Lo scorso anno si sono verificati in Italia 82 casi autoctoni di dengue, la cosiddetta “febbre spaccaossa”. 280 sono stati, invece, i casi importati da viaggiatori tornati da luoghi in cui la malattia è endemica. Questi i dati di alcune delle malattie tropicali infettive neglette (NTDs), molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, batteri, funghi e tossine. La loro diffusione avviene soprattutto nelle zone povere tropicali.
«A livello globale sono quasi 1,7 miliardi le persone che richiedono interventi sanitari per queste malattie, con più di mezzo milione di morti l’anno». A parlare è Federico Gobbi, direttore del dipartimento di malattie infettive e tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona). «Circa 4000-5000 sono state le persone colpite nel nostro Paese. Qui, in particolare la dengue, secondo i dati della sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, ha fatto registrare nel 2023 il record europeo per casi autoctoni».
Malattie tropicali, casi in continua crescita
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Il fenomeno è sottostimato e in continua crescita, non solo a livello globale e nel resto di Europa, ma anche in Italia.
«L’Italia – continua Gobbi – è un osservato speciale, complice il cambiamento climatico che ha determinato la diffusione della zanzara tigre su tutto il territorio nazionale. A destare preoccupazione è il rischio endemico di dengue e anche di chikungunya in aumento con l’arrivo della primavera. È importante focalizzare l’attenzione su queste 2 patologie, in quanto in Italia è presente la zanzara vettore. Questa può acquisire i suddetti virus da viaggiatori infetti e trasmettere le malattie che causano febbre, mal di testa, manifestazioni cutanee, e soprattutto dolori osteoarticolari. In Italia queste zanzare sono giunte per la prima volta nel 1990 dagli Stati Uniti. Arrivate a Genova e a Padova si sono diffuse in tutto il Paese».
Urge un impegno globale per la sorveglianza
I cambiamenti climatici, il turismo e la globalizzazione costituiscono il terreno di coltura perfetto per dengue e chikungunya.
«Dobbiamo prepararci a epidemie autoctone di dengue e chikungunya sempre più importanti», evidenzia l’esperto. «Nei prossimi anni, diventerà sempre più frequente una globalizzazione delle malattie infettive: difatti viaggiano merci, persone e vettori. In un mondo sempre più interconnesso, interconnesse saranno anche le patologie».
Il problema e i contagi sono accentuati dal cambiamento climatico che, provocando un innalzamento delle temperature crea le condizioni per la proliferazione delle zanzare tigre. Risulta, pertanto, fondamentale attuare una sorveglianza attiva dei casi di importazione, per evitare che da pochi episodi limitati si generino epidemie estese.
«È urgente – aggiunge Gobbi – mettere in atto maggiori misure contro questo problema di salute pubblica. La mancata attenzione nei confronti delle patologie infettive dimenticate, aumenta il rischio che anche i paesi non endemici ne siano interessati. Come sta accadendo appunto in Italia».
Una road map per le malattie tropicali dimenticate
Nel 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato una road map per le malattie tropicali dimenticate per il decennio 2021-2030. Lo scopo era quello di definire gli obiettivi globali per prevenire, controllare, eliminare ed eradicare queste patologie.
«Ad oggi siamo ancora lontani dal raggiungere pienamente questi risultati. Secondo il report 2023 sul progresso della road map, solo 47 Paesi hanno eliminato almeno una NTDs. C’è quindi ancora molto lavoro da fare per diminuire le infezioni, la circolazione delle malattie e per ridurre il pericolo a livello globale», conclude Gobbi.