Nell’ambito della salute deve essere ricompresa anche la natalità. Sull’argomento si è ampiamente dibattuto nel corso dell’incontro “Demografica – Popolazione, persone, natalità: noi domani”, svoltosi di recente a Roma per discutere sui temi demografici.
L’evento ha posto anche l’attenzione sulla salute riproduttiva degli uomini, poiché da anni si assiste a «un progressivo declino del potenziale riproduttivo maschile». È quanto ha dichiarato Andrea Isidori, presidente della Siams, la Società italiana di andrologia e medicina della sessualità, intervenuto all’incontro. Un fenomeno preoccupante determinato anche da fattori come inquinamento e stili di vita, sui quali è necessario lavorare per salvaguardare la fertilità nei ragazzi.
Inquinamento e alcol influiscono sulla fertilità
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Il problema dell’infertilità deve essere affrontato con politiche generali. Ogni anno, difatti, si riduce il numero e la qualità degli spermatozoi. Purtroppo, il problema non è solo italiano, ma investe anche aree geografiche con alto tasso di natalità. «Si pensi che recentemente in Cina è emerso che non è disponibile una quantità sufficiente di donatori per le banche del seme», sottolinea Isidori. Ciò «ci fa ovviamente pensare all’inquinamento: viviamo immersi in un cocktail di sostanze che influisce sulla fertilità».
Su un piano medico, invece, devono essere valutati anche gli stili di vita. «Da un’analisi su 12mila ragazzi italiani delle superiori ai quali sono stati misurati i volumi testicolari è emerso che il 17% aveva volumi patologici. Ciò significa che c’è qualcosa che interferisce con il normale sviluppo. I ragazzi sono esposti ad alcuni elementi, dall’alcol a sostanze da abuso, che in questa fase dello sviluppo sono importanti», afferma l’esperto.
Comunicare ai giovani i messaggi giusti
Secondo lo specialista, esiste un problema culturale e di comunicazione che deve essere affrontato con metodi adeguati. Se i giovani assumono alcol o sostanze stupefacenti, bisogna trovare il modo per far capire loro il pericolo che corrono.
«Dire ai ragazzi di non prendere queste sostanze perché compromettono la fertilità rischia di non avere molta presa. Serve cercare messaggi positivi da comunicare», continua Isidori. «Ma serve anche mettere in campo screening. Infatti, molte delle patologie andrologiche che si acquisiscono in questa fase di transizione si possono gestire, ma vanno riconosciute».
È, dunque, estremamente necessario investire nella salute riproduttiva dei più giovani, anche perché è connessa con la salute dell’individuo nella sua globalità. Importante dunque favorire la diffusione degli stili di vita sani e lavorare sull’ignoranza diffusa in materia di salute e riproduzione.
Infertilità femminile, la parola all’esperto
Sull’infertilità di coppia e femminile di questi anni, interviene Antonio Lanzone, direttore UOC Ostetricia e Patologia Ostetrica – Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma. Precisa che non è frutto del destino cinico e baro, ma «l’abbiamo costruita con le nostre mani, in questa epoca e in questa società. Ai tempi dei miei studi universitari i fattori di infertilità femminile erano tendenzialmente organici. Oggi i problemi organici li abbiamo superati in gran parte.
La realtà è che c’è un fondamentale impatto dell’età della donna. Se la donna decide di avere un bambino a un’età maggiore sarà più facilmente sovrappeso. C’è più possibilità che si trascini malattie ginecologiche, fibromi, endometriosi. Ma – conclude Lanzone – c’è anche più accumulo di inquinanti atmosferici o alimentari, l’alcol ad esempio. L’età influisce anche sulla qualità ovocitaria. Fattori che non si sommano, ma si moltiplicano».