Trapianti sperimentali

Il Consiglio Superiore di Sanità vuole definire meglio i protocolli per i trapianti sperimentali ed ha proposto l’istituzione di una Commissione Permanente Multidisciplinare per la valutazione dei protocolli terapeutici a base di prodotti biologici di origine umana. Lo scopo è andare verso la definizione del percorso e dei criteri da applicare in caso di trapianto sperimentale a base di sostanze biologiche di origine umana (SoHO). Il documento è stato pubblicato sul sito del Ministero della Salute.

Le necessità sono definire: i criteri per stabilire quando protocolli terapeutici, basati sull’utilizzo di cellule e tessuti, debbano essere considerati talmente innovativi da essere ritenuti sperimentali (e quindi debbano seguire un iter di approvazione); valutare la reale diffusione e applicazione di tali trattamenti presso strutture sanitarie.

Il documento propone dunque:

  • la ricognizione delle informazioni concernenti le tipologie di trattamenti e i dati identificativi delle strutture presso cui vengono effettuati;
  • l’istituzione di una Commissione Permanente Multidisciplinare per la valutazione dei protocolli terapeutici a base di prodotti biologici di origine umana;
  • la definizione del percorso e dei criteri da applicare in caso di trapianto sperimentale a base di sostanze biologiche di origine umana (SoHO).

I trapianti sperimentali a base di prodotti Soho

Organi, tessuti e cellule sono le Soho – Substances of Human Origin – sostanze biologiche di origine umana citati nel documento. I trapianti a base di Soho sono ormai una terapia consolidata, che permette di curare efficacemente le persone affette da gravi malattie per le quali non ci sarebbe altra cura. Tale procedura è possibile prelevando il materiale biologico da donatori volontari, oppure in alcuni casi utilizzando cellule prelevate dal paziente stesso.

Oltre ai trapianti normali, esiastono anche trapianti sperimentali, che rappresentano terapie “nuove” per alcune patologie. L’attuale normativa impone che tali attività siano sottoposte all’approvazione del Centro Nazionale Trapianti (CNT), dopo comunque aver ottenuto il parere positivo da parte del Comitato Etico locale e del Consiglio Superiore di Sanità (CSS).

Questi protocolli di trapianto innovativi si basano sull’impiego di tessuti e cellule per indurre la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato; oppure per ripristinare le funzioni perdute in alcuni organi. Un esempio è l’uso in varie applicazioni chirurgiche (ortopedica, vascolare, plastica, etc) di cellule staminali provenienti dal midollo osseo o dal tessuto adiposo. Tra i trapianti sperimentali, rientrano per ora tutti quegli interventi che coinvolgono arti, volto, utero e alcune tipologie di cellule. Alcuni di questi interventi, solo pochi anni fa, erano ritenuti irrealizzabili.

Le motivazioni del documento sui trapianti sperimentali

L’iter prevede che la struttura ospedaliera che intende sperimentare un trapianto mai realizzato in precedenza, sottoponga al Centro Nazionale Trapianti un protocollo sperimentale in cui siano indicate modalità, finalità e possibilità di riuscita. Oltre a questo, serve anche il parere del comitato etico che presiede a queste funzioni. Il CNT acquisisce il parere del Consiglio Superiore di Sanità, che ha facoltà di approvare il protocollo per un numero limitato di trapianti di cui si riserva di verificarne i risultati. Solo dopo una scrupolosa analisi dei risultati, un programma di trapianto può passare dalla fase sperimentale a quella ordinaria.

Negli ultimi anni gli utilizzi sperimentali hanno fatto registrare un forte aumento, ma con un impiego “non del tutto in linea con le indicazioni previste dalle buone pratiche cliniche o con l’iter di approvazione, con potenziale impatto sulla sicurezza dei pazienti“. Ecco quindi le motivazioni che hanno portato il Consiglio Superiore di Sanità ad impegnarsi sulla questione.

Si è assistito – è riportato nel documento allo sviluppo di numerosi protocolli terapeutici innovativi basati sull’utilizzo di cellule e tessuti (SoHO) allo scopo di riparare/sostituire un tessuto danneggiato o di ripristinare funzioni perdute. Lo sviluppo di questi protocolli innovativi di trapianto ha avuto un aumento quasi esponenziale, con applicazioni cliniche di vario tipo, talvolta non completamente in linea con l’iter di approvazione disciplinato dalle norme vigenti. Attualmente, la reale numerosità di tali trattamenti non è nota, così come non sono note le indicazioni cliniche per le quali tali prodotti sono applicati“.

