In Italia sono 50 i farmaci orfani disponibili dall’inizio del 2023. Sono pari all’82% del totale dei 61 prodotti approvati a livello europeo dalla European Medicines Agency (EMA) tra il 2018 e il 2021. I farmaci orfani sono medicinali utilizzati per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento delle malattie rare.
In Europa, una malattia è considerata rara quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti. Ma al progressivo miglioramento della disponibilità di farmaci orfani si affianca una serie di difficoltà, soprattutto a livello territoriale. In primis, il costante aumento del numero delle malattie rare note, giunto, secondo una recente revisione della letteratura, a circa 10.000.
Le difficoltà delle persone con malattie rare
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Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Malattie Rare (OMaR), le persone con malattie o tumori rari incontrano difficoltà nell’ottenere il pieno riconoscimento del percorso assistenziale (42,9%). O nell’avere supporto psicologico (48,42%), aiuti economici (33,21%) e nel vedersi riconosciuta l’invalidità civile (30,23%). Questi tre fattori, uniti alla frequente perdita o diminuzione di lavoro per il paziente o per il caregiver, pesano sul bilancio delle famiglie. E dimostrano l’urgenza di finanziamenti, a partire da quelli già previsti, ma mai attuati, dal Testo Unico Malattie Rare.
Il supporto psicologico a volte è previsto dai Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (Pdta) e questi ultimi dovrebbero essere fruibili dai pazienti e dai sanitari.
Farmaci orfani, l’Italia ha speso 1,98 miliardi di euro
Sul fronte della spesa per i farmaci orfani, nel 2022 il nostro Paese ha speso 1,98 miliardi di euro. La cifra rappresenta circa il 6% della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn). I dati provengono dalle rilevazioni effettuate dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e riportate nel VII Rapporto Ossfor.
I consumi, invece, si attestano a 11,4 milioni di dosi (+35,7% rispetto all’anno precedente), pari allo 0,04% del consumo complessivo di farmaci.
«L’aumento della spesa a fronte di un consumo maggiore di farmaci orfani indica una disponibilità crescente di cure per le persone affette da malattie rare. Uno dei tanti elementi a sostegno dell’approccio secondo cui il denaro impiegato in sanità sia un investimento e non solo una spesa». È quanto dichiarato dal presidente Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità, Federico Spandonaro.
Rete delle malattie rare, ancora tanti i nodi da sciogliere
Le malattie e i tumori rari rappresentano le aree terapeutiche più attive per quanto riguarda il numero di studi clinici avviati. I problemi aumentano quando un paziente deve rivolgersi a un centro di riferimento fuori regione. Non è scontato che una volta tornato a casa con le sue prescrizioni, queste vengano riconosciute dalla regione di residenza. La rete delle malattie rare esiste, ma i nodi che la compongono fanno fatica a comunicare col territorio. «Un gap da colmare, si auspica, con il prossimo riordino delle reti», ha detto il direttore di OMaR, Ilaria Ciancaleoni Bartoli.
E se la diagnosi spesso si riesce a ottenere ‘in casa’, non è proprio così per la presa in carico. Solo il 49,05% l’ha ottenuta presso Centri di riferimento della propria regione di residenza. Apreoccupare è quel 21,63% di persone che non vengono prese in carico né all’interno, né fuori dalla propria regione.