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Addio alla plastica su scala globale. Un accordo internazionale legalmente vincolante entro il 2024 per porre fine all’inquinamento da plastica. Questo l’obiettivo che si è posta l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente con la risoluzione storica di Nairobi. La tre giorni nella capitale del Kenya, ha visto l’approvazione del documento Onu che ne pone le basi. La risoluzione denominata “End Plastic Pollution: Towards an international legally binding instrument“, rappresenta il punto di avvio per i negoziati finalizzati al Trattato internazionale. Al vertice di Nairobi hanno partecipato Capi di Stato, ministri dell’Ambiente e rappresentanti di 175 Paesi. “La risoluzione affronta l’intero ciclo di vita di plastica, compresa la sua produzione, progettazione e smaltimento” – ha reso noto il Programma Ambiente dell’Onu.

Stop plastica su scala globale: responsabilità dai Paesi

A stretto giro dall’approvazione arriva il plauso delle organizzazioni internazionali ambientaliste.

Una delle azioni ambientali più ambiziose al mondo dal Protocollo di Montreal del 1989, che ha portato all’eliminazione delle sostanze che riducono lo strato di ozono atmosferico” – ha commentato il WWF. “La risoluzione adottata dalle Nazioni Unite delinea lo sviluppo di un Trattato solido che prevede regole e obblighi globali per tutto il ciclo di vita della plastica, responsabilizzando le nazioni, le aziende e la società nell’eliminazione dell’inquinamento di plastica dai nostri ambienti“.

Un primo passo importante e coraggioso – ha scritto Greenpeace che aiuterà a mantenere elevata la pressione sulle aziende dei combustibili fossili e sulle multinazionali che impiegano enormi quantità di imballaggi usa e getta“. “Fino a quando il trattato globale non sarà ratificato e reso esecutivo – ha aggiunto – continueremo a spingere con i nostri alleati per un mondo libero dall’inquinamento da plastica e per azzerare gli impatti climatici legati ai gas serra della produzione delle materie plastiche“.

La plastica nella catena alimentare umana

L’interesse globale per la riduzione e la progressiva eliminazione della plastica, al fine di produrre meno rifiuti ed inquinamento, riguarda non solo la tutela dell’ambiente, ma anche la salute. L’impatto dei rifiuti di plastica sull’ambiente marino e nei fiumi infatti presenta il conto anche sotto forma di conseguenze per la salute umana. Le microplastiche e le nanoplastiche infatti sono entrate a far parte della catena alimentare umana, in quanto assunte principalmente con i prodotti ittici.

Per microplastiche si intendono particelle tra 0,1 e 5 000 micrometri (µm), o 5 millimetri. L’EFSA (European Food Safety Agency) riferisce che elevate concentrazioni ne sono state trovate nello stomaco e nell’intestino dei pesci, dei crostacei e dei molluschi bivalvi. Mentre tali parti del corpo di solito sono eliminate dai pesci prima del consumo e quindi non risultano gravi pericoli di esposizione per l’uomo, ciò non avviene per crostacei e molluschi. Anche nella birra, nel miele e nel sale alimentare è stata rilevata presenza di microplastiche.

Preoccupazione per potenziale esposizione agenti inquinanti

L’ECHA (European Chimical Agency) ha stimato 42.000 tonnellate di microplastiche rilasciate nell’ambiente ogni anno. Questo avviene con l’utilizzo di prodotti che le contengono o attraverso l’usura di pezzi più grandi di plastica.

La preoccupazione maggiore riguarda le concentrazioni di policlorobifenili (PCB) e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Essi infatti possono restare accumulati nelle microplastiche, come anche il bisfenolo A (BPA) contenuto negli imballaggi. Assunte nell’organismo, queste sostanze potrebbero trasferirsi nei tessuti e provocare danni alla salute. La ricerca non ha ancora dato risposte certe. Tuttavia si ritiene che le microplastiche possano rivelarsi più dannose per apparato respiratorio e sangue, che per l’apparato digerente che è predisposto per espellerle.