calabria medici

Arrivano da Cuba i medici in rinforzo per la sanità pubblica della Regione Calabria, che sta soffrendo molto la carenza di professionisti da almeno un decennio. Già arrivati in 52 lo scorso gennaio, la regione ne ha previsto l’arrivo di altri 126 entro le prossime cinque settimane. Sempre dopo un corso di lingua di 3 settimane, in modo che siano in grado di capire e farsi comprendere in lingua italiana.

Il provvedimento porta la firma del governatore Roberto Occhiuto. In Calabria mancano 2.407 medici, e vari sono stati i tentativi di reclutamento che negli anni sono andati a vuoto. Le branche della medicina scoperte sono soprattutto la chirurgia, la pediatria, la terapia intensiva a rianimazione; servono specialisti in malattie dell’apparato cardiovascolare, ginecologia e ostetricia, radiodiagnostica, ortopedia e traumatologia.

Oltre ai medici cubani, la Regione Calabria ha anche stipulato una convenzione con l’ospedale “Bambino Gesù” di Roma, che per tre anni invierà i propri medici presso l’ospedale “Mater Domini” di Catanzaro. Lo scorso gennaio hanno ufficialmente preso servizio in Calabria per effettuare le prime visite. “L’accordo prevede anche una serie di attività che verranno realizzate dal Bambino Gesù in collaborazione con le strutture, gli specialisti e i pediatri della Regione Calabria. L’obiettivo è potenziare la rete pediatrica regionale; migliorare la capacità di risposta sul territorio; contenere la migrazione sanitaria in ambito pediatrico“.

Medici da Cuba in Calabria fino al 2025

L’annuncio dell’arrivo di altri medici da Cuba in Calabria l’ha dato direttamente il presidente Occhiuto dalla sua pagina Facebook. “Continuiamo senza sosta a cercare medici italiani tramite i concorsi, ma adesso il pericolo era di dover chiudere strutture sanitarie per carenza di personale. È nostro dovere affrontare l’emergenza con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, per garantire cure e servizi ai cittadini calabresi“. Alla fine 497 i medici cubani in Calabria; e sarà possibile tenerli in servizio fino al 2025.

L’obiettivo era scongiurare la chiusura delle strutture sanitarie calabresi, a rischio per carenza di personale sanitario; e poi anche di contrastare il fenomeno dei medici a gettone, un costo dell’assistenza sanitaria pubblica eccessivo. “Le cooperative di medici a gettone che fanno pagare alle aziende sanitarie d’Italia 120 euro, in Calabria 150 euro, ad ora per ogni medico” – ha spiegato Occhiuto.

I medici a gettone sono quelli che preferiscono il sistema delle cooperative, le quali inviano – nelle stesse strutture pubbliche – gli stessi professionisti che da dipendenti sarebbero pagati la metà o che comunque non sarebbero contrattualizzati stabilmente. Si tratta di un fenomeno diffuso in molte regioni italiane ed il governo ha già varato una stretta sul ricorso alle esternalizzazioni con il “Decreto legge Energia” in vigore dal 31 marzo 2023. Ora il ricorso ai gettonisti è consentito fino ad un massimo di 12 mesi, senza possibilità di proroga, e solo in caso di necessità e urgenza; il tutto dopo una verifica dell’indisponibilità di personale interno ed ovviamente sui requisiti professionali di legge.

I medici arrivati da Cuba, lo scorso dicembre, per lavorare in Calabria (foto: facebook)

La Puglia guarda all’Albania, la Sicilia attinge in Argentina

Se all’inizio del conflitto russo, lo scorso anno, ai medici ucraini – per una motivazione del tutto diversa dalla carenza di personale – era stato permesso lavorare negli ospedali italiani; il ricorso a medici provenienti dall’estero oggi sta diventando una necessità diffusa in molte regioni.

Al nord Italia, soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e altre, al momento è più diffuso il fenomeno dei gettonisti; il sud al contrario sta preferendo guardare oltre lo Stivale per colmare la carenza di professionisti della salute. La Puglia ha infatti avviato il reclutamento di medici dall’Albania: i primi quattro sono stati impiegati nella Asl di Taranto.

La Sicilia invece si è rivolta all’Argentina, reclutando medici dal Paese sudamericano grazie ad un accordo con l’università nazionale di Rosario. L’ospedale di Mussomeli, cittadina di 10mila abitanti in provincia di Caltanissetta, funzionava a mezzo servizio e rischiava la chiusura per mancanza di turnover. Sarebbe stato un grosso problema di accesso all’assistenza sanitaria per 15 comuni e un totale di 75mila cittadini che poi si sarebbero dovuti rivolgere a Caltanissetta e Agrigento, i presidi più vicini e comunque distanti almeno un’ora di viaggio.

Risolvere la carenza di medici con la formazione

L’aumento di posti alle facoltà universitarie di Medicina sarà un modo per risolvere il problema della carenza di professionisti in Italia, ma si tratta di una soluzione sul lungo periodo. Anche perché allo stesso tempo bisognerebbe aumentare anche i posti nelle specializzazioni, per evitare l’effetto imbuto. Un fatto che sembra comunque essere già nell’agenda della ministra dell’Università e Ricerca Anna Maria Bernini.

E bisognerebbe trovare anche un modo per evitare la fuga dall’Italia verso l’estero. In Italia infatti sono sempre più denunciati per presunti errori medici in corsia o in sala operatoria, e meno pagati rispetto ad altri Paesi. Ed allo stesso tempo la ricerca è poco valorizzata, nonostante enormi successi e brillanti potenzialità.

Dl Calabria aggiornato: assunzione automatica specializzandi

Dal 2019, con il Dl Calabria, gli specializzandi del terzo, quarto e quinto anno possono svolgere una formazione-lavoro con contratto a tempo determinato. I medici non ancora specializzati possono così partecipare anche ai concorsi relativi a specializzazioni equipollenti ed affini a quella da loro frequentata.

Con l’art.15 del recente decreto bollette, il provvedimento ha visto una implementazione. L’associazione di categoria, Anaao Giovani, si dice “profondamente soddisfatta” di questa riforma sanitaria. Spiega: “Tale articolo introduce tre importanti implementazioni, da tempo auspicate dal nostro sindacato; rappresenta un punto di svolta epocale per una intera generazione di giovani medici specializzandi“.

Le richieste erano state presentate formalmente il 12 aprile scorso in audizione al Senato. Riguardavano:

  • L’assunzione degli specializzandi, a partire dal 3° anno di corso: diviene strutturale e parte integrante delle modalità di assunzione di personale medico, che avviene con contratto a tempo determinato con automatica conversione a tempo indeterminato al conseguimento del titolo di specialità.
  • Il raddoppio da 18 a 36 mesi del tempo massimo di assunzione in tutti gli ospedali facenti parte della rete formativa di tutte le scuole di specializzazione italiane della disciplina in cui il giovane medico è iscritto.
  • La deburocratizzazione dell’assunzione: l’assunzione è d’ufficio dopo 90 giorni dal momento in cui l’azienda sanitaria invia formale richiesta di assunzione all’Università in cui lo specializzando risulta iscritto. “Tale assunzione, divenendo automatica e seguendo le modalità previste dall’accordo quadro nazionale, sblocca de facto centinaia di assunzioni tuttora non perfezionate“.