Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, una variante genetica è causa della depressione.
In tutto il mondo, la depressione maggiore è una delle patologie che provocano più problemi in ambito economico e sociale. La ricerca indica come fattore di rischio determinante la mutazione rara del gene GPR156. Questo gene è legato a un tipo di recettore, una specie di “antenna” sulle cellule, che si chiama “recettore orfano accoppiato a proteine G”. Attivo in una zona del cervello chiamata “abenula mediale”, assume un ruolo fondamentale nel controllare l’umore e la risposta allo stress. Durante lo studio, i ricercatori hanno inserito la stessa mutazione nei topi da laboratorio ed hanno notato che l’abenula dei topi diventava iperattiva se sottoposti a stress e quindi capace di influenzare enormemente l’umore.
Cos’è la depressione
Il disturbo depressivo maggiore, conosciuto anche come depressione clinica, unipolare o ricorrente è una condizione psicologica che fa parte dei disturbi dell’umore. Si manifesta attraverso periodi in cui la persona sperimenta un forte calo dell’umore, spesso accompagnato da scarsa autostima e perdita di interesse o piacere per attività che normalmente risultano piacevoli, una condizione nota come anedonia. Questo insieme di sintomi è stato riconosciuto ufficialmente e incluso tra i disturbi dell’umore nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) a partire dal 1980, pubblicato dall’American Psychiatric Association. Al momento, non esiste un esame di laboratorio specifico per diagnosticarla. L’età in cui compare più spesso va dai 20 ai 40 anni, con un picco di incidenza tra i 30 e i 40.
Sintomi
Secondo Psychiatry.org i sintomi della depressione possono variare da lievi a gravi e manifestarsi in modo diverso in ogni persona. Questi sintomi possono includere:
Sentirsi tristi, irritabili, vuoti e/o senza speranza.
Perdita di interesse o piacere nelle attività che un tempo ti piacevano.
Un cambiamento significativo nell’appetito (mangiare molto meno o molto più del solito) e/o nel peso (perdita o aumento notevoli non correlati alla dieta).
Dormire troppo poco o troppo.
Diminuzione dell’energia o aumento della stanchezza o dell’affaticamento
Aumento dell’attività fisica senza scopo (ad esempio, incapacità di stare seduti, camminare avanti e indietro, torcersi le mani) o rallentamento dei movimenti o del linguaggio, abbastanza gravi da essere osservabili da altri.
Sentirsi inutili o eccessivamente in colpa.
Difficoltà di pensiero o di concentrazione, perdita di memoria e/o difficoltà nel prendere decisioni di piccola entità.
Pensieri di morte, ideazioni suicide o tentativi di suicidio.
È normale provare momenti di tristezza o sentirsi “giù di morale” o di malinconia, come parte dell’esperienza umana. Tuttavia, una diagnosi di depressione richiede che i sintomi sopra descritti si manifestino per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, per più di due settimane, insieme a un netto cambiamento nel funzionamento quotidiano (ad esempio, nel rendimento lavorativo/scolastico, nelle relazioni personali e negli hobby).
Recidiva non sempre presente
Non tutte le persone che soffrono di depressione soffrono di recidive. Una particolarità segnalata dai ricercatori Scott M. Monroe e Kate L Harkness su Pubmed. Di conseguenza, il fatto che ci sia un fattore genetico come indicatore di rischio introduce nuove variabili e sfumature possibili.
Trattamento
La cura solitamente prevede l’uso di antidepressivi e, frequentamente, anche percorsi psicoterapeutici. Nei casi più gravi è necessario un ricovero ospedaliero, ad esempio quando la persona trascura sé stessa o quando c’è un rischio concreto di autolesionismo o di fare del male agli altri. Il decorso di questa patologia può cambiare molto a seconda delle situazioni. Alcune persone hanno un solo episodio che dura alcune settimane, mentre altre possono convivere con la malattia per tutta la vita, con ricadute periodiche.
Questa nuova scoperta, si configura quindi come un decisivo passo avanti per l’individuazione di nuovi bersagli per futuri approcci e cure.