Un gruppo coordinato dal Consiglio Superiore di Sanità

Il Consiglio Superiore di Sanità ha quindi creato intanto un gruppo di lavoro interdisciplinare. Il suo obiettivo è definire la gestione di protocolli terapeutici che impiegano sostanze biologiche di origine umana (Substances of Human Origin – SoHO), partendo in primis da una ricognizione dei prodotti e delle procedure di preparazione a base di SoHO applicati oggi in Italia. Poi si passerà all’istituzione della Commissione Permanente Multidisciplinare ed infine alla definizione del percorso e dei criteri da applicare in caso di trapianto sperimentale a base di SoHO.

La ricognizione dei prodotti e delle procedure di preparazione di prodotti a base di Soho, nell’attività corrente, inizierà dalle aziende sanitarie ospedaliere (compresi i policlinici universitari, IRCCS e ospedali classificati). Come riporta il documento, saranno esaminati vari elementi, tra cui:

  • tipologia di tessuti, cellule, altri prodotti biologici impiegati in protocolli terapeutici specificando la sorgente autologa o allogenica;
  • sede anatomica e modalità di prelievo, tipologia di intervento per il prelievo. tipo di struttura (ambulatorio, D.H., servizio trasfusionale, sala operatoria, etc);
  • ambiente/struttura in cui sono processati/preparati/manipolati i prodotti biologici (banca tessuti, sala operatoria, reparto, ambulatorio, studio medico, laboratorio diagnostico, altro); tipologia di lavorazione effettuata;
  • se utilizzati in combinazione con altri tessuti/cellule o altri prodotti biologici (quali emocomponenti) o in combinazione con dispositivi medici;
  • patologie per le quali sono impiegati;
  • struttura di somministrazione e modalità;
  • sede anatomica dell’applicazione;
  • anno di inizio del/dei protocolli; numero di pazienti trattati ad oggi; disponibilità dati di follow up/esiti clinici; eventuale progetto di ricerca e risultati;
  • se il trattamento ha avuto un’autorizzazione formale da parte di un Ente (es. Regione, Azienda sanitaria, comitato etico, CSS…) ed i relativi estremi;
  • eventuali finanziamenti del protocollo da parte di enti, e quali.

Trapianto di utero: a Catania dopo 2 anni nata una bambina

Una notizia stupenda, che fino a pochi anni fa non si sarebbe creduta possibile. Eppure il 2 settembre scorso a Catania, all’ospedale Cannizzaro, è nata Alessandra. La bambina è nata da un utero trapiantato nel 2020 in una donna 31enne, che ne era nata priva a causa della sindrome di Rokitansky. L’utero impiantato nella donna proveniva da una giovane donatrice deceduta: un’altra mamma di 37 anni; quest’ultima aveva espresso in vita il proprio consenso alla donazione al momento del rinnovo della carta d’identità. Il parto è stato cesareo, alla 34esima settimana, a causa del Covid contratto dalla madre. Alla neonata è stato dato il nome della donatrice, in segno di ringraziamento.

Quello di Catania, che ha avviato una sperimentazione nel 2018, è stato il sesto caso al mondo e il primo in Italia. La nascita di Alessandra è stata resa ancor più eccezionale dal fatto che la maggior parte dei trapianti di utero (90 in tutto il mondo) avviene da donatore vivente (31 bambini nati).

Il primo tentativo di trapianto di utero al mondo, avvenne in Arabia Saudita nel 2000, ma fu insuccesso dopo soltanto tre mesi. Il secondo tentativo, nel 2011: ebbe successo, ma non portò a gravidanze. La prima nascita, seguita poi da altre due nello stesso anno, nel 2014. Ad oggi è ancora un intervento sperimentale.

Il protocollo sperimentale in Italia dal 2018

L’Italia ha avviato nel 2018 il protocollo sperimentale per il trapianto di utero. Nella nota sulla notizia della nascita di Alessandra a Catania, il Ministero della Salute aveva evidenziato che “il protocollo sperimentale ha come obiettivo proprio il successo di una gravidanza della paziente trapiantata“.ù

Il primo passo è la riuscita del trapianto dell’organo da un punto di vista funzionale; successivamente, circa un anno dopo l’intervento, una volta stabilizzato il quadro clinico della paziente, viene avviato il percorso di procreazione medicalmente assistita.

“Secondo i criteri definiti dal protocollo, le potenziali candidate al trapianto sono donne con età compresa tra i 18 e i 40 anni con anamnesi negativa per patologie oncologiche, assenza di pregresse gravidanze a termine con esito positivo, affette da patologia uterina congenita (sindrome di Rokitansky) o acquisita (atonia uterina postpartum). Al momento in lista d’attesa sono arruolate 5 donne. La sperimentazione italiana prevede inoltre che le donatrici siano donne decedute tra i 18 e i 50 anni ed esclude per ora la donazione da vivente”.