Il tumore al pancreas è uno dei peggiori killer oncologici e il suo trend è in costante aumento. Attualmente è al quarto posto per mortalità. La stima è che possa continuare a crescere fino a diventare, nei Paesi occidentali, la seconda causa di morte entro il 2030.
In Italia i nuovi casi sono passati 14.300 nel 2020, quasi duemila in più rispetto al 2015 quando erano 12.500 i casi di carcinoma del pancreas. La malattia colpisce di più gli uomini, nella fascia età di età compresa tra i 65 e i 69 anni; e le donne tra i 75 e i 79 anni.
Tumore al pancreas, giornata mondiale il 19 novembre
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Il 19 novembre è la Giornata mondiale del tumore al pancreas. E’ l’occasione dunque per fare il punto e ricordare quali sono i principali fattori di rischio per questa malattia. Al primo posto c’è come sempre il fumo; segue poi una dieta con un eccesso di grassi animali; stile di vita poco sano; età avanzata; diabete pregresso; familiarità per tumore al pancreas.
I sintomi del tumore al pancreas non sono sempre evidenti, ecco perché il tasso di mortalità è tra i più alti: la diagnosi è spesso tardiva. I sintomi più frequenti sono ittero, nausea, vomito, dolore addominale o alla schiena. Tutti sintomi poco chiari, che possono essere sottovalutati dal paziente.
Pancreas, cura e ricerca per la lotta contro il cancro
La cura del tumore al pancreas consiste nella chirurgia (generalmente il 20-30% dei casi) e nella chemioterapia. La ricerca in questi anni sta facendo, comunque, passi da gigante per trovare cure alternative. L’ultima novità arriva da uno studio del CNR di Napoli che ha scoperto una nuova sottopopolazione di cellule staminali tumorali coinvolta nella formazione delle metastasi epatiche; tali cellule sono caratterizzate dall’espressione della proteina LAMC2, che rende i tumori più aggressivi e meno rispondenti alle terapie convenzionali. Questa scoperta potrebbe aiutare la ricerca a sviluppare nuovi farmaci contro il tumore al pancreas. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.
“La presenza di questa proteina favorisce la migrazione delle cellule tumorali in organi secondari e ne incrementa il potenziale di staminalità, rendendole altamente resistenti ai trattamenti chemioterapici e favorendo l’insorgenza di metastasi, in particolare nel fegato” – ha spiegato Enza Lonardo, che ha coordinato la ricerca.
Una proteina come sentinella per individuare il tumore
“Si tratta di una proteina assente nelle cellule del pancreas normale e invece presente e attiva in cellule tumorali che risiedono in un microambiente ricco della molecola TGFbeta1. La presenza di TGFbeta1 induce l’espressione di LAMC2, promuovendo così l’insorgenza di un cancro più aggressivo, che risponde meno alle terapie farmacologiche convenzionali” – ha aggiunto la ricercatrice. “Abbiamo osservato però che il trattamento dei tumori con il farmaco vactosertib, un nuovo inibitore del recettore del TGFbeta1, potenzia l’effetto del chemioterapico gemcitabina portando a una completa eliminazione delle cellule LAMC2 positive e a una drastica riduzione delle metastasi epatiche“.
L’obiettivo della ricerca è ora caratterizzare al meglio il tumore, per trovare terapie mirate e mettere a punto nuovi farmaci che aiutino nelle cure. Anche il ruolo dell’intelligenza artificiale è importante: sulla base degli esami di imaging (es. la Tac) e dei dati clinici precedenti all’intervento, può infatti predire le complicanze post-operatorie per ogni paziente.