La teoria del “flow”, sviluppata dallo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi, descrive uno stato di concentrazione intensificata, caratterizzato da una sensazione di fusione tra azione e consapevolezza. Quando lo sperimentiamo, siamo altamente performanti e perdiamo la cognizione del tempo. Neanche a dirlo, il suo impatto sulla salute psicofisica è sorprendente
Un tuffo nel flow
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Concetti simili al “flow” esistono da tempo. Ad esempio, la “polarizzazione dell’attenzione” è uno stato di concentrazione intensa proposto dall’educatrice italiana Maria Montessori all’inizio del XX secolo. Tuttavia, la versione moderna e scientifica è stata sviluppata dallo psicologo americano di origine ungherese Mihály Csíkszentmihályi negli anni ’70, il quale aveva osservato per la prima volta questo fenomeno studiando la creatività.
Artisti che lavoravano intensamente sui loro progetti sembravano infatti ignorare fame, fatica e disagio, completamente assorbiti nel loro lavoro. Questo lo ha portato a indagare la motivazione intrinseca, ossia quella spinta a fare qualcosa per il puro piacere di farlo, indipendentemente dai risultati esterni.
Studi recenti hanno dimostrato che sperimentare il “flow” non solo migliora il benessere psicologico, ma ha anche effetti positivi sulla salute fisica, in particolare sul cuore. Le persone che vivono spesso questo stato di immersione totale mostrano infatti una riduzione dei livelli di stress, una migliore salute cardiovascolare e una maggiore resilienza emotiva.
Differenze individuali nel “flow”
La frequenza e il contesto in cui sperimentiamo il “flow” variano notevolmente tra le persone. In altre parole, alcuni individui sono più predisposti rispetto ad altri, e ciò dipende in parte da differenze genetiche individuali, ma anche da fattori ambientali. Questi possono includere le circostanze specifiche delle attività che si svolgono, le distrazioni, gli stati mentali, il contesto familiare, sociale, lavorativo o esperienze specifiche dell’infanzia.
Il potere del “Flow”
Scoprire il “flow” e incorporarlo nella propria vita quotidiana, non solo migliora le nostre performance o la produttività, è un modo per connetterci con noi stessi.
La domanda sorge spontanea: chiunque è in grado di raggiungere questa condizione?
Uno studio sul tema
Un team guidato da Emma Gaston dell’Università di Melbourne, co-supervisionato da Laura Wesseldijk del Max Planck Institute for Empirical Aesthetics, ha approfondito la questione in uno studio pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry.
Nello specifico, i ricercatori hanno indagato se il nevroticismo influenzasse la relazione tra “flow” e salute mentale e se fattori familiari come genetica o ambiente precoce giocassero un ruolo. Hanno anche testato se i problemi di salute mentale riducessero l’esperienza del “flow”. Risultato?
Risultati della ricerca
Lo studio ha esaminato 9.300 persone dal registro dei pazienti svedesi. I risultati hanno mostrato che chi sperimenta spesso il “flow” ha un rischio inferiore per diagnosi come depressione, ansia, schizofrenia, disturbo bipolare, disturbi legati allo stress e malattie cardiovascolari. Questo conferma l’effetto protettivo del “flow” sulla salute mentale e cardiovascolare, ma la relazione è più complessa di quanto inizialmente pensato.
Manipolare il “Flow” per la salute?
L’idea di utilizzare il “flow” come metodo per ridurre depressione e ansia è interessante, ma richiede ulteriori ricerche. Non è ancora chiaro come si possa manipolare il “flow” e quali conseguenze ne deriverebbero.
Come raggiungere questa condizione di “beatitudine”?
A seguire, i fattori che costituiscono la flow experience:
Bilanciamento tra sfida e abilità: l’individuo deve percepire che le sfide sono adeguate alle proprie capacità. Se il compito è troppo difficile rispetto alle proprie abilità, si sperimenta ansia; se è troppo facile, subentra la noia;
Fusione tra azione e consapevolezza: l’azione diventa automatica e senza sforzo;
Senso di controllo: l’individuo sente di avere il controllo delle proprie azioni e delle loro conseguenze;
Obiettivi chiari e feedback immediato: la chiarezza degli obiettivi e il feedback costante permettono un’esperienza fluida;
Attenzione e concentrazione totale: l’individuo è completamente concentrato sul compito;
Perdita dell’autocoscienza: la consapevolezza di sé si dissolve nell’attività;
Distorsione della percezione del tempo: il tempo sembra passare in modo diverso;
Gratificazione intrinseca: Csíkszentmihályi ha ipotizzato l’esistenza di una personalità autotelica, incline a godere delle attività per il loro stesso piacere, caratterizzata da curiosità e attenzione al momento presente.
Attività e campi di applicazione
Attività come suonare uno strumento musicale, dipingere, fare sport o lavorare su un progetto creativo possono facilitare l’accesso a questa forma di concentrazione profonda.
Quanto agli ambiti di applicazione, sono molteplici: dalla creatività artistica alla scienza, dallo sport alla scrittura letteraria. Questa esperienza ottimale non è limitata a situazioni eccezionali, ma può essere vissuta anche in attività quotidiane, a seconda delle valutazioni soggettive e delle caratteristiche personali dell’individuo.