Il virus West Nile fa la sua prima comparsa del 2025 in Emilia-Romagna. Una donna di 75 anni, residente a Modena, è risultata positiva all’infezione ed è stata ricoverata presso il reparto di Malattie Infettive del Policlinico. Le sue condizioni, secondo quanto riportato da una delle fonti, sarebbero clinicamente stabili.
Il caso rappresenta l’inizio della stagione di monitoraggio per questa arbovirosi ormai endemica in Italia. In particolare nella Pianura Padana. Nel 2024, solo nella provincia modenese, erano stati segnalati 46 casi. Sebbene l’infezione sia già nota e sorvegliata da anni, le autorità sanitarie ribadiscono che è necessario mantenere alta l’attenzione, specialmente nei mesi più caldi.
Come si trasmette e quali rischi comporta
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Il virus è veicolato dalle zanzare comuni del genere Culex, che pungono prevalentemente nelle ore serali e notturne. Il ciclo del virus si sviluppa principalmente tra uccelli selvatici e zanzare, mentre l’essere umano e il cavallo possono esserne colpiti occasionalmente, senza però diventare veicolo di contagio per altri.
Non essendo una malattia trasmissibile tra esseri umani, non sono previste disinfestazioni straordinarie nella zona in cui risiede la paziente.
Nella maggior parte dei casi, l’infezione è asintomatica, ma può anche presentarsi con sintomi simili all’influenza che si risolvono nel giro di pochi giorni. Tuttavia, nei soggetti più anziani o già debilitati, il virus può evolvere in forme neurologiche gravi, con esiti anche permanenti e la morte.
Sorveglianza e prevenzione in atto
In risposta al nuovo caso, l’Azienda Sanitaria ha attivato quanto previsto dal Piano regionale 2025. Le misure includono il rafforzamento della lotta antilarvale nei Comuni e il sostegno alle azioni di prevenzione da parte dei cittadini. Come l’eliminazione di ristagni d’acqua nei giardini o l’uso di repellenti.
Cosa dice l’ISS – Istituto superiore di Sanità
Secondo l’ISS, lasfebbre West Nile è una malattia provocata dal virus omonimo isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda. Prende il nome dal distretto West Nile. Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.
Oltre a zanzare e uccelli, altri mezzi di infezione documentati sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza.
Diagnosi
La diagnosi avviene mediante esami di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) su siero e se necessario su fluido cerebrospinale. Lo scopo è la ricerca di anticorpi del tipo IgM. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’arrivo sintomi potrebbero restituire falsi negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test. La diagnosi può avvenire anche attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.
Prevenzione
Non è ancora disponibile un vaccino per la febbre West Nile. La prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.
Terapia e trattamento
Sempre secondo l’ISS “non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.”