Nei giorni scorsi si è discusso sulla possibilità che la “mappatura dei nei” possa diventare pertinenza non solo del dermatologo, ma anche del medico di Medicina Generale. «In realtà, la ‘mappatura dei nei’ non esiste né come tariffario né come prestazione medica reale. Si tratta di una terminologia impropria che dovrebbe essere abbandonata». Così Giovanni Pellacani, presidente della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST). «Deriva, infatti, da una semplicistica comunicazione che ha distorto la percezione dell’esame dermatologico della cute. Esame finalizzato alla diagnosi di un melanoma o altro tumore cutaneo che è andato ad aggiungere strumentazioni sempre più avanzate per migliorare la diagnosi».
Melanoma, puntare sulla prevenzione
Indice dei contenuti
Per prevenire il melanomasi deve, innanzitutto, prestare attenzione all’esposizione ai raggi solari. È ormai risaputo che il sole è responsabile della insorgenza del melanoma e dei maggiori tumori cutanei. Per questo è bene usare sempre le adeguate protezioni ai raggi UV. «Si deve favorire l’autoesame periodico – aggiunge Pellacani – educando i pazienti a riconoscere e a segnalare al Medico di Medicina Generale una lesione nuova. Specialmente se è strana o modificata, evitando screening di massa negli asintomatici. Il Medico di Medicina Generale svolge un compito indispensabile di valutazione e primo filtro. Spetterà quindi a lui decidere se necessita una valutazione specialistica dermatologica e con quale criterio di urgenza. La SIDeMaST è sempre disponibile a collaborare con le Istituzioni, congiuntamente con le altre Società Scientifiche e Associazioni. Ciò per definire e strutturare un percorso chiaro ed efficace per la prevenzione e la diagnosi precoce del melanoma e dei tumori cutanei».
Gli strumenti a disposizione per la diagnosi di melanoma
Le linee guida europee recepite dalle linee guida italiane per la diagnosi di melanoma prevedono di affiancare alla valutazione clinica l’utilizzo del dermatoscopio. I dermatologi che sono formati all’uso di questo strumento potranno individuare aspetti non visibili ad occhio nudo.
La videodermatoscopia (o dermatoscopia digitale) non aggiunge all’accuratezza diagnostica rispetto al dermatoscopio manuale, ma permette di registrare, e quindi salvare digitalmente, immagini dermoscopiche. È utile per monitorare lesioni di diagnosi non sicura e controllarne le modifiche dopo un periodo variabile tra i 3 e i 12 mesi.
Altro strumento riconosciuto nelle linee guida ma non ancora nei LEA, è la microscopia confocale a riflettenza. Si tratta di una sorta di biopsia virtuale che consente di visualizzare le cellule senza bisogno di asportare il tessuto.
Infine, per il monitoraggio di soggetti polinevici ad alto rischio si utilizzano strumenti per la total body photography, spesso associati a dermatoscopi digitali. Questi permettono di acquisire foto standardizzate ad alta risoluzione della superficie corporea. Lo scopo è quello di individuare precocemente un nevo che nel tempo modifica o una lesione di nuova insorgenza.
Come agire concretamente e rapidamente
«Un primo semplice intervento – conclude Pellacani – è la distinzione della visita dermatologica in due canali separati: dermatologica oncologica e visita generale. Ciò permetterebbe un immediato indirizzamento del paziente ad un servizio dotato dell’expertise e della strumentazione adeguata. Ed anche di un più efficace controllo dei flussi e del mantenimento dei tempi di attesa adeguati per la diagnostica e per l’eventuale intervento di asportazione. Si auspica che a questo segua un adeguato riconoscimento delle prestazioni necessarie nelle dovute indicazioni nei LEA. Con l’introduzione della microscopia confocale a riflettenza e della total body photography, oggi non ancora riconosciute seppure ampiamente utilizzate».