ippoterapia

L’ippoterapia ha bisogno di strutture con programmi riconosciuti ed efficaci ma sono mosche bianche sia in Italia sia all’estero.

L’equitazione cura corpo e mente: il contatto con l’animale e la natura hanno effetti benefici e stimolati. Una disciplina adatta a tutti, grandi e piccini. Così valida che rimane un’ottima terapia per coloro che presentano particolari patologie. Infatti, è considerata integrale perché influenza positivamente lo sviluppo cognitivo, fisico, emotivo, sociale e occupazionale.

Ma per poter parlare di ippoterapia, è necessaria la presenza di un team di esperti che, oltre a conoscere i cavalli, abbiano anche una solida preparazione in fisioterapia, psicologia e pedagogia.

Ippoterapia, patologie neurologiche

All’inizio, in Italia, l’ippoterapia si utilizzava come sostegno alla cure tradizionali per problemi neuro-motori e di tipo psico-motorio. Successivamente, sono emerse evidenze sugli effetti positivi della riabilitazione equestre anche sui disturbi motori che contraddistinguono alcune patologie neurologiche (ad esempio, paralisi cerebrale spastica, sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale, malattia di Parkinson). Così come il rapporto che si instaura con il cavallo può essere una marcia in più nelle attività riabilitative delle persone con disturbi del neuro sviluppo: come lo spetto autistico.

Ippoterapia, cura corpo, emozioni e relazioni

Infatti, i movimenti ritmici sollecitano il corpo e quindi migliorano l’equilibrio, la simmetria muscolare, il coordinamento e la postura. Mentre la relazione emozionale con il cavallo può migliorare l’autostima e quindi la qualità della vita e delle relazioni sociali. Così l’ippoterapia può stimolare più aspetti – sociali, emotivi e fisici – per i quali ha ottenuto importanti riconoscimenti nell’ambito della riabilitazione psichiatrica e neuropsichiatrica.

IIS: “In Italia poche strutture riabilitative”

Ma c’è un ma. L’Istituto Superiore di Sanità scrive che al momento sia in Italia sia all’estero sono davvero poche le strutture in grado di fornire programmi di riabilitazioni con programmi validati e con verifiche della loro efficacia che garantiscano appieno gli utenti e le loro famiglie. Infatti l’ISS e il Ministero della Salute hanno definito delle “Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con gli Animali” ossia degli standard operativi per la corretta e uniforme applicazione degli interventi assistiti con gli animali (IAA), inclusa l’ippoterapia.

Ippoterapia, le linee guida nazionali

Le linee guida, approvate in Conferenza Stato-Regioni nel marzo del 2015 – offrono indicazioni sia sui compiti sia sulle responsabilità delle diverse figure professionali che compongono il gruppo multidisciplinare che interviene in questo tipo di iniziative. Ed ogni figura dovrà acquisire le competenze necessarie attraverso specifici percorsi formativi.

Rizzetto: “Nel reatino mancano strutture IAA”

Sulla questione interviene un educatore ed esperto di ippoterapia, Mauro Rizzetto, coordinatore dell’Assemblea territoriale di Cittadinanzattiva della provincia di Rieti.

Oggi sul territorio reatino, non ci sono strutture che possano offrire la terapia assistita con gli animali – spiega Rizzetto – Nel resto della regione Lazio possiamo trovare esperienze di buon livello ma sono rare e comunque troppo poche rispetto a quello che dovrebbe essere l’assetto dei servizi. Rispetto a qualche anno fa, ci sono delle novità rispetto alle normative della Regione Lazio”.

Rizzetto sulle “unità multidimensionali”

Mi riferisco alle leggi che parlano di unità multidimensionali che sappiano fare progetti di vita per gli assistiti – continua Rizzetto -. Una più ampia logica che comprende anche l’ippoterapia. L’aspetto più importante è quello di demedicalizzare gli interventi per poter trarre i massimi benefici in un contesto, inclusivo, includente e di normalità come un impianto ippico, purché ci siano operatori preparati in grado di effettuare gli interventi. Ma così non è.

Nel reatino il problema è che non sono state realizzate le unità di valutazione multidimensionali che per ogni persona con disabilità o devianza elaborano un profilo funzionale. In tal modo si valuta come tutti gli specialisti che intervengono a favore di questa persona (medico, psicologo, insegnante, operatore sportivo etc) possono agire al fine di dare una organicità agli interventi e fissare degli obiettivi che poi saranno valutati con la scheda valutazione multidimensionale”.

Rizzetto: “Disabile non significa necessariamente malato”

Questo tipo di progettualità permetterebbe un contenimento dei costi, l’ottimizzazione degli interventi verso l’assistito e un vero progetto di vita con un percorso che alla fine porta anche all’inserimento lavorativo. Infatti chi è disabile e non ha patologie non è malato: da qui nasce la volontà di demedicalizzare perché c’è un abuso del termine terapia.

Se una bambino va a fare attività musicale fa attività musicale, se ci va un disabile fa musicoterapia! Solo per fare un esempio. Quindi c’è da demedicalizzare tutta una serie di situazioni che penalizzano queste persone sulle quali una volta messa l’etichetta non si toglie più. E così diventi malato anche se non lo sei. Quindi c’è una forma di discriminazione che preclude il percorso di normalizzazione della vita di queste persone. Mentre le normative di cui parlavo puntano all’autonomia a tutti i livelli della persona”.

Dunque, ci sono le leggi ma non sono sufficienti strutture e personale formato. A Roma c’è l’ospedale San Giovanni Battista che ha attivato nel 2016 uno spazio dedicato all’Ippoterapia. Ma i posti sono 20 e le liste d’attesa lievitano ogni giorno.