Un team di ricercatori del Broad Institute e Harvard ha scoperto un inaspettato meccanismo genetico che causa la malattia di Huntington. La mutazione nel gene HTT non è immediatamente tossica, ma diventa letale solo dopo decenni
Focus sulla malattia di Huntington
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La malattia di Huntington (Huntington’s Disease, HD) è una patologia neurodegenerativa ereditaria, caratterizzata dalla progressiva distruzione delle cellule cerebrali, con conseguenze devastanti su funzioni motorie, cognitive e psichiatriche. Il nome della malattia è un tributo al medico americano George Huntington, che nel 1872 ne fornì una descrizione dettagliata, identificandola come un disturbo ereditario trasmesso attraverso le generazioni.
Questa condizione rara colpisce circa 5-10 persone ogni 100mila a livello globale. Negli Stati Uniti, si stima che circa 30mila individui convivano con la malattia, mentre altre 200mila persone siano geneticamente a rischio di svilupparla. Il gene responsabile è l’HTT, localizzato sul cromosoma 4, che presenta un’espansione anomala della sequenza ripetuta “CAG”. Quando il numero di ripetizioni supera una soglia critica, si attivano meccanismi neurotossici che conducono alla morte neuronale, in particolare in aree del cervello come il nucleo caudato e il putamen.
Manifestazioni cliniche e progressione
I primi sintomi della malattia si manifestano generalmente tra i 30 e i 50 anni, anche se forme giovanili o tardive non sono rare. Una delle caratteristiche distintive è la corea, movimenti involontari, rapidi e irregolari, che coinvolgono il tronco, gli arti e il volto. Progressivamente, questi movimenti si combinano con rigidità muscolare e difficoltà nella coordinazione, rendendo i gesti quotidiani sempre più complessi.
A livello cognitivo, il declino è marcato da difficoltà di concentrazione, perdita della memoria a breve termine e crescente confusione, che possono evolvere verso forme di demenza. Parallelamente, i sintomi psichiatrici, che includono depressione, ansia, irritabilità e in alcuni casi psicosi, aggravano il quadro clinico, compromettendo ulteriormente la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari.
Diagnosi: una conferma genetica
La diagnosi della malattia di Huntington si basa su una combinazione di valutazioni cliniche e test genetici. Durante l’esame clinico, il neurologo valuta i sintomi motori e cognitivi, spesso combinati con una dettagliata anamnesi familiare. Tuttavia, la conferma definitiva arriva dall’analisi genetica, che identifica l’espansione patologica delle ripetizioni “CAG” nel gene HTT. Oggi però arriva una novità.
La scoperta: il ruolo del gene HTT e le espansioni del DNA
Il nuovo studio, pubblicato su Cell, ha portato alla luce un meccanismo del tutto inaspettato che modifica la comprensione della malattia di Huntington. La mutazione nel gene HTT, da tempo identificata come causa della malattia, non è immediatamente tossica per le cellule. La tossicità emerge solo dopo anni, quando la mutazione subisce un fenomeno noto come espansione somatica.
La mutazione genetica
Nel gene HTT, una sequenza di DNA composta da tre basi (CAG) si ripete anormalmente. Le persone senza la malattia hanno tra 15 e 35 ripetizioni, mentre chi sviluppa la malattia ne ha almeno 40. Lo studio ha dimostrato che queste ripetizioni possono aumentare nel tempo all’interno di specifiche cellule cerebrali.
Espansione somatica e morte cellulare
Le ripetizioni del DNA nel gene HTT si espandono gradualmente nei neuroni dello striato, una regione cerebrale coinvolta nel controllo del movimento e delle funzioni cognitive. Quando il numero di ripetizioni supera le 150, i neuroni mostrano segni di grave alterazione genetica e muoiono rapidamente.
Un decorso lento e progressivo
I ricercatori hanno scoperto che le espansioni somatiche iniziano lentamente, meno di una volta all’anno, fino a raggiungere un’accelerazione critica nei decenni successivi. La morte cellulare inizia anni prima della comparsa dei sintomi, rendendo difficile l’intervento terapeutico nei pazienti già sintomatici.
Un nuovo approccio terapeutico
Finora, le terapie sperimentali si sono concentrate sulla riduzione dell’espressione della proteina mutata prodotta dal gene HTT. Tuttavia, lo studio suggerisce che un approccio complementare potrebbe essere più efficace: bloccare o rallentare l’espansione delle ripetizioni CAG, prevenendo così la tossicità.
Malattia di Huntington e prospettive future
I ricercatori stanno esplorando farmaci che possano interferire con le proteine coinvolte nella manutenzione del DNA. Per esempio, inibire la proteina MSH3, che contribuisce all’espansione delle ripetizioni CAG, potrebbe rappresentare una nuova strategia per ritardare l’insorgenza della malattia.
Il contesto più ampio: le malattie da ripetizione del DNA
La malattia di Huntington rientra in una categoria di disturbi genetici noti come malattie da ripetizione del DNA, caratterizzati dall’espansione anomala di sequenze ripetitive nel genoma. Oltre alla malattia di Huntington, questo gruppo comprende patologie come la sindrome dell’X fragile, la distrofia miotonica e l’atassia spinocerebellare. In ciascuna di queste condizioni, l’espansione delle sequenze di DNA provoca un danno progressivo alle cellule, spesso con effetti devastanti sul sistema nervoso.
Il fenomeno delle espansioni somatiche, in cui le ripetizioni genetiche aumentano ulteriormente durante la vita dell’individuo, rappresenta un’area di studio cruciale. Comprendere questo meccanismo potrebbe aprire la strada a terapie innovative non solo per la malattia di Huntington, ma anche per altre patologie ereditarie che condividono caratteristiche simili.
Un ringraziamento doveroso
Sabina Berretta, coautrice dello studio, ha espresso gratitudine verso i donatori di tessuti cerebrali, sottolineando l’importanza della loro generosità: «Questi donatori e le loro famiglie hanno lasciato un’eredità di conoscenza che potrà cambiare il futuro della medicina».
Le scoperte recenti, rese possibili anche grazie a questa collaborazione, potrebbero segnare un punto di svolta nella comprensione e nel trattamento delle malattie da ripetizione del DNA. Come osserva il dottor Steve McCarroll, coautore dello studio, «Comprendere il processo centrale che guida queste malattie ci permette di immaginare nuove opzioni terapeutiche, capaci di alleviare le sofferenze dei pazienti». Questo lavoro rappresenta una pietra miliare verso approcci mirati, capaci di interrompere o rallentare il progresso di queste devastanti patologie.
Il futuro della ricerca appare promettente, con un rinnovato impegno verso soluzioni che non solo migliorino la qualità della vita dei pazienti, ma offrano anche speranza per una cura definitiva.
Fonti
“Long somatic DNA-repeat expansion drives neurodegeneration in Huntington disease,” Cell (2025)
Broad Institute of MIT and Harvard
Harvard Medical School
McLean Hospital, NIH NeuroBioBank