La pandemia da Covid- 19 ha penalizzato l’allattamento al seno; lo rilevano gli esperti in occasione della Breastfeeding week, la settimana mondiale per l’allattamento al seno che terminerà il 7 ottobre.
“La pandemia di COVID-19 ha avuto pesanti ripercussioni sotto il profilo della salute, dell’alimentazione e del sostentamento” – si legge nel manifesto della World Alliance for Breastfeeding Action (Alleanza mondiale per interventi a favore dell’allattamento). La WABA è una organizzazione non governativa consultiva presso l’UNICEF e con status consultivo speciale presso il Consiglio economico e sociale dell’ONU.
“I neogenitori – ha spiegato – si sono ritrovati in situazioni particolari a dover decidere come alimentare i bambini appena nati. L’allattamento contribuisce in maniera importante ad affrontare il doppio problema della malnutrizione, garantisce la sicurezza alimentare e riduce le disparità. La pandemia ha ostacolato la possibilità di proteggere, promuovere e sostenere l’allattamento; compromettendo la rete di supporto all’interno e all’esterno dei sistemi sanitari e aumentando di fatto le disuguaglianze fra i diversi paesi e all’interno dei paesi stessi“.
Tra gli obiettivi di questa settimana c’è infatti anche quello di informare le famiglie; non solo: anche di proporre una solida alleanza tra i soggetti e gli enti, attivandoli ed impegnandoli per favorire l’allattamento al seno; nonché contribuire a radicare il concetto che esso garantisce alimentazione, ma anche sicurezza alimentare e riduzione delle disparità.
Breastfeeding, gli esperti italiani: “Recuperare il terreno perso”
Gli esperti italiani di allattamento al seno, appartenenti a 10 società scientifiche e federazioni professionali, hanno firmato un documento in cui sottolineano la necessità di “recuperare il terreno perso“. Sottolineano infatti che nei punti nascita italiani il supporto all’allattamento al seno per le mamme è dato, ma in maniera disomogenea nel Paese; in questo modo il breastfeeding è stato vulnerabile alla pandemia, ed alla fine ne è uscito penalizzato.
L’obietto è dunque rafforzare gli ospedali in questo senso. Nel 2014 li Tavolo Tecnico Allattamento del Ministero della Salute aveva condotto una ricerca; era emerso che soltanto 114 punti nascita su 220, avevano una politica aziendale definita sull’allattamento. Quella survey è rimasta per ora l’unica disponibile. Il latte materno – spiegano – è un “vero e proprio investimento per la vita che porta benefici di salute, socio-economici ed ecologici e rappresenta l’alimento naturale ed ottimale per tutti i neonati, in particolare quelli pretermine o con patologie“.
Il progetto è coordinato da Riccardo Davanzo, presidente della Commissione Allattamento della Società Italiana di Neonatologia (Sin); prevede che i dipartimenti materno-infantili che riusciranno a implementare le proprie politiche sul breastfeeding, potranno ricevere il riconoscimento di “Ospedale per l’Allattamento”. In prima linea sul tema ci sono la Società Italiana di Pediatria (Sip), la Società di Ginecologia e Ostetricia (Sigo) e la Federazione degli Ordini della Professione di Ostetrica (Fnopo).