Un team di ricerca guidato da Étienne Gagnon, professore del Dipartimento di microbiologia, malattie infettive e immunologia dell’Université de Montréal e direttore dell’unità di ricerca sull’immunobiologia del cancro dell’IRIC, ha sviluppato un protocollo di coltura cellulare che simula con precisione le condizioni dei tumori primari. Questo nuovo approccio ha permesso di ottenere una comprensione più dettagliata del microambiente tumorale, in particolare in condizioni di ipossia, una condizione di basso ossigeno tipica dei tumori solidi

Conosciamo l’ipossia

Ipossia: identificato un marcatore per i tumori ovarici

L‘ipossia è una condizione in cui i tessuti del corpo ricevono una quantità insufficiente di ossigeno. Questa può derivare da vari fattori, come problemi respiratori, malattie cardiovascolari o condizioni di elevata attività metabolica.

Nei tumori solidi, è particolarmente rilevante perché spesso si verifica a causa della rapida crescita delle cellule cancerose, che supera la capacità dei vasi sanguigni di fornire ossigeno sufficiente. Questo crea un ambiente tumorale a bassa ossigenazione, che può influenzare significativamente la biologia dello stesso e contribuire a una prognosi peggiore. In pratica, l’ipossia nei tumori induce una serie di risposte cellulari che facilitano la sopravvivenza delle cellule oncologiche in condizioni avverse.

Queste possono infatti adattare il loro metabolismo, passando dalla respirazione cellulare alla glicolisi anaerobica per ottenere energia in assenza di ossigeno. Inoltre, stimola la produzione di fattori pro-angiogenici come il VEGF, che favorisce la formazione di nuovi vasi sanguigni per cercare di migliorare l’apporto di ossigeno al tumore

Ebbene, questa stessa condizione può rendere le cellule tumorali più resistenti ai trattamenti tradizionali come la chemioterapia e la radioterapia.

In questo contesto, un team di ricerca guidato da Étienne Gagnon, ha recentemente fatto progressi significativi. I ricercatori hanno sviluppato un innovativo protocollo di coltura cellulare che replica accuratamente le condizioni dei tumori primari. Cosa che ha permesso loro di studiare con maggiore precisione l’impatto dell’ipossia sui tumori ovarici.

Entriamo nel vivo della questione.

Metodo LTHY: riprodurre l’ipossia in laboratorio

Per affrontare le sfide associate allo studio dell’ipossia, il team guidato ha sviluppato un avanzato protocollo di coltura cellulare chiamato LTHY, acronimo di “long-term hypoxia” (ipossia a lungo termine). Questo metodo innovativo è progettato per simulare fedelmente le condizioni di grave ipossia osservate in vivo. In che modo?

Creando un ambiente di coltura che riproduce con precisione la durata e la severità dell’ipossia tipica dei tumori solidi.

Il protocollo non si limita a replicare l’ipossia in modo statico.

Combina la prolungata esposizione e l’intensità di questa condizione per emulare l’evoluzione e la gravità della mancanza di ossigeno nei tumori. Grazie a questo approccio, il laboratorio Gagnon ha stabilito nuovi standard nel campo della coltura cellulare, e altre unità di ricerca all’interno dell’IRIC stanno già adottando questo metodo nei loro progetti.

Nuove scoperte sui marcatori di aggressività

Utilizzando il modello LTHY, il team di ricerca ha identificato una variante precedentemente sconosciuta della proteina WT1, che è risultata particolarmente rilevante. Questa nuova forma della WT1 è stata associata a una prognosi negativa nelle pazienti con tumore ovarico. Sebbene la proteina sia già nota per il suo ruolo nella biologia del cancro, la variante scoperta ha mostrato un impatto specifico sulla durata della sopravvivenza delle pazienti, rivelandosi un indicatore critico di aggressività tumorale.

In particolare, durante l’uso del protocollo LTHY, le cellule tumorali sottoposte a ipossia prolungata hanno mostrato una transizione epiteliale-mesenchimale (EMT), che le ha rese più invasive e predisponendole alla metastasi. Durante questa transizione, le cellule hanno prodotto una forma troncata della proteina WT1, derivante da una porzione intronica del gene WT1, normalmente non usata per la produzione proteica. Questa variante, sebbene abbreviata, mantiene la sua funzionalità e si lega a geni coinvolti nell’EMT.

Prospettive future

Lo studio, ha messo in luce che questa variante della WT1 potrebbe servire come marcatore diagnostico per personalizzare le terapie. Di conseguenza, l’identificazione di questa forma specifica potrebbe aprire la strada a nuovi approcci terapeutici. Potrebbe infatti migliorare le opzioni di trattamento per le pazienti con tumore ovarico e le loro prospettive di sopravvivenza.

Fonte

Jordan Quenneville et al, Long-term severe hypoxia adaptation induces non-canonical EMT and a novel Wilms Tumor 1 (WT1) isoform, Cancer Gene Therapy (2024).

Materiale fornito da University of Montreal