La schizofrenia, con i suoi sintomi sfuggenti e le conseguenze devastanti sulla mente e sul corpo, è una sfida sia per i pazienti sia per i ricercatori.
Un team della Scuola di Medicina dell’Università dell’Indiana, ha sviluppato un test del sangue rivoluzionario.
Offre infatti una via relativamente semplice e affidabile per valutare non solo la gravità attuale della schizofrenia, ma anche il rischio futuro della malattia
Schizofrenia: focus sulla patologia
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La schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione delle funzioni cognitive che interferiscono con la capacità del cervello di elaborare la realtà in modo coerente. Si stima che circa 20 milioni di persone nel mondo siano affette da questa condizione debilitante, che può causare disturbi gravi del pensiero, dell’umore e del comportamento.
Essenzialmente, la schizofrenia oscura la percezione della realtà, portando a problemi con il controllo motorio e una varietà di sintomi psichiatrici.
Sebbene i fattori scatenanti rimangano tuttora un mistero, sono disponibili trattamenti per aiutare a gestire questa malattia, tra cui terapie farmacologiche e psicoterapie mirate.
Sfide nella diagnosi e nel trattamento
La complessità dei sintomi e le variabili attraverso cui si manifesta, rendono difficile una diagnosi accurata e tempestiva della patologia.
«La psicosi di solito si manifesta nella giovane età adulta, un periodo privilegiato della vita», afferma il neuroscienziato Alexander Niculescu. «Lo stress e le droghe, compresa la marijuana, sono fattori precipitanti in un contesto di vulnerabilità genetica».
«Se lasciata senza controllo, la psicosi porta ad accumulare danni biologici, sociali e psicologici».
Ed è qui che entra in gioco l’innovativo esame del sangue sviluppato dai ricercatori dell’Università dell’Indiana University School of Medicine.
Un test del sangue: il futuro della diagnosi della schizofrenia
Un semplice esame del sangue sarebbe in grado di trasformare radicalmente la diagnosi e il trattamento della schizofrenia.
In cosa consiste?
Ebbene, in pratica l’esame va a “caccia” di cambiamenti fisici nel nostro corpo.
Come?
Attraverso i biomarcatori, indicatori precoci della psicosi che accompagna la schizofrenia.
I ricercatori, immersi in un decennio di dati su pazienti psichiatrici, hanno quindi confrontato sintomi come allucinazioni e stati deliranti con questi biomarcatori chimici nel sangue.
Qual è stata la sorpresa più grande? Alcuni dei biomarcatori individuati dai ricercatori sono già al centro dell’attenzione nella ricerca farmacologica, essendo bersagliati dai farmaci prescritti per altre condizioni.
«Fortunatamente, dal punto di vista biologico alcuni dei farmaci esistenti funzionano abbastanza bene se iniziati precocemente nei pazienti giusti».
Ad affermarlo, Niculescu. «Anche il supporto sociale è fondamentale e, una volta che questo e i farmaci sono in atto, anche il supporto psicologico e la terapia possono aiutare».
Obiettivi futuri
Con più di 3 milioni di persone affette da schizofrenia solo negli Stati Uniti, i risultati di questa ricerca potrebbero accendere una speranza per coloro che cercano risposte e soluzioni concrete.
La prospettiva di una diagnosi più tempestiva e accurata, abbinata a trattamenti mirati e efficaci, potrebbe rivoluzionare radicalmente il panorama della salute mentale. E mentre i ricercatori continuano il loro viaggio verso la scoperta, ci ricordano che c’è ancora molto lavoro da fare.
«È necessario esaminare attentamente come i biomarcatori del sangue potrebbero essere influenzati in persone con altre condizioni oltre alla schizofrenia.
Ciò servirà a garantire che questo strumento sia affidabile e accurato in tutte le situazioni».
Ad ogni modo, con il lancio ufficiale dei test previsto per quest’anno, il futuro non sembra poi così lontano.
In definitiva, questo esame del sangue rappresenta una svolta nella lotta contro la schizofrenia, una promessa di speranza e progresso per tutti coloro che combattono questa battaglia.
«C’è ancora molto da capire e applicare riguardo alla cognizione e alle sue anomalie.
Siamo tuttavia ottimisti, in quest’era di psichiatria di precisione emergente», conclude Niculescu.
La ricerca è stata pubblicata su Molecular Psychiatry.