Autonomia differenziata

Il divario esistente tra i servizi sanitari delle diverse Regioni è destinato ad aumentare se si assegneranno maggiori autonomie alle ricche Regioni del Nord. L’autonomia differenziata, infatti, così come delineata dal Ddl Calderoli, aggraverà le differenze in termini di qualità e disponibilità di servizi.

È la Fondazione Gimbe a lanciare l’allarme in seguito all’ultimo monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) effettuato dal Ministero della Salute. La Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta ha analizzato i dati del monitoraggio e ha concluso che “la Sanità va esclusa dalle materie oggetto dell’autonomia differenziata”.

Le pericolose scorciatoie per la sanità

Secondo il suddetto Ddl Calderoli, le materie per le quali sono necessari Livelli essenziali di prestazioni (LEP) “non possono essere trasferite dallo Stato alle Regioni prima della definizione stessa dei LEP. Ciò al fine di garantire in tutto il territorio nazionale un livello di prestazioni minime. Evitando che il trasferimento di competenze alle più ricche Regioni del Nord determini un peggioramento dei servizi per i cittadini del Sud”, rende noto Gimbe.

Pochi giorno fa, però, “il Comitato per l’individuazione dei LEP ha suggerito una pericolosa scorciatoia per la sanità”, afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Il Comitato ha proposto che non sarebbe necessario definire i LEP perché già esistono i LEA. Ma nonostante il loro monitoraggio annuale e l’applicazione di Piani di rientro e commissariamenti, i LEA “di fatto non sono esigibili in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, con grandi diseguaglianze tra Nord e il Sud”.

La sanità fuori dalle materie dell’autonomia differenziata

Gimbe osserva che il divario tra le Regioni sarà “inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno assegnate maggiori autonomie alle più ricche Regioni del Nord”. Per questa ragione, in Commissione Affari Costituzionali del Senato, Gimbe ha richiesto “di espungere la sanità dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie”.

La Fondazione Gimbe ha analizzato l’attuale frattura Nord-Sud nel garantire il diritto costituzionale alla salute. Ma, sotto la lente della Fondazione è finita anche la “sanatoria” proposta dal Comitato LEP e i rischi che potrebbe comportare. “Si tratta di una vera e propria “pagella” per i servizi sanitari regionali – dichiara Cartabellotta – che identifica quali Regioni sono promosse (adempienti). E pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e quali bocciate (inadempienti)”.

Le Regioni inadempienti sono sottoposte ai Piani di rientro, che prevedono uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute. Nelle situazioni peggiori, si può arrivare al commissariamento.

Tutelare il diritto alla salute di ogni cittadino

Il monitoraggio del Ministero della Salute 2021 – conclude Cartabellotta – conferma il gap strutturale tra Nord e Sud. Ciò proprio nel momento in cui il Comitato LEP ritiene che in materia di salute non sia necessario definire i LEP vista la presenza dei LEA. Questa proposta suggerisce per le maggiori autonomie in sanità una scorciatoia pericolosa.

Infatti, il Ddl Calderoli rimane molto vago sul finanziamento oltreché sulla garanzia dei LEP secondo quanto previsto dalla Carta Costituzionale. Le nostre analisi sull’esigibilità dei LEA confermano anche per l’anno 2021 un enorme gap Nord-Sud. È evidente, dunque, che senza definire, finanziare e garantire i LEP, le maggiori autonomie in sanità legittimeranno normativamente questa frattura. Compromettendo l’uguaglianza dei cittadini di fronte al diritto costituzionale alla tutela della salute e assestando il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale”.