La proteina morfogenetica ossea ricombinante umana 4 (hrBMP4) potrebbe dare luogo a un approccio terapeutico nuovo contro il glioblastoma multiforme (GBM). Questa proteina infatti ha dato prova di una certa efficacia nel blocco e, in alcuni casi, dell’eliminazione della neoplasia.
“L’obiettivo non è più cercare di uccidere tutte le cellule del cancro, ma focalizzarsi, come bersaglio, solo sulle cellule staminali carcinogeniche, vero motore dello sviluppo tumorale. Inoltre, non si cerca di ucciderle, come avviene con i trattamenti attuali; ma, agendo su di esse per farle diventare mature e differenziate, le si rende incapaci di moltiplicarsi e sostenere la crescita del tumore“. A spiegarlo è l’Università degli Studi di Milano Bicocca, in una nota.
Terapia di pro-differenziamento nel glioblastoma multiforme
Indice dei contenuti
La nuova terapia messa a punto dai ricercatori è detta di pro-differenziamento. Finora ha superato lo studio clinico di fase 1, dal quale emerge che essa è ben tollerata dai pazienti e sicura. La popolazione presa in esame ha riguardato pazienti affetti da glioblastoma recidivante, con un’aspettativa di vita media di circa 5 mesi.
“Il 20% dei soggetti ha risposto alla terapia: in due pazienti la lesione è completamente scomparsa, in assenza di altri trattamenti concomitanti; e un terzo paziente, con risposta parziale, è sopravvissuto fino a 27 mesi (circa 4 volte il tempo medio di comparsa delle recidive). Inoltre, nei soggetti “non-responder”, la recidiva si è manifestata quasi esclusivamente nelle aree cerebrali non irrorate da hrBMP4“.
Il trial, pubblicato su una delle più importanti riviste oncologiche, “Molecular Cancer”, è stato messo a punto e sostenuto con oltre 14 milioni di euro da StemGen SpA, biotech italiana nata all’interno dell’Università di Milano-Bicocca. La ricerca è stata ideata e coordinata da Angelo Vescovi, Direttore Scientifico dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG) e Professore Associato presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze della Bicocca.
Una speranza contro il più aggressivo dei tumori del cervello
“Se si considera che lo studio è stato condotto su soggetti già molto compromessi da una patologia in stadio avanzato e che le terapie standard, a fronte di notevole tossicità e pesanti effetti collaterali, allungano solo di 5 mesi l’aspettativa di vita dopo una recidiva, i risultati ottenuti rappresentano una speranza concreta per iniziare a cambiare la storia di questo terribile tumore cerebrale” – ha spiegato il prof. Vescovi.
“E c’è di più: un dato fra i più sorprendenti della ricerca, ci arriva anche dai soggetti che non hanno risposto alla terapia. In questi pazienti, infatti, abbiamo osservato che il tumore è tornato a crescere soltanto nelle aree del cervello in cui non siamo riusciti a far arrivare il farmaco, a causa dei limiti delle tecniche di infusione nel coprire con precisione la lesione cancerosa. Viceversa, i 3 pazienti responder sono tra quelli in cui il farmaco ha raggiunto una porzione maggiore di tumore. Questa è un’ulteriore prova del fatto che la proteina hrBMP4, agendo come regolatore inibitorio delle cellule staminali neoplastiche, può essere in grado di bloccarne la crescita”.
Lo studio multicentrico, condotto a livello internazionale, ha visto coinvolti: la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, il prof. Clemens Dirven e il team dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, il Brainlab A.G. di Monaco di Baviera, il Tel Aviv Medical Center, la University Clinic Hamburg-Eppendorf e l’Amsterdam University Medical Center. La ricerca ha ricevuto il supporto anche dalle americane “The Brain Tumor Funders’ Collaborative Initiative” e “James S. McDonnel Foundation”.
Glioblastoma multiforme, 40mila nuovi casi ogni anno
Il glioblastoma multiforme origina dalle cellule gliali ed è il tumore maligno del cervello più diffuso ed anche più aggressivo. Conta circa 40.000 nuovi casi ogni anno nel mondo e dà un’aspettativa di vita alla diagnosi veramente breve. Parliamo di circa 14 mesi e mezzo soltanto. Esso infatti è caratterizzato dalla crescita rapida e invasiva delle cellule tumorali nel tessuto cerebrale circostante ed è noto per essere molto resistente alla terapia; la prognosi generalmente è sfavorevole e i pazienti, dopo l’intervento di rimozione, sono spesso soggetti a recidive.
Ora si attende la fase 2 dello studio clinico (e nuovi finanziamenti). Saranno arruolati circa 250 pazienti, sia con recidiva di glioblastoma multiforme che di nuova diagnosi. “Se i risultati promettenti dimostrati finora saranno confermati negli studi di fase 2, si aprirà la strada a una terapia innovativa che potenzialmente cambierà gli esiti clinici per i pazienti affetti da gliomi maligni” – ha commentato il professor Henry Brem, primario di Neurochirurgia presso la Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora (USA).