Un recente studio condotto dal Park Centre for Mental Health in Australia ha sollevato un velo di mistero su una possibile connessione tra la convivenza dei bambini con i gatti e il rischio di sviluppare la schizofrenia. La ricerca, pubblicata su Schizophrenia Bulletin, ha fatto scalpore

Gatti e bambini
Gatti e bambini: attenzione alle malattie

Gatti: attenzione ai bambini… Pardon bambini attenti ai felini

Secondo i ricercatori australiani, i bambini che crescono in compagnia dei loro gatti potrebbero avere più del doppio delle probabilità di sviluppare disturbi psicotici nella loro vita adulta.

A sottolinearlo, “Cat Ownership and Schizophrenia-Related Disorders and Psychotic-Like Experiences: A Systematic Review and Meta-Analysis” un suggestivo articolo che ha catturato l’attenzione della comunità scientifica globale.

Gli esperti hanno condotto un’indagine approfondita, analizzando dati provenienti da un campione di studi condotti in undici Paesi diversi (senza limitazioni geografiche o linguistiche), dal 1980 al 2023.

Da qui lo sconvolgente verdetto che, confutando numerosi studi sugli effetti dei felini relativamente all’ansia e allo stress, ci avverte sul rischio schizofrenia.

Sarà vero che i gatti fanno ammalare i bambini?

Il dibattito è tuttora aperto e le ipotesi sono molteplici: potrebbe trattarsi di una coincidenza, di un effetto causale o forse c’è una spiegazione ancora sconosciuta che lega questi due elementi in modo più profondo?

A dire il vero, ancora non è arrivata una sentenza definitiva. Interessante tuttavia conoscere i passaggi che hanno portato a lanciare l’allarme.

Il responso dell’Odds Ratio

L’Odds ratio (OR) “rapporto di probabilità e il rischio relativo” che misura questa associazione, è stato calcolato a 2,35, mentre la stima aggiustata si è attestata a 2,24. Questi numeri sottolineano un chiaro aumento nel rischio di sviluppare disturbi psicotici tra gli individui esposti ai gatti durante la loro crescita.

Tuttavia, il mistero si infittisce ulteriormente quando si cerca di definire l’età o il periodo di tempo esatto dell’esposizione, che potrebbe determinare questo rischio.

Studi a confronto

Alcuni studi indicano che l’età più critica potrebbe essere l’infanzia ma i dettagli rimangono sfuggenti.

Nello specifico, una ricerca condotta in Finlandia ha inizialmente evidenziato una correlazione tra l’esposizione a gatti nei primi anni di vita e determinati punteggi su scale di valutazione specifiche legate alla schizofrenia.

In aggiunta, un altro studio nel Regno Unito ha trovato associazioni tra l’esposizione ai gatti durante l’infanzia, a 4 e 10 anni, e un aumento delle esperienze psicotiche all’età di 13 anni.

In entrambi i casi tuttavia è emerso che vi sono altri fattori scatenanti, concomitanti, non ancora identificati.

Ma l’indagine continua. Ammesso che la vicinanza dei gatti provochi la schizofrenia, chi è il responsabile di tutto?

Toxoplasmosi
Toxoplasmosi: durante la gravidanza meglio evitare i gatti

Tutta colpa del Toxoplasma gondii: attenti alle feci di gatto

Il Toxoplasma gondii (T. gondii), un parassita protozoario intracellulare responsabile della toxoplasmosi sarebbe l’eroe cattivo della vicenda.

L’infezione, contratta da circa il 25% della popolazione mondiale, provoca una serie di patologie: cecità neonatale, conseguenze sulla vista, disabilità mentale, convulsioni.

Per tali motivi, alle donne in stato di gravidanza viene fortemente consigliato di fare attenzione al contatto con le feci dei gatti. Per le persone con sistemi immunitari compromessi, come i pazienti affetti da AIDS o sottoposti a trapianti di organi, questa infezione può essere addirittura letale, richiedendo terapie quotidiane per contrastarne gli effetti devastanti. Ma c’è di più.

