L’aumento delle temperature, l’inquinamento atmosferico e l’intensificazione di eventi climatici estremi compromettono la salute della pelle. L’allarme è stato lanciato dalla SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse). Gli esperti hanno evidenziato che il cambiamento climatico non rappresenta solo una minaccia per l’ambiente, ma anche un’emergenza sanitaria con impatti diretti e indiretti sulla pelle.
Riscaldamento globale e danni da radiazioni ultraviolette
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L’esposizione prolungata a temperature elevate e le radiazioni ultraviolette intensificate aumentano il rischio di scottature, l’invecchiamento precoce e i tumori cutanei.
«Le radiazioni ultraviolette sono un noto fattore di rischio per i tumori della pelle e la loro intensificazione a causa del cambiamento climatico può aggravare il problema». Così Annunziata Dattola, Professore Associato di Dermatologia all’Università Sapienza di Roma e Segretario Generale dell’ICD. «Inoltre, l’alterazione della composizione atmosferica, con un incremento delle sostanze inquinanti e una riduzione dello strato di ozono, contribuisce a un’esposizione maggiore ai raggi UV. Ciò rende la prevenzione ancora più cruciale per la protezione della pelle e la riduzione dei casi di melanoma ed altri tumori cutanei. Gli scienziati del clima hanno dichiarato che la gravità del riscaldamento futuro è legata al volume di gas serra rilasciati».
L’aria che respiriamo si riflette sulla pelle
L’impatto dell’inquinamento atmosferico – potenziato dai cambiamenti climatici – non si limita all’apparato respiratorio. La pelle è costantemente esposta all’ambiente e risente in modo diretto dell’aumento di particolato, ossidi di azoto e altre sostanze tossiche, che compromettono la barriera cutanea. Favoriscono pertanto condizioni come acne, eczema e infiammazioni croniche.
La ricerca ha dimostrato che l’inquinamento atmosferico può anche contribuire all’insorgenza di nuove patologie cutanee, rendendo la pelle più suscettibile a infezioni e allergie. L’incidenza delle malattie cutanee infiammatorie e infettive, secondo gli esperti, aumenta in modo significativo dopo eventi meteorologici estremi come inondazioni e ondate di calore.
In aumento le allergie cutanee: la CO₂ favorisce i pollini
I ricercatori hanno rilevato che temperature più alte e concentrazioni elevate di CO₂ stimolano la crescita di piante allergeniche, aumentando la presenza di pollini nell’aria. Un rischio concreto per chi è predisposto alle allergie cutanee, con manifestazioni come orticaria e dermatiti allergiche.
Le condizioni climatiche mutevoli possono influenzare la distribuzione geografica di allergeni e patogeni, rendendo le persone più vulnerabili a nuove forme di allergie e infezioni cutanee. «Basti pensare – aggiunge Dattola – che l’aumento dell’umidità relativa e delle precipitazioni in alcune regioni sta anche favorendo la proliferazione di muffe e acari della polvere. La conseguenza è un aggravamento di dermatiti atopiche e altre condizioni allergiche della pelle. La dermatite atopica soprattutto in età pediatrica colpisce i bambini tra il 5 ed il 20%».
Alcuni studi indicano un aumento del 14-31% nei ricoveri d’emergenza per dermatite atopica dopo le inondazioni.
Strategie sanitarie e ambientali per affrontare i rischi
Secondo gli esperti SIDeMaST è necessario un approccio integrato per affrontare i rischi deii cambiamenti climatici sulla pelle.
«È necessario – conclude Giuseppe Argenziano, presidente SIDeMaST – adottare misure di mitigazione e adattamento per affrontare queste sfide e proteggere la salute dermatologica della popolazione. Strategie di prevenzione, come l’uso di filtri solari avanzati, la protezione dall’inquinamento e il miglioramento delle abitudini igieniche, devono essere integrate con politiche ambientali. Politiche volte a ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell’aria».