La malattia di Sjögren è una patologia autoimmune cronica che colpisce milioni di persone nel mondo. Caratterizzata dall’attacco del sistema immunitario alle ghiandole salivari e lacrimali, questa malattia provoca sintomi debilitanti come la secchezza oculare e orale, accompagnati talvolta da dolori articolari, stanchezza e complicanze sistemiche più gravi.
Nonostante la sua diffusione, le cause e i meccanismi alla base della malattia di Sjögren sono rimasti a lungo in parte oscuri. Un’équipe di ricercatori dell’Università di New York ha individuato alcuni processi chiave che potrebbero non solo migliorare la comprensione della malattia, ma anche aprire la strada a terapie più mirate ed efficaci
Cos’è la malattia di Sjögren e come si manifesta
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La malattia di Sjögren è una condizione autoimmune in cui il sistema immunitario, invece di proteggere il corpo, attacca le ghiandole che producono saliva e lacrime.
Questo attacco provoca una drastica riduzione nella produzione di secrezioni essenziali, portando a sintomi come secchezza della bocca e degli occhi.
I pazienti spesso lamentano anche dolori muscolari, articolari e una persistente sensazione di affaticamento.
Nei casi più gravi, la malattia può estendersi ad altri organi, come i polmoni, la pelle e i reni, causando infiammazioni che aggravano ulteriormente il quadro clinico. Nonostante questi sintomi evidenti, la diagnosi può essere complessa e ritardata, poiché molte manifestazioni possono sovrapporsi ad altre patologie autoimmuni.
Le nuove scoperte sui meccanismi della malattia
Le ricerche condotte dall’Università di New York hanno portato a una comprensione più dettagliata dei processi cellulari che contribuiscono allo sviluppo della malattia di Sjögren. Lo studio ha identificato due meccanismi fondamentali. Il ruolo della segnalazione del calcio e la disfunzione delle cellule T regolatorie.
La segnalazione del calcio, un processo essenziale per il funzionamento delle cellule, si è rivelata cruciale per la produzione di saliva.
Nei topi privi dei geni Stim1 e Stim2, responsabili della regolazione del calcio nelle cellule delle ghiandole salivari, i ricercatori hanno osservato una significativa riduzione nella secrezione di saliva. Tuttavia, questa condizione non ha portato a infiammazioni né alla presenza di autoanticorpi, suggerendo che il deficit di calcio possa ridurre alcune risposte infiammatorie. Questo risultato ha aperto nuove prospettive nella comprensione della complessa interazione tra segnalazione cellulare e infiammazione.
Un altro aspetto chiave emerso riguarda le cellule T regolatorie, che svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere l’equilibrio del sistema immunitario. Nei topi con disfunzioni in queste cellule, è stata osservata una cascata di reazioni infiammatorie, con sintomi simili a quelli della malattia di Sjögren negli esseri umani, tra cui secchezza oculare e orale, autoanticorpi e infiltrazione di linfociti nelle ghiandole salivari. I ricercatori hanno inoltre individuato l’interferone gamma, una citochina infiammatoria, come elemento cruciale nella disfunzione delle ghiandole salivari.
Terapie attuali e nuove prospettive
Attualmente, la gestione della malattia di Sjögren si concentra principalmente sull’alleviamento dei sintomi, dato che non esiste una cura definitiva. La terapia prevede l’utilizzo di sostituti lacrimali, saliva artificiale e farmaci immunosoppressori per ridurre l’infiammazione. Tuttavia, questi approcci, pur essendo utili, spesso non offrono un sollievo completo e non affrontano le cause sottostanti della malattia.
Lo studio dell’Università di New York ha testato il baricitinib, un farmaco già impiegato contro l’artrite reumatoide. I risultati dimostrano che può ridurre l’infiammazione e migliorare la funzionalità delle ghiandole salivari nei topi. Questo suggerisce che il baricitinib potrebbe offrire nuove prospettive terapeutiche per i pazienti con Sjögren, ampliando le opzioni di trattamento per questa complessa malattia.
Oltre agli esperimenti sui topi, i ricercatori hanno analizzato campioni di sangue umano, trovando una forte correlazione tra i risultati nei modelli animali e i criteri clinici della malattia negli esseri umani. Questo passo è cruciale per trasferire le scoperte dal laboratorio alla pratica clinica e valutare l’efficacia del baricitinib come potenziale terapia per i pazienti.
L’importanza di queste scoperte
Questi risultati rappresentano un’importante svolta nella comprensione della malattia di Sjögren. Chiariscono infatti meccanismi cellulari e immunologici coinvolti.
Inoltre, offrono nuove speranze per lo sviluppo di trattamenti più mirati. Come ha affermato il professor Rodrigo Lacruz, uno degli autori dello studio: «Non essere in grado di produrre lacrime o saliva può avere un grande impatto sulla qualità della vita. I nostri studi rappresentano un passo importante verso una migliore comprensione della malattia e verso nuove opzioni terapeutiche».
La malattia di Sjögren è spesso sottovalutata, ma il suo impatto sulla vita quotidiana dei pazienti è profondo.
Sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere ulteriori ricerche è essenziale.
Serve infatti per migliorare la diagnosi precoce, sviluppare trattamenti più efficaci e, in futuro, arrivare a una cura definitiva.
Questa ricerca non è solo un progresso scientifico, ma anche un invito a guardare oltre i sintomi.
«Non solo abbiamo sezionato la causa sottostante della malattia di Sjögren nel nostro modello murino, ma abbiamo correlato questi risultati ai criteri di classificazione della malattia negli esseri umani. Questo ci dà una strada concreta per future terapie».
Così commenta Stefan Feske. Un segnale forte che la scienza continua a lavorare per trasformare la speranza in realtà.