Schizofrenia
Schizofrenia: una delle cause può essere la toxoplasmosi

Le prime prove che fanno sospettare il nesso gatti/ schizofrenia

Uno una meta-analisi del 2012, pubblicata su Schizophrenia Bulletin, aveva svelato un legame sorprendente: i pazienti affetti da schizofrenia presentavano quasi tre volte più probabilità di avere anticorpi del toxoplasma nel sangue, suggerendo una stretta correlazione tra infezioni pregresse e la comparsa della patologia.

Inoltre, alcune manifestazioni della schizofrenia sembrano essere mitigabili con farmaci antiprotozoari, suggerendo che un’eventuale infezione da T. gondii potrebbe essere correlata a tali sintomi.

Ma il viaggio nell’universo della schizofrenia non si esaurisce qui. Un aspetto affascinante emerge quando si confrontano i diversi fattori di rischio. La disparità tra il rischio associato ai parenti di primo grado affetti da schizofrenia e specifici polimorfismi genetici, lascia intendere che vi sia un misterioso intreccio tra genetica e ambiente.

Non solo gatti

Questa criptica relazione tra il parassita e la schizofrenia si estende anche altri esponenti del regno animale. Le influenze della toxoplasmosi si riflettono nei cambiamenti comportamentali degli animali selvatici, conducendo a strategie di sopravvivenza alterate. L’esempio classico è dato dai ratti infetti, privi della paura dei gatti. Ma il mistero si fa più profondo quando si considera la salute della fauna marina. Un’enigmatica comorbilità legata al T. gondii è stata riscontrata tra i leoni marini della California, molti dei quali hanno incontrato difficoltà o perso la vita a causa dell’infezione.

La sorpresa? Il modo in cui questa infezione si è diffusa tra mammiferi marini è legato al nostro ambiente terrestre e all’ipotesi che alcuni gatti su una spiaggia sabbiosa siano stati i vettori.

Una ricerca da approfondire

La connessione tra i gatti e il Toxoplasma gondii svela una segreta lotta di sopravvivenza.

Questo parassita trova nei felini un terreno fertile per la riproduzione. Ciò si deve a un enigma biochimico: l’enzima delta-6-desaturasi.

A differenza di molti altri mammiferi, i gatti sono ricchi di acido linoleico poiché non producono l’enzima che lo converte in acido oleico, creando così un ambiente favorevole alla riproduzione del T. gondii esclusivamente nell’intestino felino.

Il ciclo vitale di questo parassita si chiude nel momento in cui, tramite le feci dei gatti, le uova del protozoo vengono disseminate sul loro pelo e sulle loro zampe, viaggiando ovunque il felino possa passeggiare o svolgere i propri “rituali di copertura” dei bisogni corporali.

Tuttavia, l’influenza del parassita sulla biologia del gatto può risultare limitata una volta completato il ciclo vitale. Negli esseri umani e in altri animali, l’incapacità del parassita di trasformarsi nella forma riproduttiva più grande consente la migrazione attraverso la barriera ematoencefalica, portando a conseguenze più gravi.

Insomma, la mancanza dell’enzima e la vita sociale indipendente dei gatti, rendono i felini i principali vettori di questa infezione. Le superfici e gli oggetti toccati da un gatto diventano, a loro volta, vettori secondari.

Fonti

John J McGrath et al, Cat Ownership and Schizophrenia-Related Disorders and Psychotic-Like Experiences: A Systematic Review and Meta-Analysis, Schizophrenia Bulletin (2023). DOI: 10.1093/schbul/sbad168

E. F. Torrey et al, Toxoplasma gondii e altri fattori di rischio per la schizofrenia: un aggiornamento, Schizophrenia Bulletin (2012). DOI: 10.1093/schbul/sbs043

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