Nel campo della medicina rigenerativa, una scoperta sorprendente e rivoluzionaria sta affascinando la comunità scientifica: gli “antrobot“.
Parliamo di minuscoli robot, composti da cellule umane, che hanno un potenziale straordinario nel riparare il tessuto neurale danneggiato e non solo…
Conosciamo gli Antrobot
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Gli innovativi “antrobot” sono il risultato di una ricerca pionieristica “rivoluzionaria”, nell’ambito dell’ingegneria tissutale. A condurla, Michael Levin della Tufts University e il suo team.
Composti da poche centinaia di cellule tracheali umane, i “robot formica” rappresentano una svolta epocale nella medicina rigenerativa.
Secondo Alex Hughes, bioingegnere dell’Università della Pennsylvania a Filadelfia, la scoperta rappresenta un ponte verso quello che potremmo definire l'”ingegneria tissutale 2.0″.
La loro capacità di riparare danni ai tessuti nervosi potrebbe essere infatti la chiave per affrontare una vasta gamma di patologie.
Nello specifico, le minuscole entità sono in grado promuovere la guarigione e aprire nuove prospettive per trattare lesioni e malattie neurologiche.
La rivoluzionaria scoperta è stata pubblicata su Advanced Science.
Antrobot Vs Xenobot
Tranquilli, non stiamo parlando di una lotta fra due personaggi di un cartoon giapponese. Vogliamo solo introdurre le nuove piccole entità robotizzate e i loro diretti antenati: gli xenobot.
Questi ultimi sono dei robot biologici e biodegradabili che, almeno inizialmente, utilizzavano gruppi di cellule embrionali di rana.
A idearli nel 2020, sempre il biologo dello sviluppo Michael Levin.
Purtroppo, le loro applicazioni mediche si sono dimostrate limitate, poiché non derivavano da cellule umane e richiedevano una modellazione manuale per ottenere la forma desiderata.
Poi la svolta con gli “antrobot autoassemblanti“.
Come funzionano i robot “formica”
Grazie all’innovativa coltura in gel, seguita da una fase di crescita in una soluzione meno densa, gli antrobot sviluppano delle ciglia direzionali.
Queste ciglia, disposte all’esterno degli aggregati, agiscono come remi, consentendo agli antrobot di muoversi in schemi sorprendentemente diversificati.
Durante le simulazioni, alcuni viaggiavano in linea retta, altri in cerchi o archi, mentre altri ancora si muovevano in modo caotico, creando un vero e proprio spettacolo di coordinazione cellulare.
Ma la vera rivoluzione sta nel loro assemblaggio autonomo.
“Gli antrobot si auto-assemblano in laboratorio. A differenza degli xenobot, non servono pinzette o bisturi per dare loro forma e si possono utilizzare cellule adulte-anche di pazienti anziani-invece di cellule embrionali”.
A sottolinearlo, la biologa dello sviluppo Gizem Gumuskaya, una degli autori dello studio.
Plasmati insieme in un “superbot” e posizionati su uno strato di tessuto neurale graffiato, le formichine hanno compiuto un atto miracoloso: in soli tre giorni, il tessuto è completamente guarito.
Questo risultato eccezionale è stato ottenuto senza alcuna modifica genetica, sottolineando la straordinaria natura di questa capacità di riparazione.
Gizem Gumuskaya, ha espresso meraviglia per questa risposta inaspettata, sottolineando quanto sia straordinario il fatto che le cellule antrobot siano state in grado di svolgere una funzione di riparazione così complessa senza alcuna manipolazione genetica. “Non è ovvio ottenere questo tipo di risposta“, ha dichiarato.
Il futuro delle “formiche robot”
Il team di ricercatori si sta ora concentrando nello studio del potenziale terapeutico di queste entità cellulari rivoluzionarie.
Nella visione dei ricercatori, si prospetta un futuro in cui i tessuti danneggiati o malati possano essere trattati e guariti grazie a queste potenti macchine cellulari, tutto senza interventi invasivi, farmaci aggressivi e senza ricorrere alla manipolazione genetica.
Il loro potenziale è sorprendente: immaginate antropobot che puliscono le arterie, sciolgono il muco o distribuiscono farmaci.
Inoltre, la combinazione di diverse tipologie cellulari e l’esplorazione di stimoli specifici potrebbero persino portare allo sviluppo di biobot, robot costituiti da materiale biologico, con implicazioni incredibili nella costruzione sostenibile e nell’esplorazione spaziale.
Antrobot e “medicina personalizzata”
Le implicazioni di questa nuova frontiera scientifica vanno ben oltre la semplice riparazione e rigenerazione dei tessuti.
Il bioingegnere Michael Levin e i suoi colleghi stanno aprendo le porte a una nuova era della medicina personalizzata. Questo potrebbe significare trattamenti mirati per malattie neurologiche, lesioni spinali e altre condizioni neurologiche complesse.
Nonostante la strada sia ancora lunga prima che questi “antrobot” possano essere impiegati in ambito clinico, i progressi finora compiuti rappresentano una promessa per il futuro della medicina rigenerativa, inclusa la ricrescita degli arti..
Questo non è solo un passo avanti nella scienza: è un balzo verso un mondo in cui la tecnologia e la biologia si fondono per dare vita a una nuova era di guarigione e innovazione medica.
E così, nel riflesso brillante di questa scoperta, sogniamo un domani in cui le lesioni non saranno più irreversibili e la guarigione diventerà un processo guidato dalle stesse cellule che compongono il nostro essere.
Fonti
Advanced Science paper