Allarme cannabis: alcuni dati riportano che nell’ultimo anno circa il 30% degli studenti italiani delle scuole superiori è venuto in contatto con questa sostanza. Gli effetti della cannabis sulla crescita intellettiva dei giovani sono devastanti. Dai dati, infatti, emerge la perdita di 10 punti di quoziente intellettivo in coloro i quali ne fanno uso.

Non è tutto: a preoccupare è la percentuale (15-20%) dei casi in cui la cannabis induce psicosi, principalmente schizofrenia.

A lanciare l’allarme è stato Stefano De Lillo, vicepresidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma. In occasione del convegno dal titolo “Cannabis – Dall’uso terapeutico all’abuso ricreativo”, De Lillo ha sottolineato la grande diffusione delle sostanze psicoattive in questo periodo.

L’evento, svoltosi presso l’Aula Magna-Padiglione ‘Puddu’ dell’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, è stato organizzato per ribadire che l’uso terapeutico della cannabis ha delle specifiche indicazioni.

Uso terapeutico e uso ricreativo della cannabis

Il medico di medicina generale, il pediatra, gli operatori di Pronto soccorso e gli psichiatri, incontrano quotidianamente pazienti che fanno uso di sostanze psicoattive. In particolare la cannabis.

Nel corso del convegno, i relatori hanno spiegato la differenza tra l’uso terapeutico della cannabis, ben delimitato e ristretto a poche e ben precise circostanze. Contestualmente, hanno evidenziato la diffusione del cosiddetto ‘uso ricreativo’, soprattutto nei giovani, che preoccupa molto la classe medica.

«Proprio per questo motivo – ha dichiarato De Lillocome Ordine dei medici della Capitale riteniamo sempre più attuale e necessaria la formazione della stessa classe medica su una tematica così importante e delicata».

Gli aspetti terapeutici della sostanza nella pratica clinica

Al convegno ha partecipato anche il Direttore Scientifico della Fondazione ‘San Camillo-Forlanini’ di Roma, Giovanni Minisola. Nella sua relazione si è soffermato sulla cannabis, con particolare riferimento agli aspetti terapeutici nella pratica clinica. «In realtà bisognerebbe parlare di sistema cannabinoide nel quale figurano essenzialmente tre componenti. Sono gli endocannabinoidi naturali, i fitocannabinoidi, ovvero quelli che si estraggono dalle piante e, infine, i cannabinoidi sintetici. I primi – asserisce Minisola – li abbiamo già nel nostro organismo e regolano molti aspetti della fisiologia umana. Giocano sicuramente un ruolo in molte condizioni e funzioni fisiologiche particolari. Tra questi la memoria, il dolore, il sistema di riconoscimento, la regolazione della temperatura o il senso della fame. Sono sostanze che hanno dimostrato di avere anche un effetto anti-infiammatorio, immunomodulatorio, antiossidativo, cardioprotettivo e neuromodulatorio. Effetti utili in condizioni collegate all’invecchiamento, come le malattie neurodegenerative, muscolo-scheletriche, oncologiche e cardiovascolari».

Dal controllo del dolore alla schizofrenia

I cannabinoidi trovano impiego in selezionate patologie, come in alcune forme molto gravi di epilessia o per il controllo del dolore. È efficace anche contro alcune manifestazioni dell’HIV, come il deperimento, e nel modulare alcune reazioni immuni. Svolge un ruolo positivo contro il vaiolo delle scimmie e interferisce contro l’infezione da Sars-Cov2.

Ma quando da queste condizioni terapeutiche si passa a quelle di abuso, alle cosiddette ‘condizioni ricreative’, si devono considerare gli eventi avversi correlati. L’impiego ricreativo della cannabis determina effetti deleteri sul cervello, inducendo modifiche del comportamento e compromissione della memoria e favorendo allucinazioni e psicosi.

«La cannabis – dichiara Ferdinando Nicoletti, ordinario di Farmacologia alla Sapienza di Roma – è piena di composti psicoattivi, i fitocannabinoidi. E tra questi il THC è l’elemento pericoloso, perché altera i meccanismi che regolano l’attività sinaptica nel sistema nervoso centrale e le attività di network. Può aprire la porta alla schizofrenia».