La Sindrome di Sanfilippo è una rara malattia pediatrica che colpisce il sistema nervoso centrale, causata da una carenza dell’enzima HGSNAT. Per la prima volta, un team di ricercatori, co-guidato dal professor Alexey Pshezhetsky del CHU Sainte-Justine e della Facoltà di Medicina dell’Università di Montreal, ha svelato la struttura unica di questo enzima

La Sindrome di Sanfilippo e l’enzima HGSNAT

La Sindrome di Sanfilippo, è una malattia genetica rara che compromette il sistema nervoso centrale

La Sindrome di Sanfilippo, o mucopolisaccaridosi tipo III, è una malattia genetica rara che compromette il sistema nervoso centrale. Essa prende il nome dal Dr. Sylvester Sanfilippo, il medico che per primo descrisse la condizione nel 1963. A causarla, sono le mutazioni nei geni responsabili della produzione dell’enzima HGSNAT (N-acetilglucosaminidasi sulfatasi). Questo enzima è essenziale per la degradazione di specifici glicosaminoglicani. La sua carenza porta all’accumulo di sostanze tossiche nelle cellule, causando gravi danni neurologici. Questo perché le mutazioni genetiche nell’HGSNAT impediscono all’enzima di piegarsi e funzionare correttamente.

«In termini semplici, la Sindrome di Sanfilippo è simile alla malattia di Alzheimer, ma si manifesta nei bambini di 2 o 3 anni». Così esordisce il ricercatore Alexey Pshezhetsky, professore all’Université de Montréal. «A partire da questa età, lo sviluppo dei bambini affetti si arresta, poi regrediscono, e infine muoiono verso la fine dell’adolescenza».

Secondo i dati ufficiali, il disturbo colpisce circa 1 su 70mila nascite. Nonostante la sua rarità, la malattia rappresenta una sfida significativa per le famiglie e i medici a causa della sua natura progressiva e debilitante.

Sintomi e diagnosi della sindrome

I sintomi della sindrome generalmente iniziano a manifestarsi tra i 2 e i 6 anni di età. I principali includono:

Ritardo nello sviluppo e perdita di abilità acquisite;

Problemi comportamentali, come iperattività e aggressività;

Disturbi del sonno;

Perdita di capacità motorie e cognitive;

Disturbi gastrointestinali.

La diagnosi viene spesso ritardata a causa della somiglianza dei sintomi con altre condizioni. Tuttavia, test genetici e analisi enzimatiche possono confermare la presenza della malattia.

Trattamenti e novità

Attualmente, non esiste una cura definitiva per la Sindrome di Sanfilippo. I trattamenti disponibili sono principalmente palliativi e mirano a gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Tra questi:

Terapia fisica e occupazionale per mantenere le capacità motorie;

Farmaci per gestire i sintomi comportamentali e i disturbi del sonno;

Supporto educativo e psicologico.

Oggi tuttavia, la scoperta della struttura dell’enzima HGSNAT apre nuove possibilità per lo sviluppo di terapie mirate che potrebbero, in futuro, rallentare la progressione della malattia o correggere la carenza enzimatica.

Il team di ricerca, guidato da Alexey Pshezhetsky, è riuscito infatti per la prima volta a risolvere la struttura tridimensionale dell’enzima.

Risultato?

Grazie alla collaborazione con un team dell’Università di Shanghai, i ricercatori hanno scoperto il meccanismo del suo funzionamento utilizzando la criomicroscopia elettronica ad alte prestazioni.

La terapia con chaperone

La cosiddetta “terapia con chaperone (CT) prevede la somministrazione di una piccola molecola che si lega all’enzima mutato e lo aiuta a piegarsi correttamente, permettendogli di funzionare normalmente.

Per determinare quale molecola sia più adatta a legarsi all’enzima, è necessario un modello affidabile della sua struttura. Questo è stato sviluppato con successo dal team di ricerca utilizzando la microscopia elettronica criogenica.

In qualità di titolare della Cattedra di Ricerca Elisa Linton sulle Malattie Lisosomiali, il Professor Pshezhetsky lavora attivamente per tradurre queste nuove conoscenze in applicazioni cliniche. «In collaborazione con il Professor Christopher Cairo dell’Università di Alberta, stiamo attualmente determinando quali piccole molecole si legano meglio all’enzima e, quindi, sarebbero più efficaci nel trattare la malattia», ha spiegato Pshezhetsky .

Prospettive future

Sono già in corso discussioni con altri ricercatori canadesi per studiare trattamenti che combinino la terapia con chaperone con la terapia genica o basata su cellule staminali. «La fiducia nell’efficacia di tali approcci combinati è in crescita, e siamo certi che nei prossimi anni verrà sviluppata una nuova strategia terapeutica che porterà benefici ai bambini affetti e alle loro famiglie», ha concluso Pshezhetsky .

Fonte

Ruisheng Xu et al: “Structure and mechanism of lysosome transmembrane acetylation by HGSNAT,” Nature Structural & Molecular Biology (2024).

Materiale fornito dall’Università di Montreal .