La resistenza al trattamento standard dei linfomi, rappresenta una delle principali sfide della medicina. Come mai? Chi è il responsabile di questa “lotta oppositiva”? Una recente scoperta genetica, svela l’arcano e dona speranze ai malati. La combinazione di due farmaci ha dimostrato di rallentare efficacemente la crescita delle cellule tumorali resistenti a ibrutinib in modelli animali di linfoma

Resistenza al trattamento dei linfomi: il ruolo della genetica 

I ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison hanno compiuto un passo avanti nella lotta contro la resistenza al trattamento nei linfomi. Utilizzando tecniche avanzate di biologia molecolare e imaging cellulare, gli studiosi hanno identificato un processo chiave che alimenta la resistenza dei tumori del sangue ai farmaci attuali.

Parliamo di un gene specifico coinvolto nella regolazione di diversi processi cellulari, compresa la risposta ai farmaci chemioterapici comunemente usati per trattare i linfomi.

Ma cosa sono i linfomi?

Conosciamo il linfoma

Resistenza al trattamento standard dei linfomi: un gene sarebbe responsabile di questa opposizione

Il linfoma è un tipo di cancro che colpisce il sistema linfatico, una parte essenziale del sistema immunitario, costituito da una rete complessa di vasi linfatici, linfonodi, milza, midollo osseo e altre strutture, che aiutano il corpo a combattere le infezioni e le malattie. Quando si sviluppa, le cellule del sistema linfatico iniziano a crescere in modo anormale e non controllato, formando masse tumorali chiamate appunto linfomi.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è uno dei tipi più comuni di cancro del sangue. Si stima che ogni anno si verifichino circa 600mila nuovi casi nel mondo.

Tendenzialmente può colpire persone di tutte le età, ma è più comune negli adulti e negli anziani.

Utile precisare che esistono molti tipi di linfoma, circa trenta, ciascuno con caratteristiche uniche e opzioni di trattamento specifiche.

Tra i più comuni: il linfoma di Hodgkin e il linfoma non Hodgkin.

Il primo ha origine dai linfociti B, un tipo di  globuli bianchi presenti nel sangue, linfonodi, milza, midollo osseo e altri organi del tessuto linfatico.

Il secondo ha origine dai linfociti B o T presenti nel sistema linfatico, milza, midollo osseo, tonsille e altre piccole aree dell’organismo.

Cosa provoca i linfomi?

Le cause esatte non sono completamente comprese, ma si ritiene che una combinazione di fattori genetici, ambientali e immunologici possano contribuire allo sviluppo della malattia. Alcuni fattori di rischio noti includono l’esposizione a sostanze chimiche tossiche, infezioni virali come il virus di Epstein-Barr (principale imputato di varicella, fuoco si S. Antonio e lesioni erpetiche), una storia familiare di linfoma e condizioni immunosoppressive come l’HIV/AIDS.

Diagnosi e terapie attuali

La diagnosi di linfoma spesso richiede una serie di test, tra cui esami del sangue, biopsie dei linfonodi o di altri tessuti interessati e imaging medici, come la TAC o la risonanza magnetica. I medici possono anche utilizzare test di laboratorio per analizzare i campioni di tessuto e identificare i tipi specifici di cellule tumorali presenti.

Quanto alle opzioni di trattamento, esse dipendono dal tipo specifico di malattia, dalla sua stadiazione e da altri fattori individuali del paziente. Le terapie attuali possono includere chemioterapia, radioterapia, terapie mirate e immunoterapia. In alcuni casi, può essere raccomandato anche il trapianto di cellule staminali.

Ad ogni modo, quando si tratta di combattere il linfoma, alcuni pazienti incontrano un ostacolo insidioso: la resistenza ai farmaci.

A cosa si deve la resistenza ai farmaci?

Un team di ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison ha affrontato questo enigma, cercando di comprendere perché alcuni soggetti affetti dal non Hodgkin sviluppino resistenza ai trattamenti standard.

Ebbene, i pazienti con linfomi a cellule B, come quello a cellule mantellari e il linfoma diffuso a grandi cellule B, spesso rispondono positivamente ai cosiddetti “inibitori della tirosina chinasi di Bruton (BTK)”, come l’ibrutinib. Parliamo di un farmaco approvato nel 2013, che ad oggi rappresenta una pietra miliare nel trattamento di queste patologie.

I farmaci agiscono bloccando una via di segnalazione delle cellule B, essenziale per contrastare la crescita tumorale.

«Tuttavia, la maggior parte dei pazienti che rispondono a questi farmaci sperimenta una ricaduta dopo uno o due anni di trattamento. Cosa che rappresenta una sfida significativa».

A spiegarlo, il professor Lixin Rui, esperto di ematologia e oncologia medica dell’Università del Wisconsin, che ha guidato la ricerca.

Per comprendere meglio il fenomeno, il team ha effettuato una serie di analisi genetiche e farmacologiche. Obiettivo?

Comprendere i meccanismi di resistenza contro il farmaco.

Risultato?

Si è scoperto che alcuni pazienti sviluppano resistenza a causa di mutazioni genetiche che alterano il funzionamento del farmaco. Ragion per cui, il tumore continua a evolversi e crescere nonostante il trattamento. Diamo un volto al “gene resistente”.

Risolvere la resistenza: nuovi approcci contro il linfoma

Il suo nome è EGR1, un anticorpo responsabile della produzione di una proteina che regola appunto la proliferazione cellulare. Ma non solo…

Come non bastasse, dopo il trattamento con ibrutinib, l’attività di EGR1 innescherebbe cambiamenti nel metabolismo delle cellule, in grado di promuovere la resistenza ai farmaci.

Ebbene, a partire da questa scoperta, i ricercatori hanno esaminato un nuovo regime terapeutico mirato a contrastare l’iperattività dell’anticorpo.

Una nuova terapia “anti- resistenza”

Linfomi: due farmaci hanno dimostrato di rallenatare la crescita delle cellule tumorali resistenti

Il regime include due farmaci: la metformina, comunemente usata nel trattamento del diabete di tipo 2, e un farmaco sperimentale chiamato IM156. In combinazione, questi due agenti hanno dimostrato di rallentare efficacemente la crescita delle cellule tumorali resistenti a ibrutinib in modelli animali di linfoma.

Come sottolinea il professor Rui, leader dello studio, il trasferimento di queste scoperte dalla ricerca di laboratorio alla pratica clinica rappresenterebbe un importante passo avanti nel migliorare le prospettive di cura per i pazienti affetti da linfoma.

Ovviamente siamo solo all’inizio della storia, ma come si dice “chi ben comincia è a metà dell’opera”.

Fonti

Yunxia Liu et al, La riprogrammazione metabolica mediata da EGR1 alla fosforilazione ossidativa contribuisce alla resistenza a ibrutinib nel linfoma a cellule B, Blood (2023)

Materiale fornito dall’Università del Wisconsin-Madison