In Italia, il 19% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso. Il 9,8% è obeso e in questa percentuale sono inclusi quelli con obesità grave che rappresentano il 2,6%.

È quanto emerge dai dati relativi al 2023 elaborati da “Okkio alla Salute”. Quest’ultimo è il sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute (CNaPPS) dell’Istituto Superiore Sanità (ISS).

La prima raccolta dati risale al 2008/9, da allora il sovrappeso mostra un andamento significativo in diminuzione. L’obesità, dopo una prima fase di iniziale decremento, è risultata tendenzialmente stabile per qualche anno, con un leggero aumento nel 2023.

Come negli anni precedenti, la sorveglianza ISS ha coinvolto tutte le Regioni e le Province Autonome e ha arruolato oltre 50mila bambine/i e altrettante famiglie.

Obesità, le cattive abitudini alimentari dei minori

I genitori hanno riportato che quasi 2 bambini e bambine su 5 non fanno una colazione adeguata al mattino.

“Più della metà – riporta un comunicato ISS – consuma una merenda abbondante a metà mattina. 1 su 4 beve quotidianamente bevande zuccherate/gassate e consuma frutta e verdura meno di una volta al giorno. Il 37% delle bambine e dei bambini consuma i legumi meno di una volta a settimana. E più della metà di loro mangia snack dolci più di 3 giorni a settimana. I dati sull’attività fisica evidenziano che un bambino su 5 non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’intervista. Più del 70% non si reca a scuola a piedi o in bicicletta e quasi la metà trascorre più di 2 ore al giorno davanti alla TV, al tablet o al cellulare”.

Lo studio EPaS-ISS sull’alimentazione durante il COVID-19

Di recente sono stati anche resi noti i risultati di uno studio EPaS-ISS che ha permesso di rilevare gli effetti della pandemia da COVID-19. Effetti che sono ricaduti sui comportamenti di salute e sullo stile di vita di bambine, bambini e delle loro famiglie.

Dallo studio è emerso che durante il periodo pandemico i bambini e le bambine hanno aumentato il consumo di snack salati (24%) e cibi dolci (25%). E hanno leggermente diminuito quello di frutta (8%) e verdura (9%).

Nonostante si sia verificata una maggiore irregolarità quotidiana nel consumo dei pasti, sono stati rilevati anche cambiamenti positivi. Tra questi, un maggiore consumo di pasti in famiglia (39%) e di cibo cucinato in casa insieme a figli e figlie (42%).

Lo studio EPaS-ISS sull’attività fisica durante il COVID-19

I genitori hanno segnalato che, rispetto al periodo pre-pandemico, i figli e le figlie hanno subito un peggioramento del loro benessere fisico e psicosociale. In particolare, hanno notato una diminuzione di vitalità e di energia, oltre a un aumento di sentimenti di tristezza e solitudine.

In analogia con quanto riscontrato a livello internazionale, i dati EPaS-ISS su movimento e sedentarietà hanno evidenziato una riduzione del tempo dedicato al gioco attivo. E anche una minore attività all’aperto (44%) e un aumento del tempo trascorso davanti a un dispositivo elettronico (53%).

Le famiglie hanno dichiarato di aver ricevuto supporto in ambito scolastico. Anche se è emersa una pronunciata eterogeneità di risposta alla pandemia da parte delle diverse istituzioni scolastiche.

I dati dello studio hanno, inoltre, evidenziato un incremento delle disuguaglianze educative a seguito della scuola a distanza, specie tra bambine e bambini più vulnerabili.

Prevenzione e cura dell’obesità, il ruolo della società

«I dati, pur rilevando un decremento dell’eccesso ponderale infantile dal 2008 ad oggi, evidenziano ancora prevalenze elevate di eccesso di peso. Ma anche stili di vita inappropriati di bambine e bambini – osserva Giovanni Capelli, direttore del CNaPPS – che può avere implicazioni per la loro salute. Scuola, famiglia, professionisti della sanità e l’intera società possono svolgere un ruolo importante nella prevenzione e cura dell’obesità e nella promozione di stili di vita salutari. È prioritario affrontare le ingiustificabili disuguaglianze dovute a fattori geografici e socioeconomici», conclude Capelli.