Disfagia

La disfagia è un problema molto frequente nella popolazione anziana ed è causato sia dall’età, sia dalla presenza di malattie neurologiche e muscolari

La disfagia è un problema molto frequente nella popolazione anziana ed è causato sia dall’età, sia dalla presenza di malattie neurologiche e muscolari.  Il disturbo è riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Quest’ultima la definisce come “la difficoltà o l’incapacità di spostare un bolo alimentare in modo sicuro ed efficace dalla bocca all’esofago”. Può essere causata da malattie neurologiche come l’ictus, neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer e da debolezza muscolare. Si tratta di una condizione clinica in costante aumento che ha un elevato impatto sociale, sanitario ed economico.

Disfagia orofaringea, problematica in aumento

Di particolare importanza è la disfagia orofaringea, ovvero la difficoltà nel preparare il bolo nel cavo orale e nel suo trasferimento dalla bocca all’esofago.

«Si tratta di una problematica in aumento legata anche all’invecchiamento della popolazione con conseguente incremento della prevalenza di patologie neurologiche e vascolari». A parlare è Francesca Galeazzi, Dirigente medico presso la Gastroenterologia Azienda Ospedaliera Università di Padova, Consigliere nazionale AIGO Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri.

Le stime ufficiali attestano che circa il 13% della popolazione, dopo i 65 anni d’età, è colpita da disfagia orofaringea. Nei pazienti istituzionalizzati questa percentuale cresce fino a oltre il 70%.

Come si presenta il pericoloso disturbo

All’inizio i sintomi possono essere poco evidenti. «Il paziente può sentire il bisogno di trattenere il bolo in bocca per molto tempo», continua Galeazzi. Ma anche di «evitare alcuni cibi o addirittura rifiutare il cibo o effettuare molte deglutizioni ripetute. Può esservi anche perdita di saliva o di cibo dalla bocca. Possono essere presenti anche sintomi da inalazione per ingresso del bolo nelle vie respiratorie invece che nell’esofago all’atto della deglutizione. Come la voce “gorgogliante”, tosse dopo la deglutizione fino a quadri di vera e propria polmonite conseguenti all’ingresso del cibo nei polmoni, potenzialmente molto gravi».

Le cause possono essere diverse. Tra le più frequenti si devono citare i problemi cerebrovascolari, le patologie neurologiche e muscolari degenerative, le demenze, ma anche difficoltà nella masticazione. Molto spesso il disturbo colpisce i pazienti anziani, talvolta con problematiche cognitive, in cui il riconoscimento dei sintomi può essere più complicato.

Disfagia: diagnosi con strumenti semplici

La diagnosi può essere effettuata con strumenti semplici, quali questionari e test della deglutizione eseguiti dal personale sanitario anche al letto del paziente.

«La diagnosi andrà poi approfondita – continua Galeazzi – con diversi specialisti e professionisti sanitari. Tra questi l’Otorinolaringoiatra, il Gastroenterologo, il Neurologo, il Radiologo, il Fisiatra e i Fisioterapisti e Logopedisti. Possibilmente in modo multidisciplinare e con l’ausilio, se e quando indicato, di metodiche strumentali. Metodiche come lo studio radiologico in cui l’atto della deglutizione è filmato durante la deglutizione di un mezzo di contrasto».

Nel sospetto di un problema deglutitorio, si dovranno rispettare alcuni accorgimenti che possono essere adottati anche a domicilio. «Ad esempio – conclude l’esperta – assicurarsi che il paziente mantenga la posizione eretta durante il pasto. O cercare di abbassare il mento verso lo sterno al momento della deglutizione per favorire il corretto transito del bolo. O evitare pasti dalle doppie consistenze, con liquido e solido contemporaneamente».