del resto, in un mondo in cui la vita stessa dipende da ciò che mettiamo nel piatto, è ora di risolvere il mistero prima che scompaia la soluzione stessa.

Fonti

chemistryworld