burnout

Il burnout è una sindrome derivante da stress che si verifica soprattutto sul lavoro. E secondo la ricerca della Fadoi, Società scientifica di medicina interna, è responsabile di circa centomila errori sanitari all’anno. I risultati della ricerca sono stati resi noti al 28esimo Congresso Nazionale che si è tenuto a Milano nei giorni scorsi.

Secondo i dati dello studio, condotto su circa duemila professionisti della salute, il 52% dei medici e il 45% degli infermieri che lavorano nei reparti di medicina interna degli ospedali, soffrono di questa sindrome. Si tratta di un dato che dovrebbe far suonare un campanello d’allarme, perché i reparti di medicina interna sono quelli che, da soli, assorbono un quinto di tutti i ricoveri in Italia.

Sia nel caso dei medici che in quello degli infermieri, a soffrire di più lo stress sono le donne: l’incidenza è più del doppio tra le donne. Sono queste ultime, infatti, a dover fare i conti con la coniugazione del tempo di lavoro con quello degli impegni familiari e soprattutto dei figli. Altro fattore che influisce, oltre al genere, è l’età: sotto i 30 anni la percentuale di chi è in burnout scende al 30,5%.

C’è però anche un dato positivo. Nonostante le interferenze del burnout, la maggior parte dei medici e degli infermieri ha dichiarato di “di aver affrontato efficacemente i problemi dei propri pazienti“.

Burnout, lo stress che rende vulnerabili medici e infermieri

Il termine burnout è stato introdotto per la prima volta negli anni ’70 dallo psicologo americano Herbert Freudenberger, che lo ha definito come “la sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e riduzione delle prestazioni che possono verificarsi in individui impegnati in aiutare gli altri“. Il burnout è un fenomeno complesso che può essere influenzato da molti fattori, tra cui il carico di lavoro, la mancanza di supporto sociale e organizzativo, la mancanza di risorse, la mancanza di controllo e l’incertezza sul lavoro.

Il burnout è spesso associato a professioni ad alto stress, come quelle sanitarie, sociali o di assistenza. I sintomi possono includere stanchezza cronica, irritabilità, disaffezione verso il lavoro, difficoltà a concentrarsi, sensazione di inefficacia e perdita di motivazione. Questi sintomi possono influire negativamente sulla salute fisica e mentale dell’individuo e sulla qualità del lavoro svolto. Gli operatori sanitari che si occupano di pazienti gravemente malati o che affrontano situazioni traumatiche possono essere esposti ad elevati livelli di stress. Un po’ come è accaduto durante la pandemia di Covid. Questi fattori possono portare a una diminuzione della qualità dell’assistenza sanitaria e ad un aumento degli errori medici.

Stress: medici e infermieri possono finire nei guai

Un medico che sbaglia potrebbe essere accusato di negligenza medica. Ed è questa una delle peggiori conseguenze del burnout. Tale condizione infatti può danneggiare il professionista sanitario sia dal punto di vista psicologico che professionale: può indurlo a commettere errori di diagnosi ed errori di prescrizione a causa della perdita di concentrazione; ed esse possono a loro volta provocare un danno al paziente. La responsabilità legale dei medici è un fattore da non sottovalutare ed essa può implicare, in maniera non sempre evitabile, anche una responsabilità legale degli ospedali, che dovrebbero prevenire le situazioni di pericolo diretto e indiretto per i propri dipendenti e per i pazienti applicando regolamenti sanitari caratterizzati da linee guida aggiornate e moderne.

Ribaltando il punti di vista, infatti, i pazienti possono subìre lesioni da incidenti medici: errori di emergenza, errori di radiologia; può verificarsi un errore di farmacologia, oppure esserci errori di anestesia, errori di chirurgia o anche errori di terapia intensiva per fare degli esempi. La responsabilità del medico e la responsabilità dell’ospedale possono essere quindi chiamati in causa ogni volta per violazioni dei diritti dei pazienti, lesioni e danni. Perché se i primi hanno il dovere di assicurare una appropriata assistenza, gli ammalati hanno il diritto a ricevere le giuste cure.

Anche un infermiere che sbaglia può finire nei guai. Gli errori infermieristici più comuni, che dovrebbero essere evitati, consistono in:

  • errori di somministrazione dei farmaci: dosaggi sbagliati o scambio di terapie;
  • cadute accidentali da parte di pazienti che sono per lo più soli e che possono essere evitate con un monitoraggio attento;
  • diffusione di infezioni ospedaliere: evitabili con un’accurata igiene delle mani ed applicando le giuste tecniche di prevenzione;
  • errori di documentazione: trascrizioni e registrazioni omesse/errate di informazioni, procedure e somministrazioni di farmaci.

Come prevenire i danni da burnout nella sanità

Le politiche sanitarie dovrebbero prevenire i problemi di sicurezza del paziente e del personale sanitario impiegato, mediante una turnazione sostenibile e supporto psicologico adeguato.

Per prevenire e gestire il burnout tra medici e infermieri, negli ultimi anni sono state sviluppate diverse strategie, tra cui la promozione di un ambiente di lavoro sano e supportante, la formazione sull’autocura e l’autovalutazione della propria salute mentale e fisica.

Inoltre, è importante che i professionisti sanitari abbiano accesso a servizi di supporto psicologico, come la consulenza o la terapia. Queste ultime sono infatti un ottimo strumento per comprendere se si ha bisogno di aiuto e come eventualmente intervenire per gestire lo stress e migliorare la qualità della propria vita lavorativa e personale.