Tumore al seno: una sola settimana di radioterapia è efficace quanto tre

Una svolta importante nella cura del cancro al seno arriva da Vienna, dove, durante il congresso ESTRO 2025, sono stati presentati i risultati finali dello studio FAST-Forward. Di cosa si tratta? Di un programma di radioterapia post-chirurgica della durata di una sola settimana. Lo studio ha dimostrato che è sicuro ed efficace quanto il trattamento standard di tre settimane. Ma soprattutto che comporta effetti collaterali a lungo termine minori.

Studio FAST-Forward: una rivoluzione nella radioterapia

Lo studio, durato dieci anni e condotto su oltre 4.000 pazienti nel Regno Unito, è stato guidato da un team di ricerca dell’Institute of Cancer Research di Londra e finanziato dal National Institute of Health Research (NIHR).

I dati confermano ciò che i risultati preliminari avevano già fatto intuire: somministrare la radioterapia in cinque sedute consecutive (una al giorno per una settimana) è altrettanto efficace rispetto al classico ciclo di quindici sedute distribuite su tre settimane.

I vantaggi del trattamento radio ridotto: quali sono?

Il merito della svolta che viene dallo studio FAST-Forward non sta solo nei numeri, ma nelle ricadute concrete sulla vita delle persone. Ridurre la durata del trattamento significa, per chi affronta un percorso oncologico, meno stress, meno spostamenti, minore impatto sulla vita quotidiana e sul lavoro, oltre a una riduzione dei costi individuali e collettivi.

Il professor Murray Brunt, principale autore dello studio, ha commentato: “Questa analisi decennale fornisce la prova definitiva a lungo termine che la radioterapia al seno di una settimana è un’opzione sicura, efficace e più pratica per le pazienti affette da tumore al seno”.

Il contesto: perché lo studio FAST-Forward è importante

Il tumore al seno è una delle neoplasie più frequenti a livello globale. Solo in Italia, si registrano circa 55.000 nuove diagnosi ogni anno. Dopo l’intervento chirurgico, la radioterapia ha un ruolo essenziale: distrugge eventuali cellule tumorali residue e riduce significativamente il rischio di recidiva.

Fino a poco tempo fa, il protocollo di riferimento prevedeva un ciclo di tre settimane di radioterapia. Ma per molte donne – in particolare per chi vive lontano dai centri specializzati o ha difficoltà a conciliare lavoro, figli e terapie – questo rappresentava un ostacolo non da poco. Lo studio FAST-Forward dimostra che un approccio più breve non solo è possibile, ma è altrettanto efficace e sicuro.

La professoressa Judith Bliss, co-direttrice dello studio, ha sottolineato come questi risultati abbiano già cambiato la pratica clinica nel Regno Unito e in altri Paesi. “Durante e dopo la pandemia, quando si cercava di limitare le visite ospedaliere, questo approccio si è rivelato particolarmente utile. Oggi sappiamo che non si tratta solo di una misura emergenziale, ma di una vera e propria evoluzione della cura”, ha dichiarato.

Accessibilità e qualità delle cure

Un altro aspetto cruciale messo in luce dallo studio riguarda l’accessibilità alle cure oncologiche. In molte regioni del mondo, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, le strutture radioterapiche sono poche e sovraccariche.

Ridurre il numero di sedute richieste per ogni paziente libera risorse, riduce le liste d’attesa e permette a più persone di accedere tempestivamente a un trattamento salvavita.

Il professor Matthias Guckenberger, presidente di ESTRO (European Society for Radiotherapy and Oncology), ha evidenziato proprio questo punto: “Ridurre i tempi di trattamento senza comprometterne l’efficacia significa migliorare non solo l’esperienza dei pazienti, ma anche il funzionamento dei sistemi sanitari. Si tratta di un progresso importante per la salute pubblica globale”.

Cosa cambia concretamente per le pazienti

Per una donna con diagnosi di tumore al seno in fase iniziale, che si sottopone a intervento chirurgico conservativo, la prospettiva di un trattamento più breve rappresenta un cambiamento radicale. Cinque giorni consecutivi, anziché quindici distribuiti su tre settimane, significa:

  • meno giornate di assenza dal lavoro;
  • meno tempo trascorso negli ospedali;
  • minore impatto psicologico e fisico;
  • riduzione dei costi di trasporto, alloggio e babysitting.

E tutto questo, senza compromettere in alcun modo l’efficacia della terapia. Le pazienti coinvolte nello studio non hanno mostrato un aumento delle recidive o degli effetti collaterali tardivi, nemmeno a dieci anni di distanza dal trattamento.

Come ha sintetizzato la prof.ssa Bliss, “semplificare le cure senza comprometterle non è solo una questione tecnica, ma un passo avanti per l’umanità”.