Un team dell’Università di Leeds in Gran Bretagna, ha svelato il mistero della polidattilia, una malformazione estremamente rara che porta alla nascita di bambini con un surplus di dita sia nelle mani sia nei piedi, oltre a una serie di difetti congeniti 

Il mistero della polidattilia  

Polidattilia: è caratterizzata dalla presenza di dita aggiuntive sia nelle man sia nei piedi

Uno degli aspetti più distintivi della polidattilia è la presenza di dita aggiuntive sia nelle mani sia nei piedi. Una caratteristica unica e distintiva di questa rara condizione genetica.

Ma come mai il disturbo è, spesso accompagnato da altri sintomi neurologici, come la macrocefalia, il ritardo nello sviluppo degli occhi e l’autismo?

La ricerca, co-guidata dal Dr. James Poulter dell’Università di Leeds, il Dott. Pierre Lavigne dell’Université de Sherbrooke in Québec e la Professoressa Helen Firth dell’Università di Cambridge, ha analizzato il DNA di individui affetti da questo disturbo.

Risultato?

Ebbene, esaminando attentamente i casi di bambini affetti da questa malattia rara, gli studiosi hanno rilevato un comune denominatore nelle anomalie fisiche presenti e l’artefice di tutto.

Il responsabile sarebbe la mutazione genetica nel gene MAX.

Parliamo di una proteine che si può fissare a un filamento di DNA nel nucleo cellulare, in grado di accelerare o frenare la frequenza di copiatura del gene (trascrizione).

Importanza della ricerca 

Macrocefalia: può essere causata da disturbi genetici

La ricerca, pubblicata sull’American Journal of Human Genetics, segna una pietra miliare nel campo della genetica.

È infatti la prima volta che una connessione genetica tra la polidattilia e la crescita anomala del cervello, accompagnata da sintomi come l’autismo, viene identificata in maniera così chiara.

A sottolineare l’importanza dello studio, il Dr. Poulter, membro dell’UKRI Future Leaders ed esperto di Neuroscienze Molecolari.

«In questo caso, abbiamo trovato un farmaco che è già in sperimentazione clinica per un altro disturbo.

Il che significa che potremmo accelerare il processo per questi pazienti se la nostra ricerca dovesse scoprire che il farmaco inverte alcuni degli effetti della mutazione».

Utile precisare che attualmente, non esistono infatti trattamenti specifici per questo tipo di disturbo.

«Ciò significa anche che altri pazienti con una combinazione simile di caratteristiche possono essere testati per vedere se hanno la stessa variante che abbiamo identificato nel nostro studio».

Urge una ricerca interdisciplinare

Il gruppo di ricerca ha enfatizzato altresì il ruolo della ricerca interdisciplinare sulle malattie rare nel fornire comprensione e speranza di trattamento alle famiglie.

Molto spesso, queste famiglie affrontano anni di incertezza riguardo alle condizioni e alle prospettive dei loro figli.

«Si tratta di condizioni spesso sottorappresentate che hanno un enorme impatto sui pazienti e sulle loro famiglie. Le persone coinvolte attraversano un’odissea diagnostica lunga e complessa. Il tempo che intercorre dalla loro prima visita medica da bambini fino all’ottenimento di una diagnosi può richiedere molto tempo. Più di dieci anni»-sottolinea Poulter.

«È importante che questi pazienti e le loro famiglie scoprano la causa della loro condizione e, se possono accedere a una terapia basata sulla loro diagnosi genetica, ciò potrebbe cambiare la loro vita».

A lui fa eco il dottor Lavigne: «scoprire l’impatto della mutazione sulla funzione di MAX è il primo passo verso lo sviluppo di un trattamento per questi bambini».

Studi futuri sul gene

I ricercatori ora intendono studiare altri pazienti con mutazioni nel gene MAX.

In questo modo si potrebbe comprendere meglio il disturbo e indagare se il potenziale trattamento possa effettivamente migliorare i sintomi causati dalla mutazione.

«Lo studio sul DDD ( Deciphering Developmental Disorders n.d.r ) ha reclutato tutto il Regno Unito dal 2011 al 2015. È entusiasmante che nel 2024 stiamo ancora facendo nuove scoperte».

A spiegarlo è il Professor Firth.

La ricerca è stata condotta in collaborazione con il Leeds Teaching Hospitals Trust, l’All Wales Medical Genomics Service dell’NHS Wales e il Radboud University Medical Center, Paesi Bassi.

Ha utilizzato i dati dello studio Deciphering Developmental Disorders, condotto dal Wellcome Sanger Institute.

Fonti 

Erica L. Harris et al, Una variante ricorrente de novo MAX p.Arg60Gln provoca un disturbo sindromico di crescita eccessiva attraverso l’espressione differenziale dei geni bersaglio c-Myc, The American Journal of Human Genetics

Materiale fornito dall’Università di Leeds